25 febbraio 2008

Il Papa in visita a Testaccio: lo speciale de "Il Messaggero"


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Il Papa saluta gli abitanti di Testaccio: «Scusate se non parlo romanesco»

Una domenica particolare per Testaccio: migliaia di persone hanno assistito, ieri mattina, alla visita di Benedetto XVI alla Parrocchia di Santa Maria Liberatrice. Nell’omelia, il papa ha parlato «dell'importanza dei valori della famiglia, come "santuario" della vita e dell'amore e del rischio, per i credenti, di praticare una religiosità non autentica». Dopo la messa, l’incontro con i fedeli, al cinema Greenwich, dove una parrocchiana ha letto una poesia in dialetto. «Purtroppo io non parlo romanesco - ha commentato, ridendo, Benedetto XVI - ma noi cattolici siamo tutti romani».

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Benedetto XVI in visita a Testaccio: «Noi cattolici siamo tutti romani»

di LUCA BRUGNARA

L'aria e l'accoglienza di Testaccio hanno contagiato il Papa tedesco che si è "scusato" di non parlare romanesco. Migliaia di persone hanno assistito, ieri mattina, alla visita di Benedetto XVI alla Parrocchia di Santa Maria Liberatrice: grande emozione tra i fedeli, ma anche qualche polemica, tra i residenti, per i disagi degli ultimi due giorni.
La domenica era iniziata in un clima insolitamente silenzioso: strade deserte, senza auto in sosta, chiusure temporanee al transito, con la presenza di una cinquantina di vigili. «Appena è spuntata l'auto nera da via Branca - racconta Sofia Cavallari, 74 anni, pensionata - è stata una grande emozione». Decine le persone dietro le transenne della piazza fin dalle 8, quasi tutte con macchina fotografica o cellulare "attrezzato". Poco prima delle 9, il Papa ha raggiunto la Chiesa accolto, tra gli altri, dal Cardinale vicario, Camillo Ruini.
E se nell'omelia, Benedetto XVI ha parlato «dell'importanza dei valori della famiglia, come "santuario " della vita e dell'amore e del rischio, per i credenti, di praticare una religiosità non autentica», il momento più toccante è stato l'incontro con i fedeli, subito dopo la messa, nella sala del cinema Greenwich, dove una parrocchiana ha letto una poesia in dialetto.
«Purtroppo io non parlo romanesco - ha commentato, ridendo, Benedetto XVI - ma noi cattolici siamo tutti romani. Anch'io, come i miei predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo II, sono venuto per incontrare la vostra comunità e presiedere la celebrazione eucaristica in questa vostra bella chiesa». E questa frase ha risvegliato episodi del passato. «Ricordo quando venne Giovanni Paolo II, nel gennaio 1979 - spiega Graziella Bianchini, 44 anni, abitante in via Vanvitelli - mentre per la visita di Paolo VI, del 1966, ero troppo piccola». Visibilmente emozionato il Parroco, Don Manfredo Leone, che ha ribadito «la soddisfazione per una visita proprio nel centenario dalla consacrazione della Parrocchia». A seguire la messa, al primo banco, invitato dal Parroco, Giuliano Ferrara a cui il Pontefice ha rivolto un breve saluto.
Alle 11.20, il Papa ha lasciato Testaccio e già 20 minuti più tardi la situazione è tornata alla normalità, con la rimozione dei cartelli provvisori. E anche ieri, alcuni residenti hanno lamentato disagi. «L'area soggetta ai divieti era troppo ampia - assicurano Davide Reali, abitante in via Branca e Manuel Gasparini, di via Zabaglia. - Sabato sera, dopo 40 minuti di inutile ricerca, abbiamo dovuto lasciare l'auto in viale Aventino».

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Messa del Papa a Testaccio, c’è Ferrara in prima fila

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO – Testaccio val bene una messa. La campagna elettorale è alle porte e a Giuliano Ferrara – pronto a battersi sotto il vessillo antiabortista – potrebbe risultare assai utile l’aver preso parte alla messa che Benedetto XVI ha celebrato ieri mattina, di buon’ora, a Testaccio, nel cuore della capitale. In prima fila, nella chiesa fatta costruire da San Pio X per i ‘testaccini’, c’era anche il direttore del Foglio assieme alla moglie Anselma. Pur essendo un ‘testaccino’ come tanti, come spiega il parroco don Manfredo – Ferrara non si trovava lì a caso: il posto davanti gli era stato riservato dal cerimoniale per consentirgli di salutare brevemente il pontefice, assieme ad altri, al termine della celebrazione e scambiare con lui alcune battute. Cosa si siano detti non si sa. I presenti assicurano che l’atmosfera era più che cordiale. E la photo opportunity scattata dai fotografi lo conferma. Una benedizione alla sua battaglia culturale che va ad aggiungersi al pubblico ringraziamento dei cardinali Bagnasco e Ruini. Ma non tutti in casa cattolica sorridono col medesimo entusiasmo alla lista antiaborista. L’Avvenire, per esempio, non ha nascosto le sue perplessità. Primo perché una lista come quella finisce «per portare in modo sbagliato in mezzo alla competizione elettorale un tema morale» così lacerante, secondo perché, come spiega il direttore Dino Boffo, si teme fortemente la «dispersione dei voti cattolici» a discapito di liste «storicamente già affermate».

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Un saluto equivale ad una benedizione?
R.

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