1 luglio 2007

Le ragioni della liberalizzazione della Messa tridentina secondo Antonio Socci


Vedi anche:

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO CHE LIBERALIZZA LA MESSA IN LATINO

MEDITAZIONI E PREGHIERE DEL CARDINALE JOSEPH RATZINGER (Via Crucis 2005 al Colosseo)

Messa tridentina: due importanti articoli di Introvigne e Rodari

Un esemplare articolo di Filippo Di Giacomo per "La Stampa" [Messa tridentina]

Il Papa spiazza ancora una volta i commentatori

Rassegna stampa del 1° luglio 2007

LETTERA DEL PAPA ALLA CHIESA CATTOLICA CINESE

La lettera del Papa ai Cinesi: qualche commento

Riflessione sulla lettera del Papa alla Chiesa cinese

Quel rivoluzionario di Ratzinger...


Pubblichiamo questo editoriale di Antonio Socci che riconduce il motu proprio di Benedetto XVI sulla liberalizzazione della Messa tridentina al terzo (o quarto) segreto di Fatima.
Con tutto il rispetto per Socci, non sono d'accordo con questa ricostruzione. Dopo l'articolo potete leggere il mio commento
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Raffaella

Perché Ratzinger ha fatto tornare la messa in latino

di ANTONIO SOCCI SOLIDEO PAOLINI

Cosa c'è dietro la storica decisione di Benedetto XVI di restituire alla Chiesa il suo tradizionale rito millenario? È una scelta di portata epocale, contro la quale il Papa ha subìto pressioni pesanti da vescovi progressisti (pochi giorni fa Enzo Bianchi, con sicumera, annunciava alla Stampa: "Ratzinger non lo farà". In effetti il Motu proprio è di Benedetto XVI).
La scelta era già stata prefigurata e legittimata (...) da Giovanni Paolo II con i primi passi degli anni Ottanta. E proprio nello stretto rapporto fra questi due Papi bisogna indagare per capire. Bisogna scoprire i retroscena degli ultimi mesi di pontificato di Papa Wojtyla. L'8 gennaio 2005, sentendo ormai avvicinarsi la fine, Giovanni Paolo II, durante un pranzo con alcuni prelati di Curia (Herranz, Castrillon Hoyos, Lopez Trujillo e lo stesso Ratzinger), esprime la sua preferenza, come successore, proprio per il suo braccio destro bavarese. Vede in lui non solo l'amico fedele e prezioso (anche per le valutazioni critiche da lui espresse), ma l'unico che può tentare di riportare la barca di Pietro fuori dalla tempesta del post Concilio.

Un segreto da svelare

Il mese successivo, il 13 febbraio, muore a Coimbra suor Lucia, l'ultima veggente di Fatima, la depositaria del messaggio profetico della Madonna sui nostri anni, messaggio che - secondo Giovanni Paolo II - va accostato addirittura alle profezie bibliche, il cui valore non è affatto "facoltativo" riconoscere se lo stesso Papa Wojtyla affermò solennemente che bisogna «ascoltare il comando che fu dato (a Fatima, ndr) da Nostra Madre, preoccupata per i suoi figli. Ora questi comandi sono più importanti e vitali che mai». Anzi, disse il Papa, «l'appello fatto da Maria, nostra Madre, a Fatima è più attuale di allora e persino più urgente... fa sì che tutta la Chiesa si senta obbligata a rispondere alle richieste di Nostra Signora. Il Messaggio impone un impegno su di essa». Espressioni decisamente gravi, che impediscono di declassare il "segreto" a semplice e non-vincolante materia per appassionati. E fanno capire perché, per 40 anni, senza che ciò trapelasse, dentro le mura vaticane quel messaggio è stato un'autentica ossessione, oggetto di mille riunioni, timori e inquiete considerazioni. Ebbene, la morte di suor Lucia nel febbraio 2005 pone a Papa Wojtyla un problema di coscienza. Suor Lucia infatti aveva consegnato alle autorità ecclesiastiche il testo del "Terzo Segreto" nel 1944 esigendo da loro l'impegno a rivelarlo nel 1960 (secondo quanto le aveva detto la Madonna) o al momento della sua morte. Nel 1960 non fu rivelato per decisione di Giovanni XXIII che - atterrito dal suo contenuto - espresse il dubbio se fosse di origine soprannaturale o un pensiero di suor Lucia. Contiene, per quanto si è capito, una profezia sull'apostasia nella Chiesa e, collegata, un'altra profezia agghiacciante sul mondo, come il Papa svelò a Fulda. In un recente colloquio monsignor Capovilla che da segretario di Giovanni XXIII ha conosciuto quel testo - ci ha confidato che lì la suora (perché lui non lo attribuisce alla Madonna, ma alla veggente) avrebbe «scritto le sue riflessioni sul vescovo vestito di bianco». Un commento alla visione? O sulla strana e ambigua espressione «vescovo vestito di bianco»? Quando Giovanni Paolo II si recò a Fatima nel 1982 suor Lucia tornò a chiedergli la pubblicazione del Terzo Segreto e il Papa le rispose di no perché «potrebbe essere male interpretato». Evidentemente una simile espressione si riferiva a qualcosa che imbarazzava la Chiesa, come poi confermarono la parole di Ratzinger del 1996 sui "dettagli" di quel testo che potevano nuocere. Nel 2000 fu svelata la parte della visione, come si è detto, ma non quelle impressionanti parole pronunciate dalla Madonna di cui conosciamo l'incipit che suor Lucia aveva già rivelato («In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede ecc»). Alla morte di Lucia il Papa si sentì in dovere di tener fede all'impegno assunto con la veggente che quel 13 maggio 2000, davanti alle telecamere di tutto il mondo, gli consegnò una lettera il cui contenuto resta tuttora misterioso (come molti suoi scritti e memorie segretati). Ma come rendere nota quella parte del Terzo Segreto che ha atterrito tutti i Papi che l'hanno letta? Questo era il problema.

Indiscrezioni vaticane

Da notizie riservate in nostro possesso, confermate da tre autorevoli fonti vaticane, risulta che Papa Wojtyla e il cardinale Ratzinger decisero di tener fede all'impegno rivelando quel contenuto in una forma velata, cioè nei contenuti essenziali, ma senza dichiararne la fonte. L'occasione scelta fu la Via Crucis del venerdì santo che nel 2005 cadeva il 25 marzo. Fu infatti una Via Crucis molto insolita non solo perché, stranamente, a scriverne il testo fu il cardinale Ratzinger, ma anche perché segnò il passaggio di consegne fra Papa Wojtyla (che sarebbe morto una settimana dopo) e lo stesso prelato.
Sicuramente quel drammatico testo fu scritto o riveduto a quattro mani, una sorta di testamento comune dei due pastori. I passaggi che fecero più impressione furono proprio quelli dov'era racchiuso il "Quarto Segreto". Fin dalla prima stazione c'è un riferimento penitenziale all'infedeltà di Pietro: «Quante volte abbiamo, anche noi, preferito il successo alla verità, la nostra reputazione alla giustizia. Dona forza, nella nostra vita, alla voce sottile della coscienza, alla tua voce. Guardami come hai guardato Pietro dopo il rinnegamento». Quindi viene «alla storia più recente», a riconoscere «come la cristianità, stancatasi della fede, abbia abbandonato il Signore». Denuncia «il potere delle ideologie, intessute di menzogne» che «hanno costruito un nuovo paganesimo» e per eliminare Dio, hanno eliminato l'uomo. Ma, aggiungono i due autori, «non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Pa- rola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c'è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!... Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue, è certamente il più grande dolore del Redentore». E ancora: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti... Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti. Tu però ti rialzerai».

Il senso del Motu proprio

Come si deduce anche da queste parole, qualcosa di grave dev'esserci, nel messaggio di Fatima, che si riferisce alla liturgia e alla crisi del clero (a migliaia lasciarono l'abito dopo il Concilio). Non è un caso se il cardinal Ratzinger - sempre molto misurato - sul colpo di mano della riforma liturgica del 1969 è stato durissimo: «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita "etsi Deus non daretur": come se in essa non importasse più se Dio c'è e se ci parla e ci ascolta. Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l'unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero di Cristo vivente, dov'è che la Chiesa appare ancora nella sua sostanza spirituale?».
Dunque l'attuale Motu proprio rappresenta un grande tentativo di riparazione e un grido di aiuto al Cielo. I due autori della Via Crucis del 2005, confessavano che «proprio in quest'ora della storia viviamo nell'oscurità di Dio» e poi citavano quello stesso apocalittico versetto del Vangelo di Luca che citò Paolo VI in riferimento al nostro tempo, laddove Gesù si chiede: «Ma il Figlio dell'Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Il testo della Via Crucis faceva un chiaro riferimento alle parole della Madonna a Fatima («Alla fine il Mio Cuore Immacolato trionferà»). Infatti sotto la croce «i discepoli sono fuggiti, ella non fugge. Ella sta lì, con il coraggio della madre, con la fedeltà della madre, con la bontà della madre e con la sua fede che resiste nell'oscurità... Sì, in questo momento Gesù lo sa: troverà la fede». C'è l'eco delle parole che la Madonna disse a S. Caterina Labouré nel 1830 parlando del nostro tempo: «Il momento verrà, il pericolo sarà grande, si crederà tutto perduto. Allora io sarò con voi». Come si vede la successione fra i due Pontefici avviene nel segno di Fatima. Lo fa pensare anche l'inquietante frase pronunciata dal nuovo Papa nella messa di insediamento, il 24 aprile 2005 («pregate per me, perché io non fugga per paura davanti ai lupi») che ricorda il Papa martirizzato del Terzo Segreto.

© Copyright Libero, 1° luglio 2007


Personalmente non sono d'accordo con questa ricostruzione. Chiaramente non ho accesso ad alcuna fonte vaticana per perorare la mia tesi, tuttavia il mio istinto mi suggerisce che nell'articolo di Socci c'e' qualche contraddizione.
La prima e piu' vistosa e' l'affermazione secondo cui i testi delle meditazioni della Via Crucis 2005 sono stati scritti a quattro mani, e cioe' da Giovanni Paolo II e dal cardinale Ratzinger.
Con tutto il rispetto, mi sembra improbabile se non impossibile. Innanzitutto lo stile delle meditazioni e' prettamente "ratzingeriano". Inoltre Papa Wojtyla era molto malato (probabilmente non poteva nemmeno parlare...figuriamoci scrivere!). La malattia del Santo Padre era in uno stadio cosi' avanzato che mi fa escludere che egli abbia partecipato alla redazione delle meditazioni della Via Crucis.
E' mia personale opinione che essi siano frutto esclusivo della penna dell'allora cardinale Ratzinger.
C'e' poi l'ipotesi di Socci per cui il motu proprio di Benedetto XVI sarebbe direttamente collegato a Fatima.
Questa e' un'opinione legittima (anche se difficilmente dimostrabile), pero', anche qui, colgo una contraddizione.
Come mai il motu proprio non e' stato scritto da Giovanni Paolo II se egli conosceva perfettamente il testo del terzo (o quarto) segreto? Come mai non si e' posto rimedio subito alla crisi della Chiesa? La ricostruzione di Socci, mi pare, mette in cattiva luce Papa Wojtyla che, secondo le ragioni esposte, sarebbe rimasto inerte per molti anni, pur potendo emanare il documento di liberalizzazione. Perche' il Papa non lo fece? Perche' avrebbe "scaricato" tutta la responsabilita' sul suo Successore?
Mi sembra una ricostruzione un po' azzardata.
Certamente Papa Benedetto e' molto risoluto e non si lascia intimidire dalla pressioni di personaggi, forse un po' troppo mediatici, pero' affermare che il motu proprio sia direttamente collegato a Fatima e' un po' una forzatura.
Sicuramente si tratta di un documento storico, ma credo che le ragioni che abbiano spinto il Papa ad emanarlo siano diverse, per esempio la tutela delle minoranze, la possibilita', per tutti, di assistere alla Messa con l'antico rito e l'affermazione che il rito tridentino non e' mai stato abolito perche' il Concilio si inserisce nella tradizione e non va nella direzione di una rottura con il passato.
Inoltre le critiche di Joseph Ratzinger nei confronti di una liturgia postconciliare un po' "avventurosa" risalgono a molto prima che egli diventasse Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e cioe' a prima che il futuro Papa Benedetto leggesse il testo del terzo segreto di Fatima.
Lo sbigottimento dell'allora professor Ratzinger di fronte al divieto del Messale antico risale alla fine degli anni 60 e non all'inizio degli anni 80.
Concludendo, l'allora cardinale Ratzinger affermo' che cio' che accadde a Fatima si inserisce nelle cosiddette "rivelazioni private" che in nessun modo vincolano i fedeli cattolici
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Raffaella

7 commenti:

mariateresa ha detto...

sonoc completamente d'accordo con te Raffaella. Man a mano che leggevo l'articolo di Socci mi venivano in mente le stesse obiezioni che hai illustrato tu così bene.Insomma non mi ha convinto,c'è troppo di soggettivo nella sua ricostruzione.E del resto come la pensava sulla vecchia liturgia Benedetto da cardinale lo aveva già spiegato con chiarezza in Rapporto sulla fede, il libro intervista di Messori, che se non sbaglio, è del 1984.
Buona domenica, vado a sentire l'Angelus e grazie ancora per tutto il tuo lavoro che continua impavido nonostante lo sciopero.

Anonimo ha detto...

Buona domenica anche a te, carissima :-))

Luisa ha detto...

Ho stima e rispetto per Antonio Socci. Mi sono spesso ritrovata nelle sue posizioni difese con tanta passione (troppa?),oggi non posso seguirlo nella sua analisi.
Socci sembra così ossessionato dalla sua tesi sul quarto mistero di Fatima che tende a rapportarvi tutto, tutto serve...anche il Motu Proprio!
Condivido in pieno la riflessione di Raffaella, Benedetto XVI fa oggi prova di una grande coerenza con le idee che egli ha sempre espresso. Sono anche sicura,però, che non avrebbe mai imposto alla Chiesa una sua opinione personale,e che è arrivato alla sua decisione dopo essersi messo in preghiera, all`ascolto della volontà di Dio.

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella,
concordo con te e condivido quanto detto da Luisa: questa volta Socci sembra davvero aver preso un abbaglio. E' un passionale e quindi glielo concediamo: ma ultimamente sta esagerando un po'!!!
La linea teologica del Papa mi sembra talmente chiara e nella continuità con quanto detto da diversi anni a questa parte. Per cui la ricostruzione mi lascia quantomeno perplesso. Sarò poi sicuramente un inguaribile fideista: ma il Signore è morto per noi si o no? e di che dobbiamo temere?
ciao

francesco ha detto...

come promesso
no comment
francesco

Anonimo ha detto...

Ossessionato...direi che Luisa ha utilzzato l'aggettivo più apptopriato per Socci. Ossessionato dal quarto segreto e dalla sete di notorietà.
Gianluca

Anonimo ha detto...

Sono concorde con tutti voi riguardo all'ossessione che Socci ha nei confronti di questo presunto quarto segreto di Fatima; la stessa cosa successe prima del viaggio in Turchia......... si può dire che ha sparso terrore su ciò che sarebbe successo più di quanto già non ce ne fosse dopo Ratisbona; infatti, quando poi il viaggio si rivelò un vero e proprio successo internazionale soprattutto a livello diplomatico, allora il buon Socci, si limitò a dire che per grazia di Dio tutto era andato per il meglio. Io temo che Socci per certi versi un'estimatore di Ratzinger ora Benedetto XVI, sia per motivi di visibilità e pubblicità personale, entrato in una spirale che di fatto, tende a far vedere ogni iniziativa di Benedetto, come un qu8alcosa che poi potrebbe portare a chissà quali sciagure. Condivido in pieno quindi il parere di Gianluca e mi astengo a commentare quello di Francesco che sicuramente dietro il Motu Proprio, continua a vedere qualcosa di nefasto ed apocalittico!
Grazie