26 febbraio 2008

Il Papa ai medici: rispettate la vita. Plauso dei sindacati sulla proposta dei congedi parentali (La Stampa e L'Eco di Bergamo)


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Il Papa ai medici: rispettate la vita

DANIELA DANIELE
GIACOMO GALEAZZI

ROMA
Difendere la vita dall’inizio alla fine, «in ogni momento del suo sviluppo». Da Benedetto XVI arriva un nuovo affondo contro aborto ed eutanasia.
In particolare, il Papa si rivolge ai medici per chiedere il rispetto dell’essere umano dal suo concepimento e fino al suo termine naturale.
Un appello che giunge all’indomani della polemica scatenata tra i medici della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) e il quotidiano dei vescovi «Avvenire» su aborto e pillola Ru486. Intanto «camici bianchi» ai ferri corti, divisi, travolti dalla galoppante febbre da campagna elettorale. E’ ancora il comunicato diffuso sabato su argomenti etici sensibili, quali aborto e pillola abortiva, a dividere i camici bianchi. Una levata di scudi per ribadire che il documento non è quello votato dal consiglio nazionale della Federazione e dunque non può essere rappresentativo della categoria.
Ieri Benedetto XVI ha ribadito il suo no assoluto all’aborto («la vita va difesa sempre») e ha condannato fermamente «ogni forma di eutanasia diretta».

Alzano la voce i presidenti degli Ordini della Lombardia, sostengono che nell’unico documento votato, il solo chiaro riferimento a questioni etiche è contenuto nella frase: «Vogliamo i nostri Ordini vicini ai cittadini, ai loro bisogni, alle loro inquietudini, capaci di dare risposte forti ed equilibrate ai dubbi, alle incertezze tecniche, civili, etiche che il travolgente sviluppo della medicina inevitabilmente propone, basta pensare all’esplosione delle questioni bioetiche su inizio e fine vita». Si accodano alcuni Ordini del Piemonte (Biella, Vercelli, Asti e Novara). Ma più di tutti protestano i medici cattolici di Scienza e Vita che in una lettera al presidente Fnomceo esprimono «profonda amarezza per quanto accade in queste ore».

In difesa della Federazione parla invece il ministro della Salute Livia Turco: «Se per vita umana si intendono le persone in carne e ossa, mi pare che i medici italiani difendono la vita». E chiede al Consiglio superiore di Sanità di definire gli elementi di vitalità del feto. Con lei si schiera il potente sindacato dei medici di famiglia (Fimmg). Il documento è «largamente condiviso» dal mondo medico, riferisce il segretario generale, Giacomo Milillo. Ora, di fronte alla presa di posizione così netta da parte di alcuni, la Fnomceo avrà un ripensamento? Farà un passo indietro?

«Assolutamente, no - risponde il presidente, Amedeo Bianco -, anche perché non abbiamo mai detto che il documento reso pubblico fosse stato votato». Ma allora, che cos’è questo oggetto misterioso, non approvato, ma diffuso ai media? «La relazione d’indirizzo della nostra commissione deontologica. Poi sarà oggetto di valutazione nel nostro prossimo consiglio nazionale».

Perché, allora, mandarla ai giornali? E’ stata una mossa prematura? «Forse sì - ammette Bianco -, ma era nostro dovere far sentire la voce dei medici nel dibattito che stava montando su questi temi».

Nel giorno dell’appello «pro-life» di Joseph Ratzinger, Ignazio Marino, presidente della commissione sanità del Senato, annuncia che dopo il voto presenterà il ddl sul testamento biologico. Su questo tema, «il nostro atteggiamento è di cautela fino all’ostilità», puntualizza l’arcivescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia della Vita.
«Per noi - osserva - ci sono tre punti fermi: il testamento biologico non deve essere obbligatorio per il paziente né per il medico. E non devono esservi incluse forme di eutanasia o suicidio assistito». La Chiesa si oppone anche all’accanimento terapeutico. «La società intera e in particolare i settori legati alla scienza medica - ammonisce il Papa - sono tenuti ad esprimere la solidarietà dell’amore, la salvaguardia e il rispetto della vita umana in ogni momento del suo sviluppo terreno».

© Copyright La Stampa, 26 febbraio 2008


«La vita va tutelata in ogni suo momento»

Il monito di Benedetto XVI ai medici, insieme alla condanna di ogni forma di eutanasia diretta Il Papa propone congedi dal lavoro per chi deve assistere malati terminali o costretti a lunghe cure

nostro servizio
Alberto Bobbio

Città del Vaticano

Benedetto XVI ribadisce la condanna «ferma e costante» di «ogni forma di eutanasia diretta», ma spiega anche che le persone malate gravemente e in prossimità della morte non devono essere lasciate sole, perché in queste situazioni di abbandono le «spinte eutanasiche» diventano «pressanti». E lancia una proposta, che subito ha incontrato il favore dei sindacati e di molte associazioni: prevedere per i parenti dei malati terminali e per quelli costretti a lunghe cure a domicilio un congedo dal lavoro, come avviene per i genitori al momento della nascita di un figlio.

La proposta piace a Cisl e Uil

È un ragionamento molto concreto quello che ieri ha fatto il Papa, parlando ai membri della Pontificia Accademia per la vita e ai partecipanti di un congresso sugli «orientamenti etici ed operativi» verso i malati terminali, che l'Accademia ha appena concluso in Vaticano. Il richiamo del Papa è piaciuto alla Cisl e alla Uil. Il segretario generale aggiunto della Cisl Pierpaolo Baretta ha spiegato che alcune disposizioni sul congedo del lavoratore in caso di gravi motivi familiari ci sono già in una legge approvata qualche anno fa, ma «è utile ampliarle anche nei contratti». E il segretario confederale della Uil Paolo Pirani ha proposto che l'argomento sollevato dal Papa diventi «oggetto di confronto al tavolo aperto tra i sindacati e la Confindustria sulla riforma del sistema contrattuale».

La dignità del malato morente

Benedetto XVI non è entrato nelle polemiche circa il documento dell'Ordine dei medici sulla 194 e sulla pillola dell'aborto chimico. Ha ribadito la posizione della Chiesa che la vita umana va salvaguardata «in ogni momento del suo sviluppo terreno» e cioè «in età avanzata» e «all'alba dell'esistenza». Poi ha insistito sulla «dignità del malato grave e morente», osservando che «terapie e interventi medici adeguati» vanno sempre «individuati e gestiti», secondo «il criterio della proporzionalità medica».
I medici hanno il «dovere morale» di somministrare farmaci e di prevedere terapie così come i pazienti devono «accogliere quei mezzi di preservazione della vita che, nella situazione concreta, risultino ordinari».

Per quanto riguarda invece «le terapie significativamente rischiose o che fossero prudentemente da giudicare "straordinarie", il ricorso ad esse – secondo il Papa – sarà da considerare moralmente lecito, ma facoltativo».

In aiuto alle persone sole

Ciò che lo preoccupa però sono le persone sole e le famiglie povere che spesso non riescono a sostenere il peso «della gestione domiciliare di malati gravi non autosufficienti». La società, ha detto in pratica il Pontefice, non le può abbandonare, perché «un più grande rispetto della vita umana» passa «inevitabilmente attraverso la solidarietà concreta di tutti e di ciascuno», ed essa costituisce «una delle sfide più urgenti del nostro tempo».
L'esempio che ha portato è quello di Madre Teresa di Calcutta che «aveva una particolare premura di raccogliere i poveri e i derelitti». Invece accade spesso che si «insinui una visione utilitaristica» della persona che può far scivolare anche verso l'eutanasia. In ogni caso, ha denunciato il Papa, «in una società complessa, fortemente influenzata dalle dinamiche della produttività e dalle esigenze dell'economia, le persone fragili e le famiglie più povere rischiano, nei momenti di difficoltà economica e di malattia, di essere travolte».
Oggi la Chiesa e la società civile, ha esortato il Papa, devono muoversi con uno «sforzo sinergico» perché le persone possano vivere, ma anche morire dignitosamente.

Aiuti e congedi familiari

Ecco dunque l'appello per aiuti e congedi ai familiari e per una «nuova regolamentazione del lavoro». Benedetto XVI ha ricordato quanto la Chiesa fa con le proprie istituzioni per le persone «non autosufficienti e prive di sostegni familiari» e per i «malati che hanno bisogno di cure palliative». Ma non basta, perché in questo campo «la sinergia tra Chiesa e istituzioni può rivelarsi singolarmente preziosa». La società deve, ha sottolineato il Papa, «assicurare il debito sostegno alle famiglie che intendono accudire in casa, per periodi talora lunghi, malati afflitti da patologie degenerative o bisognosi di un'assistenza particolarmente impegnativa».
E poi ha chiesto il «concorso di tutte le forze vive e responsabili della società» per «quelle istituzioni di assistenza specifica che assorbono personale numeroso e specializzato e attrezzature di particolare costo».

© Copyright Eco di Bergamo, 26 febbraio 2008

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