29 febbraio 2008

Il Nunzio in Israele, Franco: "Il Papa non visiterà la Terra Santa se non si risolvono le difficoltà" (Galeazzi)


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Il nunzio: “Non c’è sufficiente serenità”
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Gelo tra Vaticano e Israele
“Viaggio del Papa a rischio”


GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO
Gelo tra Vaticano e Israele. L’ambasciatore del Papa in Terra Santa, l’arcivescovo Antonio Franco lancia l’allarme: «Negoziati fermi a causa di Gerusalemme, a rischio la visita di Benedetto XVI».
Solo «se si avanza nel problema di fondo» della questione palestinese e se si risolvono le «difficoltà» delle comunità cristiane in Israele e nei Territori, Benedetto XVI visiterà la Terra Santa.
Ma «finché permangono le difficoltà fiscali e patrimoniali nei rapporti bilaterali tra Israele e la Santa Sede, manca l’atmosfera di serenità per il viaggio papale».
Una netta presa di posizione che ha provocato l’immediata reazione della comunità ebraica internazionale. «Stupore e turbamento» cui dà voce il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni che si chiede «come si possa mettere sullo stesso piano un problema enorme come la questione palestinese e una mera questione di soldi come il mancato accordo fiscale e patrimoniale tra Israele e Vaticano». A questo punto, avverte Di Segni, «serve un chiarimento da parte della Santa Sede perché è inammissibile che si attribuiscano al governo israeliano persino le responsabilità per le difficoltà delle comunità cristiane in Terra Santa, quando è evidente a tutti che la colpa è del fondamentalismo islamico».
Fra Roma e Gerusalemme il dialogo in merito all’applicazione dell’accordo fondamentale firmato nel 1993 (relativo alla presenza della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni in Terra Santa) vive una fase di difficoltà che ormai è a un passo dalla rottura diplomatica. La trattativa è sul filo del rasoio in particolare sul piano fiscale, un punto nevralgico che da parte vaticana è considerato «di vita o di morte per la Chiesa di Terra Santa». In sostanza Roma chiede di non pagare le tasse secondo il regime di esenzioni fiscali che era in vigore prima che nascesse Israele. «La Santa Sede non firmerà un accordo che la realtà locale non può accettare, altrimenti ciò significherebbe esporre i cristiani di Terra Santa a una situazione insostenibile», annuncia l’arcivescovo Franco. «Il Papa - spiega - deve poter venire in un’atmosfera distesa. Se le nostre comunità cristiane cattoliche vivono in uno stato permanente di tensione, questo rende più difficile la visita del Papa».
La prossima riunione tra delegazioni israeliana e vaticana è fissata per il 17 aprile. Il nodo fiscale è il più difficile da sciogliere. «Gli avvisi di pagamento arrivano - precisa il rappresentante pontificio presso lo Stato ebraico - e noi regolarmente con una nota della nunziatura li rispediamo al mittente. Per il momento non si stanno pagando le tasse proprio grazie all’Accordo Fondamentale, perché in esso si stabilì che si dovesse fare l’accordo sulle materie fiscali ed economiche e finché questo non fosse stato raggiunto non ci sarebbe stata nessuna nuova tassa».

© Copyright La Stampa, 28 febbraio 2008

Ma che strano!
Anche in questo caso si pretendono spiegazioni dalla Santa Sede...molto strano che la rottura avvenga dopo le polemiche sulla preghiera del Venerdi' Santo.
Forse, comunque, sarebbe il caso di chiudere una questione che va avanti, senza soluzioni, dal 1993...

R.

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