16 settembre 2008

Convegno a Roma sul Motu Proprio Summorum Pontificum: l'intervento di don Nicola Bux (Radio Vaticana)


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Convegno a Roma sul Motu Proprio Summorum Pontificum: l'intervento di don Nicola Bux

Si è aperto oggi a Roma, presso l’Istituto Maria Santissima Bambina, un Convegno sul Motu Proprio "Summorum Pontificum" di Benedetto XVI sulla liberalizzazione dell’uso del Messale di San Pio V, riformato da Giovanni XXIII nel 1962. Durante l’incontro, organizzato ad un anno dell’entrata in vigore delle disposizioni pontificie, sono stati rilevati progressi ma anche alcune difficoltà nella loro applicazione. Il Papa, incontrando i vescovi francesi a Lourdes domenica scorsa, aveva auspicato una “pacificazione degli spiriti” sulla questione, ricordando che “nessuno è di troppo nella Chiesa” e che “ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire ‘a casa sua’, e mai rifiutato”.

Ascoltiamo in proposito, al microfono di Fabio Colagrande, il teologo don Nicola Bux, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, presente al convegno di Roma:

R. – L’intervento recente del Santo Padre in Francia, dicendo che nessuno è di troppo nella Chiesa, in un certo senso dovrebbe indurre tutti, a cominciare dai vescovi e dai sacerdoti, ad una riflessione sul concetto di comunione. La comunione non è una realtà che facciamo noi, che costruiamo noi, è una realtà che riceviamo dal Signore, che riceviamo dalla storia, dalla tradizione. Quindi, in questa comunione tutti noi ci ritroviamo.

Non siamo noi i padroni. E la liturgia non è nient’altro che un’espressione di questa comunione con i secoli passati, con le generazioni che ci hanno preceduto, e trasmettiamo questa medesima comunione a coloro che verranno. Credo che questo sia il punto anche a fondamento del Motu Proprio di Papa Benedetto XVI.

Lui l’ha scritto più volte, già quando era teologo e cardinale. Tutti noi parliamo di pluralismo, questa è una delle parole “magiche”. Certo, noi non professiamo nel Credo la Chiesa pluralista, noi professiamo la Chiesa una, però professiamo la Chiesa cattolica e la parola “cattolica” significa una inclusione globale delle diverse forme, anche, in questo caso, di espressione della fede. Sappiamo che la fede non si esprime in un solo modo.

Tutti noi abbiamo imparato che c’è l’Oriente e che esprime la sua fede in una sua peculiare maniera. Quindi, perché stupirci? Fra l’altro, è proprio nella tradizione che in Occidente ci siano liturgie diverse. Ci sono sempre state: l’Ambrosiana, la Gallicana, la Mozarabica, la Romana. Quindi, credo che aprirsi a questo senza pregiudizi sia anche segno culturale, segno di cultura.

D. – Lei, don Nicola Bux, partecipa al Convegno con una relazione dedicata alla riforma paziente di Benedetto XVI, tra tradizione e innovazione...

R. – Io personalmente sono sempre stato anche un fautore delle innovazioni. Io celebro la Messa ordinaria in modo quotidiano, ma non mi sono mai rifiutato di celebrare anche la Messa nella forma straordinaria. Non credo che ci sia opposizione tra le due forme, ma come dice il Santo Padre, un arricchimento. Provare per credere. Il presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il cardinale Castrillón Hoyos, proprio interpretando la mens del Motu Proprio del Santo Padre ha detto che i vescovi non devono solo attendere che siano i fedeli a chiederlo, ma devono anche proporre ai fedeli di attingere a quello che è il nostro patrimonio, il patrimonio della nostra tradizione.

Ecco, ci vuole più coraggio da parte dei vescovi e credo che ne trarrà giovamento il senso di sacro e di mistero, anche necessario alla nuova forma rituale della Messa, che è stata rinnovata dal Concilio Vaticano II.

D. – Don Nicola Bux, perché ogni volta che il Papa parla di questo tema, – lo ha fatto anche in Francia – sui giornali poi leggiamo commenti, titoli, che in qualche modo tacciano il Papa di volersi chiudere in una sorta di conservatorismo...

R. – Chi conosce Joseph Ratzinger dai suoi scritti non da ora, mai potrebbe tacciarlo di cosiddetto conservatorismo. Il punto è capire che non c’è vera innovazione tagliando la tradizione. Credo che tutti noi questo lo comprendiamo. Bisogna eliminare le paure, tipo che si neghi il Concilio Vaticano II, che è assolutamente fuori discussione. Ci vuole apertura sia da parte di chi ha questa preoccupazione, come da parte di chi ama di più la tradizione, e non potrà non venirne un grande vantaggio salutare per gli uni e per gli altri, soprattutto per la Chiesa.

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Mi fa molto piacere che si inizi a parlare serenamente del motu proprio.
Nessuno vuole negare il Concilio, anzi...mi pare che il Papa ci stia aiutando a capire meglio il senso dei documenti conciliari, in particolare della Sacrosanctum Concilium .
Tutti abbiamo assaporato la bellezza della liturgia delle Sante Messe in Francia: erano preparate con cura, con dedizione, con rispetto!
Eppure erano celebrate (dal Papa!) con il novus ordo riscoprendo, nello stesso tempo, alcuni elementi della tradizione, come la Comunione in ginocchio o la Croce al centro dell'altare o i canti preparatissimi (in latino e francese).
Un esempio stupendo di "contaminazione".
Sfido chiunque ad affermare che non abbiamo visto meravigliose celebrazioni
.
R.

5 commenti:

euge ha detto...

Le tue riflessioni cara Raffaella sono pienamente condivisibili e non lo dico perchè scrivo sul tuo Blog lo avrei detto comunque perchè stiamo parlando di evidenza! In tantissime circostanze, abbiano detto anche discutendo tra noi, che se celebrato con il rispetto che gli si deve, anche il Novus Ordo è solenne e bellissimo; certo, sono stati aggiunti alcuni elementi come la comunione in ginocchio ed il Crocefisso al centro dell'altare, che sottolineano ancora di più quanto solenne e degna di rispetto sia la Celebrazione. Senza forse protrei dire che almeno per me, è proprio questo che manca il rispetto per la celebrazione che, ormai sempre più spesso, diviene momento non di preghiera in cominione con Dio ma, soltanto un momento di divagazione passando il tempo a fare una cosa che per sentito dire si deve fare soprattutto la domenica. Coloro che ne hanno il compito, e mi riferisco in particolare ai vescovi e poi di conseguenza ai parroci,devono cercare di riportare la gente a comprendere l'importanza della Celebrazione in ogni modo e se " rispolverare " la celebrazione in lingua latina può portare a raggiungere questo obiettivo, è giusto che ciò si faccia; senza tanti malesseri, inquietudini e defezioni assurde!

Luisa ha detto...

Finalmente il Motu Proprio non è più un soggetto tabù, finalmente si osa dire a voce alta quello che sapevamo, ma che non trovava eco presso i responsabili, nemmeno nelle pagine dei media cattolici..o vaticani.
Sì tanti sacerdoti e vescovi non hanno aperto il loro cuore come lo domandava Benedetto XVI, capaci di dialogare con tutti, di aprire le loro chiese a tutti anche a fedeli di altre religioni, ma non ai nostri fratelli cattolci.
Era ora che se ne parlasse.
Ma sopratutto spero che le parole saranno seguite da atti concreti.
La situazione è complessa anche perchè, purtroppo, i sacerdoti, incredibile ma vero, non sanno più il latino, o ne conoscono il minimo indispensabile, non conoscono il rito antico, ci vuole tempo e pazienza, nella speranza che vescovi e sacerdoti cessino di fare ostruzione.
Benedetto XVI ci mostra il cammino, lo mostra al clero, lo fa con delicatezza ma chiarezza.
Cone le sue parole e con le sue celebrazioni eucaristiche ci mostra ciò che realmente ha voluto il Concilio Vaticano II, nel rispetto della Tradizione e nella sua continuazione.

Anonimo ha detto...

Bellissimo intervento questo di Nicola Bux! E finalmente si rompe il silenzio su SP!

Addirittura dovrebbe essere il vescovo a promuovere le messe con il messale antico... Non accadrà mai, è impossibile! Speriamo che col tempo si capiscano le ragioni profonde del papa più saggio e innovatore di tanti modernisti! Marco

Anonimo ha detto...

Cara Luisa sono daccordo con te. C'è troppa pigrizia... o accidia che è un vizio capitale pericolosissimo.
Per farti piacere ti dico che sono sacerdote, conosco abbastanza il latino e ho imparato il rito tridentino che celebro pubblicamente per ora ogni mese... inoltre ogni settimana assisto ad una messa tridentina celebrata in un convento di frati vicino a casa mia... Dobbiamo superare tanti muri di gomma, ma andiamo avanti...Dio è con noi....

Anonimo ha detto...

Qualcosa non mi torna però.
Proprio in un intervento dai alcuni anni fa il Card. Ratzinger rispondeva che nella Chiesa romana non possono coesistere due Riti e ne dava approfondita e documentata dimostrazione, il testo che ho cartaceo lo sto cercando su internet ma non lo trovo.
Non facciamo confusione citando altri Riti. Quello ambrosiano è ambrosiano e non un romano bis, idem per gli altri, Gallicano, ispanomozarabico ecc. ecc.
Ma al di la di tutto questo non facciamo come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia...... don Nicola Bux da bravino teologo qual è sa benissimo che ci sono due concezioni ecclesiologiche decisamente diverse e a volte non conciliabili. Guarda caso non parla mai di lex orandi e lex credendi.
A mio modesto avviso occorre rimandare sui banchi di scuola un pochino tutti, vescovi,preti, diaconi e laici, anzi questi devono proprio cominciare a studiare perchè di solito scrivono e parlano senza conoscere nulla, poi scegliere una teologia o una corrente di pensiero e seguirla, due piedi in una scarpa stano stretti.