18 luglio 2007
L'Europa è anticattolica?
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Ma l'Europa è contro la Chiesa, cioè contro di noi?
Mario Mauro
Il cristianesimo come avversario politico contro cui appare scontato fare opposizione. Perché la Chiesa rappresenta una realtà irriducibile al dogmatismo di una ragione misura di tutte le cose. Accusata di limitare la libertà degli individui, i loro desideri e il loro diritto a soddisfarli sempre e comunque. E per questo condannata più di Cuba e della Cina, quanto a violazione dei diritti umani.
Il compimento del progetto politico chiamato “Unione Europea” oggi rappresenta una delle maggiori incognite della nostra società. Nonostante le battute d’arresto, porzioni non indifferenti di discrezionalità decisionale sono in mano all’Unione Europea, con conseguenti ricadute in molteplici ambiti importanti, se non strategici: etica, economia, mercato, diplomazia, politica monetaria, e così via.
Relativismo
La crisi che sta vivendo il processo di integrazione è frutto di un approccio errato al problema, una posizione politica che non vuole partire dalla realtà, dalla risposta alla domanda «cos’è l’Europa?». Tale questione basilare è emblematica poiché ha a che fare con i fondamenti stessi dell’integrazione europea. Benedetto XVI ci ricorda come i grandi pericoli per la convivenza fra gli uomini in questo momento vengono, da un lato, dal fondamentalismo, cioè dalla pretesa di prendere Dio come pretesto per un progetto di potere, dall’altro, dal relativismo, il ritenere che tutte le opinioni siano vere allo stesso modo. L’attuale involuzione dell’Unione Europea va letta proprio in questo senso. Il problema dell’Europa nasce dal fatto che il rapporto tra ragione e politica è sostanzialmente sviato da ciò che è la nozione stessa di verità. Il compromesso, che giustamente è presentato come senso della vita politica stessa, viene oggi concepito fine a se stesso. Ne deriva ad esempio un’isterica “ideologia degli eguali” su temi come famiglia, ricerca e diritti umani che mostra peraltro il limite delle leadership politiche che si sono succedute negli ultimi anni e che hanno poco a poco contribuito ad allontanare il progetto europeo dal suo significato originale.
Attacchi alla Chiesa
Il progetto politico che chiamiamo Europa, infatti, è un progetto politico che nasce dalla testimimonianza di uomini cattolici, De Gasperi, Schumann e Adenauer, che in risposta alla devastazione delle ideologie del Novecento sono stati capaci di articolare una prospettiva tanto pragmatica quanto vera. Ma è ancora stimata oggi questa visione?
Le istituzioni europee sono oggi un luogo dove vige un pregiudizio nei confronti del cristianesimo. Negli ultimi dieci anni il Parlamento europeo ha condannato il Papa e la Santa Sede per violazione dei diritti umani fino a trenta volte. Cuba e la Cina non più di dieci. In queste istituzioni la teorizzazione sulla famiglia, in tutte le formulazioni possibili e immaginabili, purché non quella tra un uomo e una donna, ha raggiunto livelli di elaborazione talmente complessi da giustificare l’interrogativo sulla sensatezza delle istituzioni stesse. Considerando le relazioni, le proposte di risoluzione, le interrogazioni e le dichiarazioni scritte presentate da parlamentari europei dal 1994 al 2007, notiamo come la Chiesa o le posizioni del Vaticano abbiano subito ben sessantaquattro attacchi, facendo passare per “fondamentalista” la semplice espressione di un credo religioso. Non ultimo il tentativo, sventato dal Ppe, con cui lo scorso aprile socialisti, verdi, liberali e comunisti hanno tentato di far condannare dal Parlamento europeo il presidente della Cei, monsignor Bagnasco, in occasione della risoluzione contro l’omofobia. Ci sono forze che, come testimonia l’involuzione della sinistra europea, negli ultimi anni hanno aiutato con forza e generosità i cittadini europei non a realizzare l’Europa, ma, al contrario, a porre in essere l’opposto delle ragioni per cui l’Europa è stata pensata e voluta.
Apostasia
Oggi il progetto europeo vive tante e tali contraddizioni che invece di essere presentato come una risposta positiva, appare tante volte di impaccio, come una sorta di raccapricciante insensato agglomerato, a tal punto da far esclamare a Benedetto XVI che è possibile l’apostasia dall’Europa stessa.
Apostasia intesa come allontanamento dalla propria storia, dalla propria natura, dalla propria radice culturale, dalla radice dell’esperienza di dialogo e di convivenza tra gli uomini, che pure ci ha regalato, importantissimi, oltre cinquant’anni di pace e oltre cinquant’anni di sviluppo e di diritti. Se questo è il dato da cui partire per cercare di comprendere che cosa sta accadendo nell’evoluzione del sistema politico europeo dobbiamo puntare la nostra attenzione su un particolare. Dobbiamo comprendere che di mezzo non c’è una dialettica politica fine a se stessa, ma la sopravvivenza stessa di un’esperienza di un popolo. Il problema è cosa siamo noi e cos’è l’Europa. L’Europa deve tornare a capire che la possibilità di costruire opzioni adeguate per l’uomo di oggi e per l’uomo di domani risiede nel rapporto tra diritto di natura e politica. Diversamente sempre più finiremo con l’infierire, non tanto sul quel progetto politico che chiamiamo Europa, ma sull’esperienza degli uomini che ne fanno parte. In questo senso diventa ancor più grave il tema delle radici cristiane dell’Europa, che non è un tema da ancorare alle velleità delle gerarchie ecclesiastiche, ma è il tema stesso della sopravvivenza dell’Europa.
Sfida politica
Cosa abbiamo da offrire in termini, non solo di proposta di significato, ma anche di progetto politico e di esperienza che promuove la convivenza tra i popoli? Cosa abbiamo da offrire se non siamo capaci di interrogarci sul fondamento di quello che ci lega? Il tema della Costituzione europea si pone a questo livello. Deve rispondere a questa sfida. Dobbiamo, vincendo la battaglia con fondamentalismi e relativismi, essere capaci di dire ciò che siamo. In che cosa crediamo. Per avere un’Europa migliore dobbiamo tornare a credere, lavorare, batterci per essa. L’Europa nasce cristiana, non possiamo lasciarla preda di mistificazioni e strumentalizzazioni. C’è l’occasione per un’intera società di ritrovare se stessa e di ritrovare la propria identità, la propria faccia, ma anche il proprio scopo, la ragione per cui siamo quello che siamo. Abbiamo o non abbiamo il dovere di rispondere a questa sfida?
*Vicepresidente del Parlamento europeo
La vera storia della bandiera Ue
di M. M.
Ogni popolo e organizzazione politica é simboleggiata da bandiere che ne caratterizzano la propria identità collettiva. L’Europa si riconosce nel vessillo blu con dodici stelle che sventolano su tutti i nostri palazzi pubblici e sulle targhe delle nostre auto. La bandiera, adottata nel 1955 dal Consiglio d’Europa, è stata confermata come simbolo dell’Unione Europea nel Trattato costituzionale siglato a Roma il 29 ottobre 2004, poi rigettato dai referendum francese e olandese.
Non tutti lo sanno, ma il richiamo al cristianesimo è presente nella Costituzione europea proprio sul simbolo per eccellenza, sulla bandiera, perché quelle dodici stelle provengono dal culto della Vergine Maria e sono svincolate dal numero degli Stati aderenti. Non tutti lo sanno, perché la vera origine della bandiera a dodici stelle è oggetto di una mistificazione orchestrata all’interno delle istituzioni comunitarie. Basta visitare il sito ufficiale dell’Ue per leggere che «la corona di stelle dorate rappresenta la solidarietà e l’armonia tra i popoli d’Europa» o che «in varie tradizioni, il dodici è un numero simbolico che rappresentata la completezza». Il sito Ue continua la sua spiegazione, utilizzata anche da Rai Uno nella trasmissione Giorni d’Europa andata in onda sabato 24 febbraio, affermando che «si tratta inoltre ovviamente del numero dei mesi dell’anno e delle ore indicate sul quadrante dell’orologio. Il cerchio è tra l’altro un simbolo di unità». Mistificazioni su cui occorre far chiarezza, ripercorrendo le tappe che hanno condotto alla creazione del vessillo europeo.
Il concorso di idee bandito nel 1950 dal Consiglio d’Europa fu vinto da un pittore allora poco noto, Arsène Heits: dodici stelle bianche disposte in cerchio su sfondo blu. Arsène Heits trasse lo spunto per il bozzetto della bandiera dalla cosiddetta “Medaglia Miracolosa” che portava al collo. Questa medaglia era stata coniata dopo l’apparizione della Madonna a Catherine Labouré nel 1830, fu la Madonna stessa che indicò alla religiosa di rappresentare sulla medaglia le dodici stelle della corona posta sul capo della donna dell’Apocalisse e Bernardette Soubirous portava la “Medaglia Miracolosa” legata al collo con uno spago l’11 febbraio 1858, quando le apparve per la prima volta la Signora che era vestita di bianco e blu. I colori originari, bianco e blu, colpirono il presidente della commissione giudicatrice, l’ebreo belga Paul M. G Lévy, che vide probabilmente in essi un richiamo alla bandiera del neonato Stato d’Israele, bianca e blu appunto.
L’adozione ufficiale della bandiera fu sancita con una solenne cerimonia, messa a calendario tenendo conto esclusivamente degli impegni dei politici che componevano il Comitato dei ministri e che si svolse l’8 dicembre del 1955, festa dell’Immacolata Concezione, giorno che per tutti i leader coinvolti era casualmente libero da altri impegni.
© Copyright Tracce, giugno 2007
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