28 febbraio 2008
Ieri alla Sapienza l’intervento di Ravasi sull’antropologia cristiana: «La scienza senza coscienza distrugge la vita»
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PENSARE LA FEDE
A 40 giorni dal mancato discorso del Papa all’ateneo romano il presidente del Pontificio Consiglio della cultura ha offerto una riflessione sui valori che hanno fondato il mondo occidentale
Nella Bibbia le radici della dignità dell’uomo
Ieri alla Sapienza l’intervento di Ravasi sull’antropologia cristiana: «La scienza senza coscienza distrugge la vita»
DA ROMA MIMMO MUOLO
Quattro punti cardinali per definire la dignità dell’uomo. Libertà, relazione, trascendenza e uguaglianza. E una serie di riferimenti alla cultura dell’Occidente che ha nella Bibbia il «suo grande codice». Monsignor Gianfranco Ravasi parla dell’antropologia cristiana, esponendone i principi davanti a una platea speciale, che lo segue attentamente nelle sue argomentazioni. La platea è quella dell’Aula Magna dell’Università «La Sapienza» di Roma. E a gremire la scalea ci sono centinaia di persone, professori e studenti, universitari e delle superiori. Nessuna contestazione, nessuna intemperanza.
Anzi un prolungato e convinto applauso sottolinea, al termine, la relazione del presidente del Pontificio Consiglio della cultura, esattamente 40 giorni dopo il «gran rifiuto» opposto a Benedetto XVI, che in questa stessa aula avrebbe dovuto partecipare all’apertura dell’Anno accademico.
Nel corso dell’intervento il presule biblista non fa alcun riferimento alla mancata visita del Papa del 17 gennaio scorso (anche se i punti di consonanza con il discorso di Benedetto XVI sono diversi), ma al termine confida ai giornalisti, che glielo chiedono espressamente, di «aver sentito un po’ di emozione».
Comunque, precisa, «l’appuntamento era fissato da tempo, già prima dell’increscioso episodio». «La mia impressione – aggiunge poi – è che il valore perso in quell’occasione sia stato quello della curiositas classica, perché non c’è stata la curiosità di sentire chi guarda il mondo da una parte diversa». Tuttavia, fa notare il 'ministro vaticano della cultura', «se si fanno discorsi sui valori fondanti, sulle verità ultime, al di là delle diverse visioni che si possono avere, esistono dei sottili incroci anche tra laici e cattolici».
La dimostrazione più evidente viene proprio dalla relazione che il presidente del Pontificio Consiglio della cultura dedica al tema «Di gloria e di onore lo hai coronato – Uguaglianza e dignità dell’uomo». Ravasi ricorda che «nessuno è un’isola» (ecco dunque la relazione), che «libertà e uguaglianza » sono costitutive della dignità umana, che però «la libertà può anche essere usata per fini perversi» e che «la scienza senza coscienza distrugge la vita». L’uomo, aggiunge citando Pascal, «supera infinitamente l’uomo» e la prova sta nel suo «insopprimibile bisogno di trascendenza, che ha attraversato ininterrottamente tutta la storia dell’umanità ». Anche «l’ateo autentico e non superficiale, prima a di giungere alla negazione di Dio, si interroga». Il problema di oggi, sottolinea il relatore, è proprio «la superficialità, la banalità, l’indifferenza, il non interrogarsi. Oscar Wilde diceva che tutti possono dare delle risposte. Per fare le domande giuste, invece, ci vogliono dei geni». A ben vedere, aggiunge Ravasi, anche i grandi problemi di bioetica possono essere ricondotti all’atteggiamento che esclude gli interrogativi più importanti dall’orizzonte dell’agire umano. «L’aborto e l’eutanasia sono problemi reali e gravi che tormentano le donne e le famiglie. Ma è il modo in cui li si affronta che è sbagliato: la scienza che è divenuta quasi esclusivamente tecnica elimina il problema nel modo più semplice. Ma il vero scienziato, a differenza del tecnico, si interroga su ciò che fa».
In sintesi, conclude il presidente del Pontificio Consiglio della cultura, citando il titolo di un famoso film, «nessun uomo è figlio di un dio minore. Tutti siamo creature dell’unico Creatore. E questo conferisce uguale dignità e valore a ogni persona».
© Copyright Avvenire, 28 febbraio 2008
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1 commento:
Come detto già ieri: quanta Verità racchiudono queste parole.
Federico
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