26 febbraio 2008

Mezzi «ordinari» e «straordinari» di preservazione della vita: dal Papa una distinzione che interpella «scienza e coscienza»


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Francesca Lozito

Nel discorso di ieri, Benedetto XVI torna a illuminare il crinale che separa tanto dall’accanimento quanto dall’abbandono terapeutico

No all’accanimento terapeutico. No all’abbandono terapeutico. In un passaggio del discorso di ieri alla Pontificia Accademia per la vita, Benedetto XVI ribadisce la distinzione tra mezzi ordinari e mezzi straordinari di pre­servazione della vita del paziente.

Nel pri­mo caso afferma che il medico ha il do­vere morale di somministrarli e il paziente di accoglierli. In altre parole il Papa lan­cia ancora un monito per consentire che a tutte le persone vengano garantite le cure di cui hanno bisogno, cure che ca- ratterizzano la dignità di un essere uma­no.

In seconda battuta il Pontefice ribadisce anche che nel caso delle terapie «signifi­cativamente rischiose e che fossero pru­dentemente da giudicare 'straordinarie' il ricorso ad esse sarà da considerare mo­ralmente lecito, ma facoltativo».

Il crinale tra la proporzione e la sproporzione del­le cure va stabilito infatti caso per caso da ogni medico che agisca «in scienza e co­scienza ». E ogni professionista che abbia questo tipo di bussola è in grado di stabi­lire quando un tipo di cura possa essere più dannoso che benefico per il malato. Può farlo in special modo nel momento in cui è in grado di instaurare un rapporto di dialogo con il paziente e con i suoi fami­liari.

Quando, senza cadere nel paternali­smo, forte delle sue conoscenze speciali­stiche, è in grado di percepirne i bisogni e dare ad essi una risposta. Bisogni che, na­turalmente, siano moralmente leciti: è nel­le facoltà del medico rigettare ogni do­manda che in modo velato o esplicito, formuli una richiesta di eutanasia.

Vale la pena allora di ribadire un pronun­ciamento importante della Chiesa su una questione oggetto di divisione con parte del mondo laico e che è tangente a que­sto discorso: l’alimentazione e l’idrata­zione.

Lo scorso settembre la Congrega­zione per la dottrina della fede ha reso no­te le risposte ai quesiti della Conferenza e­piscopale statunitense circa l’alimenta­zione e l’idratazione artificiale. «La som­ministrazione di cibo e acqua – si legge – anche per vie artificiali – è un mezzo or­dinario e proporzionato di conservazione della vita».

Anche per le persone in stato vegetativo permanente.

© Copyright Avvenire, 26 febbraio 2008

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