14 ottobre 2008

Sinodo, gli interventi dei cardinali Scola, Vallini e Martino (Avvenire)


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SINODO DEI VESCOVI SULLA PAROLA DI DIO (5-26 OTTOBRE 2008): LO SPECIALE DEL BLOG

Scola: «In ascolto dei testimoni autentici, così la lettura nasce dalla comunione»

Pubblichiamo la sintesi dell’interven­to del cardinale Angelo Scola, pa­triarca di Venezia, alla XII Congrega­zione generale.

Dei Verbum 25 esorta tutti i fe­deli perché «si accostino vo­lentieri al sacro testo me­diante la pia lettura per piam lectio­nem», connessa alla preghiera: «af­finché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo». La pia lettura delle Scritture non può ridursi né a puro studio, né a semplice, immediata rea­zione.
È relazione personale col Si­gnore, perché «si può leggere la Bib­bia senza fede, ma senza fede non si può scrutare la Parola di Dio» (IL 26a). La pia lettura riconosce che la Sacra Scrittura è testimonianza ispirata e normativa della Rivelazione. La radi­ce della testimonianza della Scrittu­ra è Gesù Cristo stesso, il testimone fe­dele dell’alleanza di Dio con gli uo­mini. Così la Scrittura può essere a­deguatamente compresa solo dal te­stimone. Quindi, per essere pia la let­tura della Scrittura deve passare da Testimone a testimone. La categoria di testimonianza mette in primo pia­no il soggetto ecclesiale (personale e comunitario) della pia lettura. Que­sta è la strada del realismo che evita ogni deriva fondamentalista e intel­lettualistica, rischi di letture che pre­scindono dalla testimonianza della Chiesa, luogo dell’ascolto credente della Parola. Questa comprensione della Scrittura garantisce l’autenticità della esperienza cristiana, ma richie­de una comunione ecclesiale vissu­ta quotidianamente.

© Copyright Avvenire, 14 ottobre 2008

Vallini: «Formiamo i pastori e gli operatori, rimettiamo la Bibbia al centro della pastorale»

Pubblichiamo una sintesi dell’interven­to del cardinale vi­cario di Roma, Ago­stino Vallini, alla XII Congregazione generale.

Perché il maggior numero possibile di uomini e donne, battezzati e non, possano incontrare Dio che parla alla loro vita, è decisiva l’azione dei pa­stori. Solo la convinzione vissuta della cen­tralità della Parola di Dio da parte dei sa­cerdoti (e degli altri ministri della Parola) farà sì che gradualmente la stessa con­vinzione entri nella vita dei fedeli. A tale scopo va curata la formazione biblica dei candidati al ministero presbiterale.
La formazione delle facoltà teologiche sia integrata con cammini formativi dei se­minari che favoriscano un accostamento più spirituale alla Parola di Dio per la vi­ta. Certamente non mancano buone ini­ziative al riguardo (lettura sapienziale del­la Sacra Scrittura e lectio divina, ecc.), ma sarebbe da prevedere uno spazio forma­tivo maggiore all’approfondimento della Parola di Dio, arricchito dalla conoscen­za dei Padri, e condotto da guide spirituali che sappiano accompagnare i candidati al sacerdozio all’acquisizione di una soli­da spiritualità biblica. La centralità della Parola di Dio nel mini­stero pastorale è oggi più sentita che in passato, ma si avverte ancora la difficoltà a percorrere «vie nuove» rispetto ad una pastorale che cura i fedeli con una pro­posta soprattutto sacramentale. Non mancano esperienze apprezzabili, ma sia­mo lontani dal raggiungere la convinzio­ne diffusa e praticata che il servizio della Parola è centrale nella pastorale ordinaria della comunità ecclesiale.
Il Sinodo dovrebbe incoraggiare molto la prassi settimanale della lettura commen­tata e pregata della Parola di Dio in ogni parrocchia e comunità ecclesiale, a cura del parroco, nella forma della lectio divi­na o in altre forme ritenute più adatte al contesto. Questo fondamentale impegno andrebbe previsto nei piani pastorali dio­cesani, con l’offerta di sussidi accessibili e di itinerari di preparazione, non solo cul­turale, di operatori pastorali disposti, sot­to la guida dei parroci, a guidare gruppi di ascolto della Parola di Dio da tenersi do­vunque, anche nelle case.

© Copyright Avvenire, 14 ottobre 2008

Martino: «La Scrittura illumini la riflessione della dottrina sociale»

Nel suo intervento alla XII Congrega­zione generale il cardinale Renato Raffaele Martino presidente dei Pontifici Consigli della giu­stizia e della pace e della pastorale per i migran­ti e gli itineranti, si è soffermato a dare espressione ad alcune esigenze riferibili al rapporto tra Paro­la di Dio e dottrina sociale della Chiesa, rappor­to essenziale a definire la natura di tale dottrina, anche se bisognoso di approfondimenti e pun­tualizzazioni.
Quando con la sua «dottrina» sociale la Chiesa si rivolge all’uomo, pensa a lui «non solo nella luce della esperienza storica, non solo con l’aiuto dei molteplici metodi della conoscenza scientifica, ma in primo luogo alla luce della Parola rivelata del Dio vivente»! La fede suscitata dalla Parola di Dio deve costituire, pertanto, come è ben evi­denziato nei primi capitoli del Compendio della dottrina sociale, l’orizzonte sempre presente e imprescindibile della dottrina sociale.
Il secondo punto segnalato riguarda il rapporto tra studio della Sacra Scrittura e della dottrina so­ciale, per evitare impostazioni errate ed estreme. Si deve tener presente che sia lo studio della Sa­cra Scrittura, sia della dottrina sociale, pur ado­perando strumentazioni concettuali e metodo­logiche diverse, sono comunque un conoscere «nella fede». Il cardinale ha auspicato una mag­giore e feconda correlazione tra studio della Scrit­tura e della dottrina sociale. Nella Sacra Scrittu­ra è possibile riscontrare le linee maestre della dottrina sociale, come l’opzione preferenziale per i poveri, l’impegno nella promozione della giu­stizia, il principio della destinazione universale dei beni che sono di chiara derivazione biblica.

© Copyright Avvenire, 14 ottobre 2008

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