16 settembre 2008
Quei segni lasciati da Benedetto XVI nella «Francia profonda»
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Quei segni lasciati nella «Francia profonda»
Nel Midi, cattolico per tradizione ma colpito dalla secolarizzazione, la gente è convinta che questo Papa «conta e conterà sempre di più»
DI ANTONIO GIORGI
Quando ieri mattina, prima di raggiungere l’aeroporto di Ossun per rientrare a Roma, il Papa ha indirizzato ancora un saluto alla terra che per quattro giorni lo ha ospitato, ha concluso con un augurio: «Dio benedica la Francia» .
Parole sgorgate dal suo cuore di pastore consapevole del momento non facile che il Paese e la Chiesa locale attraversano; parole pronunciate lontano da quella Parigi che pure al Papa aveva riservato l’omaggio non formale degli uomini del Palazzo e l’abbraccio della folla convenuta per la messa sulla spianata degli Invalidi.
Benedetto XVI ha scelto la periferia dell’Esagono, un angolo remoto della Francia rurale a tratti perfino segnato da elementi di arcaicità, per invocare la protezione del Signore a suggello della sua visita.
Lo ha fatto da Lourdes, cittadella dei miracoli della fede cominciati – ricorda qualche commentatore dei media del Sud – nel momento stesso in cui una contadina illetterata di 14 anni, Bernadette, fu in grado di tenere testa alla polizia e all’opprimente apparato giudiziario coalizzati per intimidire e mettere a tacere la giovane veggente.
La piccola Francia, la Francia minore del Midi che, treni dell’alta velocità a parte, avverte nel concreto la distanza da Parigi, grazie al pellegrinaggio del Santo Padre alla grotta di Lourdes si è concessa una rivincita sulla metropoli e ha scoperto in Ratzinger un pontefice al quale dovrà dire grazie.
Non un Papa qualunque, ma « un Papa che conta e conterà sempre di più » , mettevano in rilievo ieri mattina vari organi di stampa di questa provincia dove i problemi sono spesso ingantiti rispetto alla capitale e le soluzioni più ardue, intricate, complesse.
Cresce il costo della vita, aumentano le difficoltà nel mondo del lavoro, tra i giovani e nelle famiglie dilagano ansie e paure, l’integrazione con gli immigrati e per gli immigrati presenta aspetti che preoccupano le autorità del Midi in trasformazione, come tutto il Paese. Cattolico il profondo Sud, questo è indubbio. Il Midi ancora rappresenta una delle più genuine espressioni del cattolicesimo di quella che fu la nazione primogenita della Chiesa, ma oggi le chiese sono vuote, i fedeli disertano, la pratica religiosa si affievolisce, le vocazioni scarseggiano, il numero dei sacerdoti si assottiglia.
Alla messa festiva anche in provincia è difficile vedere riuniti più dell’otto, massimo dieci per cento di quanti nominalmente si dicono cattolici. In molte località minori la domenica non c’è più una messa, e chi vuole adempiere al precetto deve recarsi in un centro vicino.
Sempre più parrocchie vengono soppresse, accorpate tra di loro, affidate ad un unico prete costretto a moltiplicare l’impegno pastorale. Intanto un acronimo ricorre con intensificata frequenza: Adap. Sta per assemblea domenicale in assenza di prete: nei centri più isolati della Francia rurale ci si ritrova a pregare facendo in qualche modo comunità ma senza poter celebrare o distribuire l’Eucarestia.
Questo il volto del Sud francese, realtà non dissimile da quello metropolitano che Benedetto XVI ha mostrato di aver ben presente quando proprio a Lourdes ha ribadito la funzione essenziale, indispensabile del sacerdote. «Anche per questo il suo soggiorno lascerà tracce» , dice ora la gente comune del Midi esprimendo un sentire diffuso, dando voce ad attese che sono anche quelle di poter celebrare la domenica secondo i ritmi di un tempo. Non per spirito abitudinario ma per radicamento nella pratica religiosa, elemento distintivo del credente. Mentre la grande stampa nazionale discetta con accenti critici sui moniti del Papa relativi alle questioni morali e ai valori cristiani, i media di provincia abituati alla concretezza dello stare con i piedi per terra sottolineano l’attenzione che il modo giovanile ha riservato alla visita di Ratzinger. Si parla apertamente di Papa dei giovani, come ai tempi di Giovanni Paolo II, di un feeling che già c’era e si va consolidando. Una sorpresa per molti, ma non per chi ricorda cosa fu la Giornata mondiale della gioventù di Parigi nel 1997. Un altro Papa conta adesso anche su questi ragazzi per dare un futuro ad un Paese in trasformazione e alla Chiesa che è in Francia.
© Copyright Avvenire, 16 settembre 2008
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