18 luglio 2007

Il Papa in Cadore: la gioia del parroco piu' anziano d'Italia (96 anni)


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(nella foto il Papa con Don Armando Durighetto)

In Cadore, grande attesa per l'incontro di martedì 24 tra Benedetto XVI e il clero delle diocesi di Treviso e Belluno-Feltre. La gioia del parroco più anziano in attività, il 96.enne don Armando Durighetto, per il suo incontro col Papa

Studio e relax continuano a caratterizzare il periodo di riposo di Benedetto XVI a Lorenzago di Cadore. Ieri pomeriggio, il Papa è uscito dalla sua residenza per la consueta passeggiata tra i boschi. Questa mattina, il Santo Padre è rimasto nella villetta dove soggiornerà fino al prossimo 27 luglio. Al microfono di Amedeo Lomonaco, l’inviato del quotidiano "Avvenire", Salvatore Mazza:

R. - La mattina, come ormai accade da quando è arrivato qui, il Papa l’ha dedicata allo studio. Per oggi, poi, è previsto l’incontro con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che probabilmente si fermerà a pranzo con il Papa.

D. - E il cardinale Tarcisio Bertone è atteso anche a Pieve di Cadore per una conferenza sul suo primo anno da segretario di Stato...

R. - Sì, questa conferenza è in programma per oggi pomeriggio: sarà un incontro a domande e risposte che avrà come tema questo suo primo anno da segretario di Stato. E' immaginabile che verranno toccati un po’ tutti gli argomenti dell’attualità di questi ultimi 12 mesi, tutti temi molto vivi: dal rapporto con l’Islam a quello con la Cina, dal recente documento della Congregazione della Dottrina della fede al Motu proprio del Papa sulla Messa in latino.

D. - Il bel tempo di oggi fa pensare, nel pomeriggio, a nuove possibili escursioni...

R. - Ormai sembra uno schema quasi fisso che il Papa raggiunga uno dei tantissimi luoghi di culto che la pietà popolare di questa zona, attraverso i secoli, ha costruito.

D. - Ieri pomeriggio, poi, il Papa è uscito in macchina dalla villa e ha passeggiato attraverso i boschi...

R. - E’ tornato dove era già stato giovedì scorso, nel bosco di Stabie. Benedetto XVI è stato visto passeggiare con la corona del Rosario in mano. Dopo aver recitato il Rosario, poi, si è fermato di fronte ad un crocifisso di legno davanti al quale si è fatto il segno della croce. Non ha incontrato nessuno, nessun turista, nessun abitante del luogo. Solo, sulla strada del ritorno, ha fatto rallentare la macchina mentre incrociava delle persone che stavano salendo al bosco perché avevano saputo che c’era il Papa e che avrebbero potuto incontrarlo. Ha fatto rallentare la macchina e li ha salutati dal finestrino, augurando loro un buon soggiorno tra le montagne.

Nel Cadore, è previsto poi un importante appuntamento per Benedetto XVI: infatti, martedì prossimo, il Papa incontrerà il clero delle diocesi di Treviso e Belluno. E’ quanto conferma, al microfono di Luca Collodi, il vescovo di Belluno-Feltre, mons. Giuseppe Andrich:

R. - Noi abbiamo chiesto quest’incontro e il Papa ce lo concede. Si terrà nella chiesa molto grande del centro vicino a Lorenzago dove si trova il Papa, Auronzo di Cadore. La chiesa di questa località, dove ci saranno moltissimi sacerdoti, sarà appunto il luogo dove avverrà questa straordinaria esperienza per noi.

D. - Mons. Andrich, come vi state organizzando come diocesi Belluno e Treviso per questo incontro?

R. - Noi ci stiamo organizzando con la previsione di attendere la parola del Papa. E gli presenteremo anche alcuni interrogativi, che percepiamo di più nella nostra realtà pastorale del nord-est Italia, del Veneto in particolare, con i problemi che abbiamo noi della comunità montana.

D. - Quali sono questi problemi?

R. - Noi vorremmo soprattutto orientarci su quei problemi che sentiamo forti particolarmente nelle nostre città e anche nei centri maggiori e che riguardano i giovani, la formazione, l’educazione e tutti quei rischi che oggi i giovani si trovano ad affrontare. Si parla molto in questi giorni del problema dell’alcolismo. Da noi, abbiamo un tasso di alcolismo, anche tra i più giovani, molto alto. Ci sono poi casi di suicidi tra i giovani. Sono problemi che io, particolarmente, sento in maniera drammatica.

D. - Ci sono anche altre novità. La festa per la presenza di Benedetto XVI in Cadore continua perché dopodomani sera è previsto un concerto di cori alpini in onore del Papa proprio all’interno del Castello di Mirabello dove risiede il Papa per il suo riposo...

R. - Abbiamo questa possibilità: la diocesi di Belluno-Feltre offre, con una serie di cori del Cadore, un momento di festa con l’espressione tipica della nostra cultura che si è sempre tradotta in momenti di canto, di canto polifonico, ma anche di canto popolare. Abbiamo saputo che il Papa gradisce molto questo tipo di espressione culturale. Quindi, assicuriamo al Santo Padre una serata che per noi sarà di grande respiro, perché ci ricollega alla nostra cultura di montagna che in questi giorni il Papa sta vivendo anche nelle sue quasi quotidiane escursioni a contatto con le persone. Persone che si commuovono per questa imprevista possibilità di incontrare il Santo Padre.

E tra gli incontri di questi giorni a Lorenzago di Cadore, spicca quello avuto da Benedetto XVI con il parroco in attività più anziano d’Italia, il 96.enne don Armando Durighetto. Durante il colloquio, avvenuto domenica scorsa dopo l’Angelus, il sacerdote - parroco a Caposile, frazione di Musile di Piave, in provincia di Venezia - ha scambiato qualche battuta con il Santo Padre. Ascoltiamo il sacerdote, raggiunto telefonicamente da Amedeo Lomonaco:

R. - Sono il sacerdote più anziano ancora parroco. Ho 96 anni, compiuti a maggio, ed è per questo che il vescovo mi ha chiamato. Ho avuto il piacere di ascoltare la parola e di ricevere la benedizione del Papa. Per me è stato veramente un grande onore, che porto ora nel mio cuore e che estendo anche a tutti i miei parrocchiani, con lo stesso entusiasmo e con la stessa fede. Io sono innamorato della figura del Papa: ne ho visti molti di Pontefici, io sono del 1911… Benedetto XVI, con questo suo sorriso, mi sembra un angelo.

D. - Cosa le ha detto il Santo Padre?

R. - Presentandomi, il vescovo ha detto a Benedetto XVI: “Ha 96 anni ed è ancora parroco”. Il Papa poi mi ha detto: “Che il Signore le dia ancora tanta vita, perché possa fare ancora tanto bene”. Queste parole, semplici, sono ora impresse nel mio cuore e nelle mie preghiere. Ancora una volta ho ringraziato il Signore di tutto, dei miei 71 anni di Messe: ne ho celebrate 36.495. Di questo ringrazio sempre il Signore e posso dire che non mi sono mai pentito di essere sacerdote.

D. - Si può anche dire che la fede mantiene giovani?

R. - Io cerco di esercitare la mia missione di sacerdote sempre con gioia. Ho cercato di ridere e di far ridere e cerco di farlo anche adesso.

D. - Lei, padre, non ha mai scritto una predica, perché ha detto che le fa sempre con il cuore...

R. - Guardo la gente negli occhi, guardo la loro espressione e il mio cuore parla da solo e dice quello che sento dentro. Penso che, in realtà, dovrei essere molto più santo e molto più buono, viste tutte le grazie che mi ha dato il Signore. Quello che posso, lo esprimo e lo diffondo sempre anche ai miei parrocchiani.

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8 commenti:

Anonimo ha detto...

Che bella questa figura di sacerdote piena di umanità e di entusiasmo. Ce ne sono per fortuna.
Qualche domenica fa ho assistito a un'omelia di un prete anziano, anche se non così anziano, che ha raccontato di una festa, tenutasi nel quartiere per ricordare due santi molto importanti per la città: era venuta tanta gente, anche in modo imprevisto, e tutti avevano anche festeggiato il parroco per i suoi 50 anni di sacerdozio e mi ha colpito vedere questo vecchio piangere dalla commozione e dalla gioia.
Non credo che sia cedere alla sdolcinatezza, è il rispetto e l'affetto che vengono spontanei verso persone che credono veramente in quello che fanno.
E anche il mio ex parroco anche se uomo brusco e poco incline alle novità , anzi diciamo pure più tradizionalista che di più non si può (non credo don Francesco che avrebbe riscosso le sue simpatie), era un uomo in grado di farsi in 50 per aiutare le persone,gli ammalati soprattutto se anziani, i giovani sbandati, le persone sole. Era come se non riuscisse a dirlo a parole ma manifestasse la sua umanità con i fatti. A volte faceva delle omelie così severe da lasciarti di stucco, ma finita la messa andava sempre ad aiutare qualcuno e così la gente ha imparato a volergli bene. Che bella questa figura di sacerdote piena di umanità e di entusiasmo. Ce ne sono per fortuna.

Anonimo ha detto...

No, carissima, non e' cedere alla sdolcinatezza!!! Credo che tutti noi ammiriamo i parroci che con l'esempio, con le parole e con i gesti riescono a fare trasparire la loro fede.

euge ha detto...

Cara Mariateresa è bellissima questa testimonianza che hai postato....... riguardo alle omelie del tuo ex parroco ce ne fossero!!!!!!!!! Purtroppo, le omelie di oggi non ti lasciano niente sono solo delle chiacchierate che quando finiscono ti chiedi e allora???????? Mi ricordo quando la mia povera nonna mi portava in chiesa la domenica l'omelia era qualcosa che ti faceva riflettere; certo io ero piccola ma, in qualche modo rimanevo colpita e quasi affascinata da quelle parole adesso, nella situazione attuale della mia parrocchia, non è così l'omelia diventa un momento per stare seduti in attesa che si finisca la celebrazione ed è talmente rapida che come il parroco o il vice parroco prendono a parlare è già finita!!!!!!!!!!!
Come vorrei aver avuto il tuo ex parroco al posto di quello che ho attualmente!!!!!! Già Raffaella hai ragione!!!!!!
Eugenia

Anonimo ha detto...

Ho avuto l’onore di conoscere don Armando fin da piccolo, quando durante le vacanze scolastiche andavo in campagna dai miei nonni materni a trascorrere i periodi più belli della mia gioventù. Il diacono di quel paesino – che ora è un Monsignore – si prendeva cura di noi giovinetti, ci seguiva con tanta dedizione e amore e appena poteva, ci accompagnava nella vicina parrocchia di Caposile a trovare “don Armando del Sile” (così era ed è ancora da tutti conosciuto), a farci ridere e scherzare con questo prete sempre allegro e fonte inesauribile di divertentissime innocue barzellette.
Dopo tanti - forse troppi - anni di distacco dalla chiesa, provato anche dal profondo dolore per la perdita improvvisa di mia mamma, sono andato a confessarmi da un sacerdote che stimo molto il quale, dopo avermi parlato per più di mezz’ora citando l’infinita bontà Divina e tante altre belle cose, mi ha assolto dai peccati senza avermi fatto vuotare il cosiddetto “sacco”! Io al momento, memore di come si faceva un tempo, sono stato benevolmente colpito da questo nuovo tipo di confessione che mi aveva risparmiato “l’onere” di elencare tutti i peccati di un’intera vita, ma poi, col passare dei giorni, sentivo dentro di me che qualcosa non aveva funzionato a dovere, che non ero del tutto a posto con la mia coscienza… e, trovandomi un giorno a passare casualmente per quel di Caposile, mi sono fermato e con immensa gioia ho potuto incontrare il vecchio caro don Armando che, pur riconoscendo la validità della mia precedente confessione, ha accolto la mia preghiera di confessarmi come “una volta”. Sarà stata anche solo una suggestione la mia, ma credetemi, dopo aver recitato l’atto di dolore assieme a lui – visto che non me lo ricordavo tanto bene – mi sono sentito un altro…, libero finalmente da ogni peso e da allora, anche se non ho gravi peccati da confessare, vado a trovarlo quasi tutti i mesi per ricevere un po’ di quella “sana pace” che solo un vero prete come lui riesce ad infonderti!!!

Anonimo ha detto...

Ce ne fossero caro Giampaolo, come lei, disposti a testimoniare con questo garbo certe cose...
Ma non lo capiscono i nuovi preti che senza una confessione ben fatta...
e una penitenza che sia davvero penitenza...
i sensi di colpa rimangono?
E dopo, molti, carichi di autolesionismo, si fanno del male con la droga o altro...
Si crede forse di fare del bene ai cristiani allontanando così da loro lo spirito della confessione?
Riconciliazione la chiamano...
Fortuna che con la Summorum Pontificum qualcuno se lo dovrà pur riandare a studiare il catechismo...

francesco ha detto...

l'episodio di gianpaolo è un classico esempio di come la conversione e il ritorno alla fede ha bisogno dei suoi tempi ed è governato dallo spirito santo... bene ha fatto il primo prete a non insistere a non far vuotare il sacco (che sicuramente gianpaolo in quel momento neanche avrebbe saputo ben dire di che) ma a porre l'attenzione all'accoglienza e al perdono di dio... poi allora con un buon esame di coscienza e al momento giusto dio guida ad una pace piena...
la riconciliazione è un'arte che solo dio sa vivere con pienezza... quanti guai sono stati combinati da preti che per una confessione "formalmente piena" hanno tenuto lontano per anni e anni molti dal vivere la riconciliazione (che, tra l'altro, è il nome proprio del sacramento della confessione come recita il rituale)
francesco

Anonimo ha detto...

Caro don Francesco, con la sua frase «quanti guai sono stati combinati da preti che per una confessione "formalmente piena" hanno tenuto lontano per anni e anni molti dal vivere la riconciliazione …» ha messo il dito nella piaga! Però, secondo me, non sono state le confessioni “formalmente piene” a produrre certi danni, ma il “modus operandi” di certi sacerdoti e, ormai che ci sono, le racconto una mia triste esperienza. Frequentavo giornalmente l’oratorio dei salesiani e, come tutti i sabato, mi sono messo in fila per la confessione. Normalmente i ragazzini di 12-13 anni (quella credo fosse la mia età di allora), venivano seguiti da due sacerdoti maturi, molto affabili e comprensivi, ma quel sabato nel confessionale ho trovato un prete diverso, mai visto prima. Alle domande di rito, ho risposto come sempre enumerando la frequenza dei miei “peccati impuri”…, apriti cielo!!! Come una furia scatenata, questo prete mi ha praticamente assalito dandomi – parole testuali - del “pazzo incosciente”! A dir poco allibito ed esterrefatto, sono rimasto impietrito per alcuni secondi poi, riavutomi dallo shock, sono andato a scontare la mia giusta penitenza con un proposito però: mai più avrei confessato la verità! E così è stato ancora per qualche anno, per poi perdermi nell’ “oblio” durato fino a qualche anno fa.

francesco ha detto...

caro gianpaolo
se fossi in confessione ti direi... "anche questi anni sono stati accompagnati dalla provvidenza del padre! non sono stati inutili... sono serviti a sentire più forte il suo perdono..."
ma te lo dico lo stesso sul blog...
francesco
PS penso che solo un paio di volte ho dovuto negare l'assoluzione... e mai con rabbia, ma piuttosto con dolore e con un forte impegno di preghiera e penitenza per chi non ho potuto assolvere... la riconciliazione è un sacramento così bello e delicato... come si fa a sprecarlo così? e qui mi viene in mente quel bellissimo episodio narrato in "esperienze pastorali" di don milani sulla confessione di un "suo" ragazzo...