20 ottobre 2008
Il Papa a Pompei: La «mariologia breve» di Papa Ratzinger (Osservatore Romano)
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Domenica il Papa in visita al santuario di Pompei
La devozione a Maria tra affettività e razionalità teologica
di Salvatore M. Perrella
Domenica 19 ottobre Benedetto XVI si reca in pellegrinaggio al noto santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei; è la terza volta di un Pontefice (due volte vi è stato Giovanni Paolo II). Pompei, distrutta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d. C., è rinata anche grazie all'opera instancabile del beato Bartolo Longo (1841-1926), avvocato brindisino, giuntovi nella seconda metà dell'Ottocento per curare i beni della contessa Marianna Farnararo, vedova Di Fusco. In quella fertile zona della Campania felix infestata allora dai briganti e contrassegnata anche da grande ignoranza religiosa, egli iniziò a dare lezioni di catechismo, a insegnare a pregare e a diffondere il rosario tra i coloni e i contadini. Per questa opera egli ritenne quindi necessario un quadro della Vergine innanzi al quale raccogliersi ogni sera per dire l'amata e semplice corona. L'ottenne in dono da suor M. Concetta De Litala del monastero del Rosario a Porta Medina in Napoli, che l'aveva in custodia dal padre domenicano Alberto Radente, il quale per pochi soldi l'aveva acquistata da un rigattiere. Il quadro giunse a Pompei su un carro di letame la sera del 1° novembre 1875, venendo provvisoriamente esposto in una chiesa. In quello stesso mese Bartolo Longo ottenne dal vescovo di Nola il permesso di innalzare un nuovo tempio. Nel 1888, portato a termine il santuario, l'avvocato affidò all'architetto Rispoli la costruzione dello stupendo trono della Vergine. Quattro anni dopo, si celebrava la triplice festa dell'inaugurazione, dell'incoronazione e dell'intronizzazione del venerato quadro della Vergine del Rosario. Nel 1893, il fondatore della nuova Pompei donava al Papa Leone XIII la proprietà del santuario: la donazione venne accettata e il santuario fu eretto in basilica pontificia col breve Qua Providentia. Accanto al celeberrimo santuario della fede cristiana e della preghiera rosariana, della supplica e della pratica dei 15 sabati mariani, Bartolo Longo ha fatto sorgere il "santuario della carità", con le sue molteplici opere e istituzioni dedite a soccorrere gli ultimi, quali gli orfani, i figli dei carcerati, le figlie del santo Rosario, declinando in questo modo la redditività e la concretezza evangelica della genuina pietà mariana. In ciò Bartolo Longo anticipava quanto Benedetto XVI ha recentemente insegnato circa l'esercizio ecclesiale della carità: "L'amore del prossimo radicato nell'amore di Dio - egli scrive nell'enciclica Deus caritas est - è anzitutto un compito per l'intera comunità ecclesiale: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità" (n. 20).
La «mariologia breve» di Papa Ratzinger
Benedetto XVI che si reca oggi pellegrino al santuario mariano di Pompei è "teologo di razza" che ha propugnato nel suo intenso itinerario teologico una interessante "mariologia breve" secondo cui la Madre del Signore è inserita nella trama dei misteri, fra i quali ella si pone quale immagine della creazione immacolata, frutto perfetto della Parola di Dio e della sua efficacia. Per questo motivo, la teologia mariana è strategicamente collocata e innestata fra i saperi teologici proprio perché riflette su Colei che, pur non essendo il centro della fede - che è Cristo rivelatore di Dio -, è però centrale nel cristianesimo per essere la madre, la credente e la serva del Signore. Tale collocazione di Maria e della riflessione su di lei nella globalità del mistero cristiano rende la proposta mariologica ratzingeriana lontana sia dagli eccessi devozionistici che dall'aridità teoretica, in quanto il Papa sa bene quanto sia importante armonizzare le esigenze dell'intelligenza credente con quelle della cordialità credente. In questo senso la rinnovata pietà mariana ecclesiale, normata dalla Parola di Dio, guidata dal magistero ecclesiale, sostenuta dal carisma battesimale del sensus fidelium, stimolata dagli input offerti dagli apporti interdisciplinari della teologia - osservava a tal riguardo l'allora cardinale Joseph Ratzinger - "si manterrà sempre nella tensione tra razionalità teologica e affettività credente. Ciò è nella sua essenza e si tratta quindi di non lasciare atrofizzare nessuno dei due aspetti: non dimenticare nell'affettività il metro obiettivo della ratio, ma anche non soffocare nell'obiettività di una fede in ricerca il cuore che vede spesso più in là del semplice intelletto. Non per niente i Padri hanno preso Matteo 5, 8 come base del loro insegnamento teologico sulla conoscenza. "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio": l'organo del vedere Dio è il cuore purificato. Potrebbe spettare alla devozione mariana operare il risveglio del cuore e la sua purificazione nella fede. Se la disgrazia dell'uomo di oggi è sempre di più quella di cadere o nel puro bios o nella pura razionalità, la devozione a Maria può agire in senso contrario a una simile "decomposizione" dell'umano e aiutare, partendo dal cuore, a ritrovare nel mezzo l'unità" (Maria chiesa nascente, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, p. 27). Questo denso brano ribadisce quanto sia importante per il popolo credente e per gli operatori pastorali mettere in pratica i principi e gli orientamenti del recente Direttorio su pietà popolare e liturgia del 2002. Vi si ribadisce il primato della liturgia ecclesiale anche per quanto riguarda la valorizzazione e il rinnovamento delle pratiche mariane quali il rosario, l'angelus, la via matris, l'akatistos, le sacre rappresentazioni, le preghiere litaniche, le celebrazioni della Parola. Si sottolinea altresì e nel contempo anche la differenza oggettiva che intercorre tra i pii esercizi del popolo cristiano e gli atti liturgici celebrati dall'assemblea e dal ministro deputato. Tale necessario richiamo al valore supremo della liturgia non misconosce il valore e l'utilità teologica e pastorale della pietà mariana ecclesiale e popolare. Essa possiede peculiari caratteristiche quali: spontaneità, apertura alla trascendenza, linguaggio totale delle sue espressioni (mente e cuore, corpo e spirito, colore e poesia), inculturazione della fede, concretezza di riferimenti e di atteggiamenti, saggezza delle intuizioni, memoria di eventi, persone e valori, forza di generare e di coinvolgere solidarietà varie. I santuari, i pellegrinaggi, le edicole sacre, le icone votive, gli ex voto, sono espressione antiche e cordiali di questa pietà ecclesiale e popolare.
Il pellegrinaggio del Pontefice al santuario di Pompei immediatamente richiama una prece cara alla storia della devozione mariana occidentale: il rosario, la preghiera mariana più recitata dal popolo cristiano dopo il Padre nostro. È noto che il magistero dei Papi è sempre stato attento a motivare, regolare, incrementare la pietà dei fedeli verso la Madre di Gesù, consapevole che tale consuetudine, "varia nelle sue espressioni e profonda nelle sue motivazioni, è un fatto ecclesiale rilevante e universale" (Direttorio su pietà popolare e liturgia, 183).
Pregare con Maria
Rilevante è stato l'interessamento dei Papi verso il rosario sovente raccomandato per la sua "impronta biblica incentrata sulla contemplazione degli eventi salvifici della vita di Cristo, cui fu strettamente associata la Vergine Madre. E sono anche numerose le testimonianze di Pastori e di uomini di santa vita sul valore e sull'efficacia di tale preghiera" (Direttorio su pietà popolare e liturgia, 197). Dopo il concilio Vaticano ii, Paolo VI, Giovanni Paolo II e lo stesso Benedetto XVI hanno rilanciato questo pio esercizio, che, si badi bene, ha lo scopo di "liberare il Rosario da una specie di ristrettezza estranea allo spirito di Maria e alimentarlo, in conformità a quello stesso spirito, con la pienezza dell'idea e dell'opera salvifica di Dio per il mondo. L'essenza e l'azione di Maria in tutto questo è la mediazione: tra Dio e il mondo, tra Cristo e la Chiesa, tra spirito e carne, tra i due modi di esistenza ecclesiale, tra il mondo dei santi e quello dei peccatori. Ella si trova a tutti i crocevia, per indicare la strada" (von Balthasar). È alla scuola di Maria, perfetta adoratrice della Trinità, modello sempre attuale del credente, che tutti i membri della Chiesa, pastori, teologi e fedeli, sono invitati ad andare, per imparare o affinare l'arte della preghiera, della contemplazione e dell'esistenza cristiana.
Il "salterio della Vergine", così veniva chiamato anche il rosario, è stata la preghiera popolare per eccellenza per generazioni e generazioni di fedeli, divenendo preghiera del singolo, della famiglia e della comunità, in compagnia di Maria la Madre di Gesù (cfr. Atti degli apostoli, 1, 14). Nessuno ignora come la sua diffusione, inoltre, abbia trovato nel passato la spinta nella paura delle grandi calamità: la peste, la fame e la guerra. Proprio la natura di tale mediazione, radicata nell'esempio di fede e di genuino culto a Dio costitutivi della persona e della storia della Madre del Signore, conduce a vivere e a trasmettere alle nuove generazioni una pietà consapevole del fatto che, come osserva giustamente Benedetto XVI, "mai la vera devozione mariana offusca o diminuisce la fede e l'amore per Gesù Cristo nostro salvatore, unico mediatore tra Dio e gli uomini. Al contrario l'affidamento alla Madonna è una via privilegiata, sperimentata da tanti santi, per una più fedele sequela del Signore" (31 maggio 2006).
Il rosario è un'esperienza viva di meditazione, di contemplazione, di preghiera facile e ricca insieme, vero compendio del Vangelo, per i suoi fondamenti biblici, per le ricchezze spirituali e la validità pastorale indiscutibile, per cui va riscoperto alla luce della Parola di Dio e in armonia con la liturgia (messa e preghiera delle Ore). Con il rosario, dunque, si medita, si contempla, si prega, si fa comunione e si chiede preghiera - nella comunione di tutti i santi, sempre intercessori per noi - alla Madre del Signore: "ora pro nobis", prega per noi, per noi tutti senza distinzione di razza, popolo, cultura, età, sesso, collocazione sociale, religione, perché in Cristo tutti siamo uno. Da sempre tale popolare prece è un valido aiuto e conforto anche nel dolore e nella malattia. La Madre di Gesù, invocata quale salus infirmorum, è premurosa e piena di tenerezza nel soccorrere i suoi figli segnati dalla sofferenza. Presso i santuari, dove si fa più accorata la recita del rosario, si riscontrano tante testimonianze dell'immensa fiducia che i sofferenti ripongono in Maria, perché qualcosa di nuovo è avvenuto nella loro vita: la conversione o la guarigione. Meditazione, preghiera, contemplazione e speranza escatologica si intrecciano nel rosario della Vergine attorno al nome, alla persona, alla missione e alle promesse di Gesù, per cui è facile comprendere come il rosario possa essere ancora oggi, come lo è stato nel passato, preghiera dei semplici come degli intellettuali, dei vecchi come dei bambini. È preghiera semplice, evangelica, storico-salvifica, contemplativa, anamnetica, dinamicamente ripetitiva, narrativa, impetrativa, non legata a particolarismi devozionali; una preghiera, quindi, che ritma l'esistenza e a cui affidare le proprie debolezze e la propria angoscia, i propri morti, il proprio futuro in Dio e che fa pace e serenità nell'anima e nel corpo. Il rosario, per molte famiglie e per molti credenti era e può tornare a essere, in sinergia e in dipendenza con la preghiera liturgica che incessantemente richiama e a cui conduce, spazio di libertà interiore e luogo d'incontro, di ristoro e di impegno in ordine alla testimonianza di fede, come e con Maria, la Madre di Gesù. I misteri del gaudio, del dolore, della luce e della gloria, come hanno scandito il tempo e i giorni di Cristo e di Maria, scandiscono anche i nostri, nella consapevolezza e nella ferma fiducia che anche la nostra storia è luogo e tempo per l'esercizio della carità misericorde della Trinità Santa.
Nel contesto del Sinodo
Questo pellegrinaggio a Pompei di Benedetto XVI si compie nel contesto del Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio: esso non può non ricordare, allora, il grande servizio che Maria rende all'evangelizzazione che la Chiesa universale e le Chiese particolari devono sempre più assumere con urgenza: globalizzare e interiorizzare il Vangelo della carità, che pone Dio al centro e in Lui tutta l'umanità. Ha quindi ragione Benedetto XVI quando indica che "l'esempio per eccellenza di un tale atteggiamento è Maria, la Madre del Signore. Lei, durante tutta la sua vita terrena, è stata la Donna dell'ascolto, la Vergine col cuore aperto verso Dio e verso gli uomini [...]. Lei è e rimane la serva del Signore che non si mette al centro, ma vuole guidarci verso Dio, vuole insegnarci uno stile di vita in cui Dio viene riconosciuto come centro della realtà e della stessa nostra vita personale" (Angelus, 10 settembre 2006).
In questo nostro tempo postmoderno, tempo di "emergenza educativa" per intere generazioni di uomini e donne, Maria, la maestra di cristianesimo ci insegna, con umiltà, discrezione e incisività, lo stile cristiano della fede e della vita; non si può, quindi, non apprendere che da lei, donna dello Spirito, i valori perenni del Regno di Dio trasmessi da suo Figlio alla Chiesa, "seme vivente di Dio che vuole svilupparsi e arrivare a maturazione. Per questo essa ha bisogno del mistero mariano, anzi è essa stessa mistero di Maria. Può esserci nella Chiesa fecondità solo se si sottomette a questo segno, solo cioè se diventa terra santa per la Parola" (Joseph Ratzinger, Maria Chiesa nascente, p. 8).
(©L'Osservatore Romano - 19 ottobre 2008)
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