17 settembre 2008

Il Papa in Francia: sfida alla ragione (Valiante)


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Su segnalazione di Elisabetta leggiamo:

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IL PAPA IN FRANCIA SFIDA ALLA RAGIONE

Francesco M. Valiante

Si è concluso ieri il viaggio di Papa Ratzinger in Francia. Il Pontefice, dopo aver celebrato la Messa per i malati, ha lasciato il Santuario di Lourdes e con un volo speciale dell’Air France è atterrato a Ciampino.
Aveva dunque ragione Alain Besançon, membro dell’Institut de France, intellettuale acuto e per nulla tenero verso la Chiesa, quando alla vigilia del viaggio papale scommetteva dalle colonne dell’Osservatore Romano che Benedetto XVI sarebbe stato "ben accolto" dai suoi connazionali.
Facendo notare come, in un contesto religioso "piuttosto fosco" e quasi prossimo al "disastro", il Pontefice avesse deciso di puntare su due elementi ancora ben radicati e vitali nel tessuto del suo Paese: il popolo, riserva naturale del cristianesimo d’Oltralpe, e il pensiero, patrimonio e orgoglio comune per laici e credenti di quella che è stata la patria di Voltaire e Ireneo di Lione, di Diderot e Pascal, di Rousseau e Maritain.
Alla fine Besançon ha vinto la scommessa. Ma l’ha vinta soprattutto Papa Ratzinger, superando a pieni voti la "mission impossible" - come aveva titolato venerdì la prima pagina di Libération - di dare una scossa alla Francia cattolica e alla Francia laica.

C’è riuscito con la prima, erede del fiero spirito gallicano e, proprio per questo, poco duttile talvolta al confronto col Vescovo di Roma. Ma l’ha spuntata anche con la seconda, incassando le rinnovate aperture del presidente Sarkozy e soprattutto l’ammirato rispetto dell’élite intellettuale presente alla lectio nel Collegio dei Bernardins, nuovo luogo emblematico di quell’intreccio tra fede e ragione che ha segnato storia della nazione transalpina.

In effetti, fin dalla prima tappa parigina della visita, il Pontefice ha parlato al pensiero e alla ragione dei francesi. I quali attendevano al varco il censore severo, inflessibile.
E invece - come già era accaduto per la visita papale negli Stati Uniti dello scorso aprile - hanno scoperto l’uomo mite, il pastore sorridente. Soprattutto il fine intellettuale, che non è caduto nella trappola di tenere lezioni di laicità sul suolo della laicissima patria dei lumi.

Spiazzando tutti, il Papa ha scelto come sfondo del suo atteso discorso al mondo della cultura l’esperienza del monachesimo occidentale. Orientata verso quel "cercare Dio", quaerere Deum, che Ratzinger ha riproposto come paradigma di tutto l’umanesimo europeo.
Benché ne avesse i titoli - buon conoscitore ed estimatore della cultura d’oltralpe, oltre che, dal 1992, membro dell’Accademia delle scienze morali e politiche dell’Institut - Benedetto XVI non ha voluto salire in cattedra. Ha cercato, per quanto possibile, il confronto aperto, il dialogo rispettoso, la comprensione. Il suo, tuttavia, non è stato un gioco al ribasso. La riflessione al Collegio dei Bernardins, erudita ma al tempo stesso concreta e attuale, è destinata senza dubbio ad aggiungere un tassello fondamentale al grande affresco sulla ragionevolezza del fatto cristiano al quale sta lavorando dall’inizio del pontificato.
Già preannunciato dall’inatteso fervore che ha coinvolto la capitale, l’elemento più popolare del viaggio ha fatto irruzione soprattutto durante le giornate conclusive a Lourdes. Facendosi pellegrino alla grotta di Massabielle nel centocinquantesimo anniversario delle apparizioni mariane, il Papa ha toccato le corde più intime della fede di un popolo. E anche qui, perfettamente a suo agio nel muoversi tra categorie storiche, sociologiche ed ecclesiali, ha racchiuso in un discorso di alta spiritualità una visione della storia dove Dio emerge non come giudice implacabile o nemico dell’uomo. Ma come difensore dei deboli e degli ultimi, "creatore pieno di bontà". Colui che, in definitiva, schiude al mondo le porte di una "speranza invincibile". Cosicché la "vera liberazione spirituale" auspicata nel discorso ai Vescovi - limpida e appassionata disamina delle luci e delle ombre che caratterizzano la situazione religiosa del Paese - non è risultata un’anacronistica chiamata alle armi per la Francia dei seminari vuoti e delle chiese semideserte. Ma piuttosto il richiamo alle straordinarie opportunità offerte dalla società globalizzata, multiculturale e multireligiosa per "raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al di là dei limiti della Chiesa visibile".

Chi pensava a un Ratzinger all’attacco, venuto a serrare le fila di un cristianesimo allo sbando, ha dovuto ricredersi. E i primi a farlo - a parte alcune reazioni di esponenti socialisti - sono stati proprio i media e gli opinion maker francesi, che alla vigilia non avevano certo risparmiato le critiche al viaggio papale.

Del resto, era stato un altro intellettuale transalpino, Philippe Levillain, a riconoscere che Benedetto XVI non è imprevedibile ma, semplicemente, "sorprendente". E la vera sorpresa è che la nazione dei lumi, ieri addormentatasi laica, oggi sembra essersi risvegliata cattolica.
Touchée, direbbero proprio i cugini d’oltralpe.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 16 settembre 2008

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