17 ottobre 2008

Fede e scienza unite per il bene dell’uomo (Santamaria)


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Fede e scienza unite per il bene dell’uomo

DA ROMA GIANNI SANTAMARIA

Una «meravigliosa costruzione architet­tonica » e un «meraviglioso affresco mu­rale » che mette davanti ai nostri occhi «le tappe fondamentali dell’incontro tra fides et ratio».
Da san Paolo, ai Padri e a Tommaso, fino a quei «tempi moderni», nei quali «sembra pre­valere in larghi strati del pensiero una perni­ciosa separazione». Ha fatto ricorso a metafore artistiche il cardinale Tarcisio Bertone, per e­sprimere l’attualità dell’enciclica su fede e ra­gione, la Fides et ratio appunto, che Giovanni Paolo II promulgò dieci anni fa. E che è al cen­tro da ieri alla Lateranense di una tre giorni dal titolo Fiducia nella ragione, organizzata dall’U­niversità del Papa con la Pontificia accademia delle Scienze e la Conferenza mondiale delle i­stituzioni universitarie cattoliche di filosofia.
Concetti come apertura e coraggio della razio­nalità sono risuonati nell’intervento del Segre­tario di Stato che ha parlato nel pomeriggio, dopo che i convegnisti erano stati ricevuti da Benedetto XVI.

Il porporato ha sottolineato la continuità con il pensiero dell’attuale Pontefi­ce, espressa nel discorso di Ratisbona, in quel­lo non pronunciato alla Sapienza e, di recente, al parigino Collège des Bernardines (e ribadita nel testo pronunciato nell’udienza e pubblica­to qui sotto). Inserendo l’evento nelle conco­mitanti celebrazioni di questi giorni: il tren­tennale del Pontificato wojtyliano e il Sinodo sulla Parola di Dio.

Bertone non ha mancato di sottolineare il contributo dato dal cardinale Rat­zinger alla stesura dell’enciclica. E lo ha fatto da un osservatorio privilegiato, essendo stato se­gretario della Congregazione per la Dottrina della fede.

Ha potuto, quindi, tracciare una «preistoria» del testo densa di ricordi di prima mano. Già dal 1986 era pronto un progetto di documento di una decina di pagine che di ste­sura in stesura – ci sono voluti oltre dieci anni – si trasformò nel pronunciamento magiste­riale che conosciamo. Le varie versioni sono state lette e sottoposte alle osservazioni di ve­scovi e professori, cattolici e laici. E quando il Papa polacco volle inserire nel testo – in nome dei celebri 'due polmoni' – anche pensatori di tradizione ortodossa, chiese lumi al gesuita ce­co e futuro cardinale Tomas Spidlik per essere certo della bontà delle sue scelte.
Ma dalla storia Bertone si è presto spostato sul­la ricezione e l’attualità dell’enciclica. La prima fu abbastanza positiva, anche se non manca­rono critiche di laici rispettosi (come Cacciari) e di cattolici. Mentre rispetto a dieci anni fa «vanno accentuandosi pericolose derive rela­tivistiche che il papa non cessa di denunciare». Due, infine, le piste suggerite per l’impegno fu­turo. Una guarda a concetti fondamentali im­prescindibili per la stessa filosofia sono quelli di un Dio personale, di peccato e colpa, di u­guaglianza e libertà. L’altra sta nella «circolarità tra fede e filosofia». La ricerca della verità, in­fatti, si snoda nell’ascolto della Parola e incon­tra la ragione, purificandola. «Se la filosofia – si è chiesto Bertone – si interessa alle scoperte empiriche» delle scienze, «perché trascura le tradizioni religiose e specialmente il messag­gio della Bibbia come fonte di conoscenza?».
La Fides et ratio stimola a ritrovare «il corag­gio per tenere fisso lo sguardo sulla verità ul­tima con il desiderio di poterla raggiungere», ha detto nel saluto al Papa il vescovo e retto­re dell’Ateneo pontificio Rino Fisichella. È un «testo epocale», ha aggiunto nella sua rela­zione il filosofo Vittorio Possenti, puntando sulla novità assoluta della sua definizione di nichilismo, basata su antirealismo, oblio del­l’essere e della verità. «Ma lo stimolo non è stato raccolto» e ci si ferma ancora alle «dia­gnosi correnti», ha lamentato lo studioso di Ve­nezia. Ai testi ratzingeriani citati da Bertone, infine, l’arcivescovo francese Jean-Marie Bru­gues, segretario della Congregazione per l’e­ducazione cattolica, ha aggiunto la Spe salvi.
La mancanza di speranza, infatti, «è diventa­ta il punto cieco della società umana», ha ar­gomentato aprendo la tavola rotonda con­clusiva della prima giornata che ha visto pro­tagonisti i docenti Francis Jacques, Lluis Cla­vell e Norbert Fischer.

© Copyright Avvenire, 17 ottobre 2008

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