16 settembre 2007

Messa tridentina: gli articoli del Messaggero, Gazzetta del sud e La Sicilia


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MESSA IN LATINO: LORETO, 700 FEDELI PER PRIMA CELEBRAZIONE

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Castrillon e la messa in latino: «Un rito nel segno dell’unità»

di PIERFRANCESCO GIANNANGELI

LORETO - Nessuna intenzione di dividere, bensì una possibilità di arricchimento spirituale per il popolo dei fedeli. E' la parola "unità" a ricorrere in più passaggi dell'omelia del cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della Pontificia commissione "Ecclesia Dei", che ieri pomeriggio nella basilica inferiore di Loreto ha celebrato il ritorno della messa con rito tridentino. La messa in latino, per intenderci, concessa dal motu proprio "Summorum pontificum" di Benedetto XVI, entrato in vigore appunto ieri. «Un rito tradizionale, venerabile, bello, teologicamente forte» ha detto il cardinale, da più parti indicato come il sottile tessitore della tela che intende riaccogliere sotto le insegne del Vaticano la comunità dei lefebvriani, i tradizionalisti riuniti nel nome del vescovo francese Marcel Lefebvre, che alcuni decenni fa venne scomunicato da Roma.
Un messaggio chiaro, quello lanciato da Castrillon Hoyos, soprattutto a chi, anche dentro la chiesa cattolica, guarda con qualche apprensione e perplessità al ritorno del latino nelle celebrazioni liturgiche. «Siamo qui in comunione con tutta la Chiesa - ha ribadito nelle parole della sua omelia - e sono sicuro che tutti i vescovi del mondo saranno felici di offrire ai fedeli la ricchezza di questo rito. Ringraziamo dunque il Santo Padre per la sua lettera, uscita dal suo cuore di pastore, un documento che va accolto con fede e amore riverente nei confronti del vicario di Cristo». In sostanza, ha spiegato Castrillon Hoyos, ora la liturgia cattolica si può avvalere di due riti: quello ordinario introdotto da Paolo VI nel 1970 e quello straordinario, promulgato da Giovanni XXIII nel 1962. Pari dignità e nessun eccentrico folklore, insomma. «Questo antico rito deve godere dell'antico onore che gli viene tributato dal suo venerabile uso - ha aggiunto il cardinale - e se si preferisce la vecchia forma, non significa che la nuova viene disprezzata. Il Papa non fa andare indietro la Chiesa, ma la arricchisce. Un tesoro antico della chiesa latina ora è un diritto per tutti».

Poi si è rivolto ai fedeli, con una frase che può essere interpretata come il tentativo di sanare una dolorosa ferita, rimasta aperta per molti anni: «Avete sofferto per decenni per celebrare questo rito caro a voi, senza contrapposizioni. Non va mai dimenticato che, indipendentemente dal rito usato, ogni culto deve essere culto celebrato nell'amore di Dio».

Tra i banchi, sotto le volte della moderna architettura della basilica inferiore di Loreto, c'erano molti uomini in abito scuro, alcune donne con il velo nero a coprire i capelli e rappresentanti di diverse confraternite e dei Cavalieri di Malta. Teste imbiancate, ma anche giovani per questa celebrazione voluta dall'associazione "Una Voce Italia" in collaborazione con l'istituto "Cristo Re Sommo Sacerdote", nel giorno della festa dell'Esaltazione della santa Croce. Presenti anche alcuni esponenti del mondo ortodosso russo e greco, da padre Filippo Vassiliev per il Patriarcato di Mosca in Italia, a Ekaterina Soboleva, primo consigliere dell'Ambasciata russa presso la Santa Sede, fino a padre Serafino Corallo, in rappresentanza del metropolita Ghennadios Zervos.

© Copyright Il Messaggero, 15 settembre 2007


Mons. Tavanti: «Più solenne. Gioverà alla nostra fede»

di LAURA BOGLIOLO

ROMA Gli angeli sorridenti della Cappella Borghese hanno accompagnato gli sguardi dei fedeli che hanno seguito ieri alla Basilica di Santa Maria Maggiore la prima messa in latino dopo l'entrata in vigore del 'motu proprio'. Alle 8 le campane hanno svegliato le anime raccolte ed emozionate. «La messa è il cuore della Chiesa e la forza del Cristianesimo, benvenuti, grazie per aver raccolto l'invito» ha spiegato Monsignor Tavanti, canonico della basilica, che ha invitato i presenti all' Introibo ad altare Dei. Sono venuti da Frosinone, Manziana e quartiere periferici della capitale. C'era chi ha preso un'ora di permesso dal lavoro, e chi ricordava il rito seguito da bambino quando faceva il chierichetto in quella stessa cappella. «Durante la messa - ha spiegato il sacrestano padre Angelo Gaeta - ci sono lunghi momenti di silenzio, ci sono le preghiere segrete».
I fedeli hanno seguito la liturgia anche grazie a fogli stampati da internet che ricordavano i passi fondamentali della messa. «E' bene tornare alla tradizione - ha spiegato dopo la liturgia Monsignor Tavanti - proporrò di celebrare la messa in latino più spesso, gioverà alla nostra Fede perché più solenne e intensa».

© Copyright Il Messaggero, 15 settembre 2007


Da ieri in vigore il Motu proprio del Papa che liberalizza il messale pre-conciliare

Messa in latino senza permessi speciali ma con critiche

Città del Vaticano. E' entrato in vigore ieri il Motu proprio «Summorum pontificum» con il quale Papa Benedetto XVI ha voluto liberalizzare il messale pre-conciliare (la cosiddetta messa in latino) andando così incontro alle richieste dei fedeli tradizionalisti. Per marcare l'evento, il cardinale Dario Castrillon-Hoyos, presidente della Pontificia commissione Ecclesia Dei (l'organismo che fu incaricato da Giovanni Paolo II di ricucire lo strappo con gli scismatici di monsignor Marcel Lefebvre), ha celebrato ieri sera in latino nel santuario di Loreto.
«Non è come alcuni sostengono, perché non conoscono la realtà, un tornare indietro», ha affermato il porporato, giovedì, ai microfoni di «Radio vaticana». Illustrando il contenuto del provvedimento papale, Castrillon-Hoyos ha ricordato che la principale innovazione è che ora «i sacerdoti possono decidere, senza permesso né da parte della Santa Sede né da parte del vescovo, se celebrare la Messa nel rito antico». «Non viene imposto niente agli altri», tiene a ricordare il cardinale. «Il Papa non impone l'obbligo. Il Papa impone però di offrire questa possibilità laddove i fedeli lo richiedono».
Pubblicato lo scorso 7 luglio, il Motu proprio ha suscitato la «viva gratitudine» dei «lefebvriani», ora guidati da monsignor Bernard Fellay. I quali, al contempo, hanno rivelato «persistenti differenze» in particolar modo sul piano dottrinale. Pende ancora, sulla loro Fraternità sacerdotale San Pio X, la scomunica in cui incorsero negli anni Ottanta per le ordinazioni di vescovi non autorizzate dal Vaticano. Sullo sfondo la divergenza maggiore il Concilio vaticano II, intepretato dai tradizionalisti come un tradimento della tradizione cattolica. A trattare con Lefebvre, all'epoca, fu il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della congregazione per la Dottrina della fede. Il quale, salito sul soglio pontificio nel 2005, ha da subito espresso il desiderio di una riconciliazione con i tradizionalisti.
Non poche sono state le resistenze, le critiche aperte o sommesse che hanno preceduto, accompagnato e seguito la pubblicazione della «Summorum pontificum». Da ultimi hanno sollevato qualche perplessità la congregazione religiosa dei Dehoniani e l'associazione dei liturgisti. In passato vari vescovi – francesi e statunitensi soprattutto, ma anche italiani – avevano espresso le loro riserve. «Nonostante tutte le critiche che ci sono state», ha detto giovedì il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, rispondendo ad un cronista, «bisogna comprendere il valore di questa connessione tra passato e presente della Chiesa. Non dimentichiamo questo passato – ha aggiunto – e abbiamo rispetto per coloro che vogliono tenerlo vivo nel cuore e nei riti della Chiesa».
Quella di ieri a Loreto non è stata l'unica messa celebrata ieri in latino. Il messale stilato da Pio V nel 1536 ed emendato da Giovanni XXIII nel 1962 (prima, cioè, della riforma liturgica conciliare), viene utilizzato da ieri anche in alcune chiese romane (ad esempio Santa Maria Maggiore) e di altre città d'Italia.

© Copyright La Sicilia, 15 settembre 2007


Una cerimonia molto partecipata

Messa in latino a Loreto in 700 per la celebrazione

Emanuele Oreti

Loreto
Nel giorno in cui è entrato in vigore il motu proprio «Summorum pontificum» di Papa Benedetto XVI, con il quale è stata liberalizzata la messa in latino, il cardinale Dario Castrillon Hoyos ha celebrato la messa pontificale ed il «Te Deum» nella basilica inferiore della Santa Casa. Una cerimonia molto partecipata ed a tratti toccante, alla presenza di oltre 700 fedeli, che si è svolta davanti alle principali cariche delle istituzioni regionali, civili e militari, i rappresentanti delle confraternite e degli antichi ordini cavallereschi. Assente monsignor Danzi, arcivescovo delegato pontificio a Loreto, ma solo per un improvviso impegno. Presenti, fra gli altri, l'ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede, Nikolay Sadchikov, accompagnato dal Console Armando Ginesi. Mezzora dopo l'inizio della celebrazione in latino nell'ampia basilica inferiore, in quella superiore è iniziata la messa con il rito tradizionale, che ha richiamato i fedeli che abitualmente sono legati alla santa messa delle ore 18.30. Una scelta voluta per non modificare proprio l'orario del rito pomeridiano, celebrato nella forma tradizionale. La liturgia "straordinaria" è tutta imperniata sul mistero, sul sacro. È durata oltre due ore: a tutti i presenti è stato distribuito il testo contenente la traduzione in italiano, ma una delle novità più evidenti rispetto al rito "ordinario" è che viene lasciato molto spazio alla preghiera individuale.

© Copyright Gazzetta del sud, 15 settembre 2007

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