5 settembre 2007

Beppe Del Colle (Famiglia Cristiana): la legge 194 va rivista


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DUE EPISODI HANNO RISOLLEVATO IL DIBATTITO SULLA 194

È ORMAI TEMPO DI RIVEDERE LA LEGGE SULL’ABORTO

Beppe Del Colle

Nelle polemiche laiciste non si ricorda mai che l’aborto resta la violenta eliminazione di un essere umano vivente; e che la cultura abortista ha fatto molti passi in direzione di una selezione eugenetica.

Due recenti casi hanno risollevato il dibattito sulla legge 194 relativa all’aborto, in particolare l’aborto definito "selettivo". Il primo è quello del piccolo Tommaso, al quale la diagnosi prenatale aveva attribuito una malformazione, ma che, all’atto della sua espulsione prematura dal seno materno in un ospedale fiorentino, è risultato sanissimo, in grado di sopravvivere per qualche giorno, dopo di che è morto. Il secondo caso è quello dell’errore commesso in una clinica di Milano, dove l’aborto selettivo fra una coppia di gemelle, una delle quali era affetta dalla sindrome di Down, ha portato all’eliminazione di quella sana.
La 194 ha 30 anni e la sua applicazione rivela ormai due difetti fondamentali: il primo è che gli articoli 6 e 7, che fissano i limiti terapeutici (circa la salute fisica e psichica delle donne) e temporali dell’aborto, sono superati dal progresso scientifico, che fra l’altro ha anticipato di 2-3 settimane di gestazione (non dopo la ventiduesima) la certezza che il feto abbia raggiunto una capacità di vita autonoma; mentre l’aborto selettivo rimane una tecnica comunque rischiosa, soprattutto in caso di gravidanze gemellari. Il secondo difetto è che in pratica le disposizioni secondo le quali le donne in stato di gravidanza devono essere aiutate prima e dopo il parto, per evitare la decisione comunque dolorosa dell’aborto, sono del tutto disattese dall’ente pubblico, mentre ci pensano solo i Centri di aiuto alla vita, di matrice cattolica. Fra chi, come Eugenia Roccella su Avvenire, propone un "tagliando" per la legge 194 per verificare dove sia possibile e giusto correggerla e migliorarla, e chi è contrario per principio, soprattutto "laico", il ministro della Sanità Livia Turco, pur difendendola, promette un qualche intervento di modifica, con l’aiuto della comunità scientifica.
Le modifiche avverrebbero su tre punti: per stabilire con esattezza quando comincia «l’effettiva possibilità di vita autonoma del feto; per dare indicazioni uniformi ai neonatologi sull’assistenza da garantire al neonato molto pretermine; e per garantire l’appropriatezza delle diagnosi prenatali». Vedremo. Resta il fatto che nelle polemiche di stampo laicista non si ricorda mai che l’aborto resta l’eliminazione violenta di un essere umano vivente; e che la cultura abortista ha fatto nel frattempo nel mondo molti passi in direzione di una vera e propria selezione eugenetica che fa impallidire quella nazista. Con conseguenze negative imprevedibili, ma inevitabili e impressionanti.
Un solo esempio. Per difendersi da una crescita demografica giudicata insostenibile, nel 1979 la Cina comunista decise una misura drastica: le coppie non potevano avere più di un figlio; se non era maschio, potevano tentare una seconda volta: ma se ne fosse venuta un’altra femmina, andava eliminata prima che nascesse, mediante l’analisi prenatale. Così oggi la stessa Cina, non più sostanzialmente comunista, si accorge che il rapporto fra maschi e femmine nella sua popolazione è di 118 a 100 (la media mondiale non supera i 107) e calcola che nel 2020 (dunque fra pochissimo tempo) i maschi fra i 20 e i 45 anni saranno trenta milioni più delle femmine. Per di più, come è ovvio, il progresso della medicina e delle condizioni di vita fanno sì che la popolazione diventi sempre più vecchia e questo, date le proporzioni umane di quell’immenso Paese, costituirà un problema sociale di enorme rilevanza.

Meno nascite, meno possibilità di formare coppie, più vecchi da assistere. Bella prospettiva. L’Italia non è la Cina, certo. Ma guardarci attorno non ha mai fatto male.

© Copyright Famiglia Cristiana, n. 36

5 commenti:

Blog creator ha detto...

Toh'! Rispunta la Cina. Quella bella sana e cara Cina cinicamente arricchita sulla pelle del popolo.

Eh sì, il buon card. Ruini giustamente và a preferire il male minore: la Chiesa è e rimane contro il crimine dell'aborto.
A stare sotto il 'buon consiglio' della nostra amata Chiesa non si sbaglia, mai, solo il nostro libero arbitrio ci devia.

E ritornando alla Cina leggete 'Missione Cina' del p. Bernardo Cervellera (ristampato recentemente sebbene sia un libro abbastanza recente).

Siccome dovrei dirne ancora, ma non ho tempo nè voglio 'sermonare', ricordiamoci sempre di stare all'erta. Comunisti e massoni ci assediano, eccome!

Blog creator ha detto...

Raffaella ti allego questa nota del Papa quando era Cardinale. Puoi togliere il post e inserire il testo dove di aggrada, è pubblico.

Dignità a ricevere la Santa Comunione.

Principi generali

Nota trasmessa dal cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, al cardinale Theodore E. McCarrick, arcivescovo di Washington, e all’arcivescovo Wilton Gegory, presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, giugno 2004

La traduzione, rivista in qualche punto di dettaglio sull’originale inglese, è di Sandro Magister, che per primo ha fatto conoscere questo testo nel 2004 sul suo blog. La lettera è stata inviata in forma “riservata” (confidential) e non è pubblicata nella collezione dei Documenta inde a Concilio Vaticano Secundo expleto edita (1966-2005) della Congregazione per la Dottrina della Fede (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006). La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha più volte fatto riferimento a questo documento in testi e dichiarazioni pubblicati sul suo sito.

1. Presentarsi a ricevere la Santa Comunione dovrebbe essere una decisione consapevole, fondata su un giudizio ragionato riguardante la propria dignità a farlo, secondo i criteri oggettivi della Chiesa, ponendo domande del tipo: “Sono in piena comunione con la Chiesa cattolica? Sono colpevole di peccato grave? Sono incorso in pene (ad esempio scomunica, interdetto) che mi proibiscono di ricevere la Santa Comunione? Mi sono preparato digiunando almeno da un ora?”. La pratica di presentarsi indiscriminatamente a ricevere la Santa Comunione, semplicemente come conseguenza dell’essere presente alla Messa, è un abuso che deve essere corretto (cfr. l’istruzione “Redemptionis Sacramentum”, nn. 81, 83).

2. La Chiesa insegna che l’aborto o l’eutanasia è un peccato grave. La lettera enciclica “Evangelium Vitae”, con riferimento a decisioni giudiziarie o a leggi civili che autorizzano o promuovono l’aborto o l’eutanasia, stabilisce che c’è un “grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di coscienza. [...] Nel caso di una legge intrinsecamente ingiusta, come è quella che ammette l’aborto o l’eutanasia, non è mai lecito conformarsi ad essa, ‘né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio voto’” (n. 73). I cristiani “sono chiamati, per un grave dovere di coscienza, a non prestare la loro collaborazione formale a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la legge di Dio. Infatti, dal punto di vista morale, non è mai lecito cooperare formalmente al male. [...] Questa cooperazione non può mai essere giustificata né invocando il rispetto della libertà altrui, né facendo leva sul fatto che la legge civile la prevede e la richiede” (n. 74).

3. Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto e dell’eutanasia. Per esempio, se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerarsi per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la Santa Comunione. Mentre la Chiesa esorta le autorità civili a perseguire la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell’applicare una pena a criminali, può tuttavia essere consentito prendere le armi per respingere un aggressore, o fare ricorso alla pena capitale. Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte, non però in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia.

4. A parte il giudizio di ciascuno sulla propria dignità a presentarsi a ricevere la Santa Eucaristia, il ministro della Santa Comunione può trovarsi nella situazione in cui deve rifiutare di distribuire la Santa Comunione a qualcuno, come nei casi di scomunica dichiarata, di interdetto dichiarato, o di persistenza ostinata in un peccato grave manifesto (cfr. can. 915).

5. Riguardo al peccato grave dell’aborto o dell’eutanasia, quando la formale cooperazione di una persona diventa manifesta (da intendersi, nel caso di un politico cattolico, il suo far sistematica campagna e il votare per leggi permissive sull’aborto e l’eutanasia), il suo pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull’insegnamento della Chiesa, informarlo che non si deve presentare per la Santa Comunione fino a che non avrà posto termine all’oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l’Eucaristia.

6. Qualora “queste misure preventive non avessero avuto il loro effetto o non fossero state possibili”, e la persona in questione, con persistenza ostinata, si presentasse comunque a ricevere la Santa Eucaristia, “il ministro della Santa Comunione deve rifiutare di distribuirla” (cfr. la dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, “Santa comunione e cattolici divorziati e risposati civilmente”, 2000, nn. 3-4). Questa decisione, propriamente parlando, non è una sanzione o una pena. Né il ministro della Santa Comunione formula un giudizio sulla colpa soggettiva della persona; piuttosto egli reagisce alla pubblica indegnità di quella persona a ricevere la Santa Comunione, dovuta a un’oggettiva situazione di peccato.

[N.B. Un cattolico sarebbe colpevole di formale cooperazione al male, e quindi indegno di presentarsi per la Santa Comunione, se egli deliberatamente votasse per un candidato precisamente a motivo delle posizioni permissive del candidato sull’aborto e/o sull’eutanasia. Quando un cattolico non condivide la posizione di un candidato a favore dell’aborto e/o dell’eutanasia, ma vota per quel candidato per altre ragioni, questa è considerata una cooperazione materiale remota, che può essere permessa in presenza di ragioni proporzionate.]

Anonimo ha detto...

Grazie, Umberto :-))
Credo che il posto giusto per la nota sia nei documenti dell'allora cardinale Ratzinger.
Grazie per la segnalazione :-)

euge ha detto...

Grazie anche da parte mia Umberto per il tuo contributo!!!!!!! leggendola attentamente, soprattutto riguardo al fatto di ricevere consapevolmente l'eucarestia in grazia di Dio beh penso che siamo in pochissimi molti lo fanno per abitudine o solo per distinguersi dagli altri fedeli durante la messa!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eugenia

Blog creator ha detto...

Visto che, i politici sono più o meno tutti cattolici battezzati (con la coerenza che ognuno purtroppo manifesta a discapito dell'anima, perchè poi qui stà il nocciolo - ognuno deve aver riguardo della sua anima, perchè come ben sanno i comunisti, si muore soli), e che in materia di aborto si stà discutendo, non c'è via di mezzo nè di scampo, per il cristiano cattolico.

Quindi Euge resistiamo al dragone.

P.S.: punto 5 (sotto) ribadito per quei prodi che si prodigano a perseverare nell'abbaglio.
5. Riguardo al peccato grave dell’aborto o dell’eutanasia, quando la formale cooperazione di una persona diventa manifesta (da intendersi, nel caso di un politico cattolico, il suo far sistematica campagna e il votare per leggi permissive sull’aborto e l’eutanasia), il suo pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull’insegnamento della Chiesa, informarlo che non si deve presentare per la Santa Comunione fino a che non avrà posto termine all’oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l’Eucaristia.