4 agosto 2008

Joseph Ratzinger: "Il tempo libero. Incontrare Dio nelle vacanze" (da "Imparare ad amare")


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Grazie al sapiente lavoro della nostra Gemma leggiamo questo bellissimo brano particolarmente indicato in questo momento.
Grazie ancora a Gemma :-)

R.

Il tempo libero

Incontrare Dio nelle vacanze

di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI

Nell’epoca moderna il rapporto con il lavoro e le incombenze terrene del vivere si è modificato essenzialmente . Mentre nell’antichità la piena liberazione dalle preoccupazioni terrene per dedicarsi all’ ”ozio a favore della verità” era presentata come la vera e propria condizione ideale di vita, e l’occuparsi di cose terrene appariva perciò come un peso e una deviazione dall’essenziale, l’uomo d’oggi concepisce il servizio al mondo con una specie di fervore religioso. Egli non tiene in alcun conto la fuga dal mondo, e ancor meno stima l’ozio; reputa come possibilità positiva per l’uomo il fatto che questi possa cambiare la fisionomia di questo mondo, far venire a galla le sue potenzialità, migliorare la sua abitabilità (…).
Ora, che cosa fa crescere la abitabilità del mondo? Una volta che tutti gli agi arrecati dalla tecnica hanno toccato il vertice del loro sviluppo, cresce la nostalgia della semplicità di quanto è originario; il mondo che l’uomo ha edificato con le proprie mani, e da cui è circondato da ogni parte, diviene la prigione che lo fa prorompere in un grido di libertà e nell’invocazione del Totalmente Altro (…).
Ci si rende conto che il tempo libero non sostituisce la calma e che la calma deve essere nuovamente appresa, se il lavoro vuol conservare un senso. Inoltre, ci si rende conto che l’uomo che voglia prendere il mondo totalmente per sé finisce in realtà per distruggere il mondo stesso e il suo proprio spazio vitale, non viene più guardato come fosse una profezia di Cassandra sulle labbra di inguaribili romantici, nemici della tecnica, ma comincia ad essere preso per una realistica valutazione che la tecnica formula riguardo a se stessa.
La concrezione avualitiva della scienza assurge così a incubo e a primo imputato di tutto quanto il suo sviluppo; l’ideologia ha ancora una carta da giocare lì dove non emerge nuovamente con schiettezza il bisogno di sapienza e di contemplazione, e della libertà ulteriore, che da questa promana.
Gli apostoli ritornano dalla loro prima missione, e sono tutti presi da ciò che hanno vissuto e ottenuto. Non sono stanchi di raccontare continuamente i propri successi, e, in effetti, si accende attorno a loro una tale animazione che non trovano neanche più tempo per mangiare, tanta è la gente che va avanti e indietro ininterrottamente. Essi si aspettano forse di essere lodati per il loro zelo, ma Gesù li invita a recarsi con lui in un luogo solitario,dove star soli, per riposarsi.
Io credo che faccia ben vedere per una volta, in un episodio come questo, l’umanità di Gesù, che non sempre proferisce parole di inusitata grandezza né si dà ininterrottamente da fare per sbrigare tutto ciò che da tutte le parti lo preme. Mi immagino addirittura l’espressione del viso di Gesù, quand’egli formula quest’ invito. Mentre gli apostoli si fanno addirittura in quattro, e tralasciano persino di mangiare tanto è il loro zelo e la loro serietà. Gesù li fa scendere dalle nuvole: ora riposatevi un poco! Si avverte l’umorismo discreto e l’amichevole ironia con cui egli li rimette con i piedi per terra.
Proprio in questa umanità di Gesù si rende visibile ciò che di divino vi è in lui, che ci rende manifesto com’è Dio. La frenesia di qualunque tipo – anche lo zelo e la frenesia “religiosi” – è del tutto estranea all’immagine dell’uomo del Nuovo Testamento. Sempre, ogni volta che noi crediamo di essere assolutamente indispensabili; ogni volta che pensiamo che il mondo e la Chiesa dipendano dalla nostra indefessa attività, noi ci sopravvalutiamo. Spesso, allora, sarà un atto di giusta umiltà e di onestà creaturale essere capaci di smettere; riconoscere i nostri limiti; prenderci del tempo libero per respirare e riposare, com’è stabilito per la creatura “uomo”.
Qui non vorrei tessere un elogio della pigrizia, quanto piuttosto suggerire una certa revisione della tavola delle virtù, così com’è stata sviluppata nel mondo occidentale, per il quale solo l’agire vale come atteggiamento legittimo e concepibile, mentre la contemplazione, la meraviglia, il raccoglimento e il silenzio appaiono come comportamenti insostenibili, o perlomeno bisognosi di giustficazione. Così, però, si atrofizzano delle energie umane in verità essenziali.
In occasione degli scavi archeologici alla ricerca di residue testimonianze degli insediamenti romani nell’Africa settentrionale, nel secolo scorso vene scoperta – sulla piazza del mercato di Fimgad, in Algeria – un’iscrizione del II o del III secolo, su cui era riportato il motto: “ Cacciare, fare il bagno, giocare, ridere: questa è vita”.
Quest’iscrizione mi torna in mente ogni anno, alla vista di fiume di vacanzieri dirette verso il Sud dell’Europa alla ricerca della “vita”. Quando, un giorno, gli archeologi ritroveranno i manifesti pubblicitari delle nostre agenzie di viaggi e di vacanze, scopriranno un’analoga rappresentazione del vivere.
E’ evidente che la maggior parte delle persone avvertono l’anno trascorso in ufficio, in fabbrica o in qualunque altro luogo di lavoro come una forma di non vita. Nelle ferie noi aspiriamo a essere finalmente liberi , a “vivere”, finalmente.
Fare il bagno, giocare, ridere e scherzare: questa si che è vita!. Questa speranza di distensione, di libertà, di uscita dalle costrizioni della quotidianità è qualcosa di sommamente umano; a fronte dell’incalzante ritmo produttivo del mondo della tecnica, tali pause di respiro sono semplicemente necessarie.
Presupposto tutto ciò, dobbiamo però ammettere che anche in una condizione di maggiore libertà, di maggiore disponibilità di tempo libero i nostri problemi non scompaiono. L’uomo si accorge improvvisamente di non essere più capace di vivere. Egli constata che fare il bagno, giocare, scherzare non significano ancora, in verità, “vivere”.
La questione dell’impiego del tempo libero e dei periodi di vacanza comincia a diventare oggetto di una vera e propria indagine scientifica specifica. Pensandoci, mi sono ricordato che Tommaso d’Aquino ha dedicato un intero trattato ai mezzi per combattere la tristezza. E’ una testimonianza del suo realismo il fatto che anch’egli annovera tra questi mezzi il fare il bagno, il dormire, lo svago. Già con qualche maggior pretesa, egli aggiunge che, fra gli strumenti in grado di combattere la tristezza, si debba annoverare lo stare insieme con gli amici, che scardina l’isolamento alla radice della nostra insoddisfazione; il tempo libero dovrebbe soprattutto essere anche tempo in cui un uomo si mette a disposizione, in relazione con altri uomini. Da ultimo, per Tommaso appartiene all’ambito di tali antidoti per la tristezza – anche e senza la possibilità di farne a meno – l’avere a che fare con la Verità, cioè con Dio: quella contemplazione del vero, nella quale l’uomo attinge il vivere autentico. Se noi la escludiamo dalla programmazione delle nostre vacanze, allora anche il tempo libero resterà falso e menzognero; e allora anche noi, tutti protesi alla ricerca del vivere perduto, non avremo certo migliore fortuna.
La ricerca di Dio è la camminata in montagna più stimolante e il bagno più vivificante che l’uomo possa trovare. Fare il bagno, giocare, dormire: tutto ciò è materia delle ferie. Ma, con Tommaso d’Aquino, facendo i nostri piani di vacanza dobbiamo contemplare anche la possibilità dell’incontro con Dio, cui ci invitano le nostre belle chiese e le bellezze naturali della creazione di Dio.

Da “Imparare ad amare”

Il cammino di una famiglia cristiana (San Paolo)

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