5 agosto 2008

Angelus: le impressioni dei pellegrini. L'arcicescovo di Trento parla al Papa di Don De Pretis detenuto ingiustamente a Gibuti (Adige)


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Lungo colloquio stamani a Bressanone tra Benedetto XVI e il cardinale Bertone. Padre Lombardi: domani il Papa si recherà in Val Badia (R.V.)

Benedetto XVI: "Man mano che il nostro sguardo sul passato si fa più largo e consapevole, appare sempre più grande, direi quasi sovrumano, il merito di Paolo VI nel presiedere l’Assise conciliare, nel condurla felicemente a termine e nel governare la movimentata fase del post-Concilio" (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus, Bressanone, 3 agosto 2008)

A caccia di scoop dimenticando l'essenziale: il Papa è uscito per la prima volta! E chi lo dice?

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I pellegrini

È devota a Ratzinger e sicuramente molto documentata. Si chiama Monica Zanella. Ha letto i libri dell'attuale Papa, quando Papa non era ancora. «Benedetto ci dice che dobbiamo essere orgogliosamente cristiani». «I cristiani - aggiunge - non sono mai stati persone qualunque. Il cristianesimo è sempre emerso rispetto alla rimanenza delle altre religioni». «Si va a vedere il Papa per curiosità, ma soprattutto per fede». Nel parcheggio, dove ieri è stato collocato un maxischermo con la diretta Rai della messa e dell'Angelus, abbiamo incontrato don Carlo Speccher, a capo del centro missionario dell'arcidiocesi di Trento. Con lui c'erano uno studente del Ciad (dove lui è stato missionario), Nestor Noudjimondrea, iscritto a Sociologia a Trento, e Barbara Kupiec, studentessa di Lettere a Cracovia. «Era importante venire dal Papa. Ma ciò che conta è il messaggio». Non hanno fatto troppa fatica ad alzarsi presto ieri mattina perché «andare ad ascoltare Benedetto XVI, così vicino a Trento, era doveroso». Parliamo di tre donne - Ardiana Cekay, Alfonsina Viola e Luisa Zeni - che ieri hanno potuto vedere da vicino il pontefice. «Questo - dice la signora Alfonsina - è un periodo molto difficile per la nostra società. C'è tanto sconforto e poca fede. C'è sempre bisogno di un messaggio di speranza e la Chiesa, il Papa, ci dà speranza».

© Copyright L'Adige, 4 agosto 2008

«Aiutate don Sandro»

dall'inviato BRESSANONE

Diamone atto. Al tavolo - attorno al quale sedeva Papa Ratzinger, i cardinali Sepe e Bagnasco, il vescovo Egger e parte della curia altoatesina - sarebbe stato più comodo discettare solo di Cristianesimo in Europa, di Cina, di ambiente e bellezza del Creato (che tra l'altro nell'industrializzata Pechino viene messo a dura prova). Diamone atto. L'argomento - la storia drammatica di un prete trentino, agli arresti con l'accusa infamante di pedofilia - non era dei più facili da affrontare.
L'arcivescovo di Trento - invitato, a sorpresa, a pranzare con il pontefice a Bressanone - ieri a Benedetto XVI ha parlato di don Sandro De Pretis, dal 28 ottobre privato della sua libertà dal regime di Gibuti. Forte anche del lavoro svolto dal direttore di Vita Trentina don Ivan Maffeis - che lo scorso autunno ha avviato una campagna per sensibilizzare l'opinione pubblica e la politica - Bressan ha chiesto l'intervento della diplomazia vaticana per porre fine al dramma del sacerdote.
L'arcivescovo ha accennato alla questione subito dopo l'Angelus, sull'altare. «Ho chiesto la benedizione del Santo Padre sulla nostra diocesi - racconta - chiedendogli una preghiera particolare per don Sandro. Il Papa è rimasto visibilmente colpito nell'apprendere che un nostro sacerdote vive una situazione di profonda ingiustizia da così tanti mesi. Ha assicurato la sua condivisione e il suo ricordo, invitandomi ad inviare il dossier alla Segreteria di Stato». Il dossier al quale si riferisce l'arcivescovo è fatto di sessanta pagine: contiene il reportage e gli articoli pubblicati dal settimanale diocesano Vita Trentina, con una cronologia ragionata degli avvenimenti, l'appello pubblicato sul sito internet www.vitatrentina.it, molti attestati di solidarietà (5.218 sono le firme di adesione all'appello per la liberazione di don De Pretis; in febbraio sono state consegnate al presidente Napolitano), qualche lettera filtrata dal carcere dello stesso don Sandro, fino alle interrogazioni presentate al parlamento italiano e a quello europeo e quindi ai passi compiuti dalla Farnesina.
Completa il dossier anche una rassegna stampa, che raccoglie alcuni articoli dei media locali (l'Adige, Trentino, Corriere del Trentino, Rai3 Regione, Rttr, Tca, Radio Studio Sette, Rtt, Radio Dolomiti), nazionale e internazionale (Radio Vaticana, Sir, Unimondo, Nigrizia, Misna, Fides, Korazym.org, Avvenire, Corriere della Sera, Libero). «Confidiamo che anche il passo compiuto con il Santo Padre - conclude l'arcivescovo - avvicini la conclusione di questa ingiusta vicenda. In questi mesi le accuse che erano state mosse al nostro missionario sono cadute una sull'altra, confermando che il procedimento a suo carico serve unicamente a dilazionare altri processi, rispetto ai quali egli è assolutamente estraneo». In gennaio era stato don Maffeis a parlare di complotto e soprattutto a fare il nome del «mandante»: il presidente della Repubblica di Gibuti, Ismail Omar Guelleh.
Ha spiegato che don De Pretis è vittima di un disegno per proteggere il regime di Gibuti dove, nel 1995, il magistrato cattolico Bernard Borrel - che stava indagando sul traffico di armi tra la Francia e lo stato africano - venne trovato in un dirupo. Il corpo era bruciato. Si parlò di suicidio (le autorità dissero che era coinvolto in giri pedofili), ma recentemente il governo francese si è impegnato per conoscere i dettagli della vicenda. «L'arresto di don Sandro - aveva detto don Maffeis all'Adige - è una reazione alla presa di posizione della Francia. Gibuti non accetta che venga messa in discussione la teoria del suicidio: si vuole dimostrare che nel paese c'era un grosso problema di pedofilia cattolica. E così si è messo in galera il prete missionario - l'unico presente anche nel 1995 - e si è giocato sulla stessa accusa di pedofilia». «Esorto la comunità trentina - ha detto ieri l'arcivescovo - a continuare a ricordare con affetto don Sandro, in attesa di poterlo riabbracciare in questa sua terra come anche di rivederlo poi ripartire, se tale continuerà ad essere il suo desiderio, per l'Africa». Intanto dall'Africa non arrivano notizie. A.Tom.

© Copyright L'Adige, 4 agosto 2008

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