27 agosto 2008

India, Mons. Cheenath: "La missione di carità un'imperdonabile colpa per gli estremisti" (Osservatore Romano)


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Colloquio con l'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar

La missione di carità un'imperdonabile colpa per gli estremisti

di Roberto Sgaramella

"Sono molto preoccupato per la situazione dei cattolici nella mia diocesi e vorrei essere ora lì presente. Purtroppo le violenze anti-cristiane sono scoppiate proprio nel momento in cui ero appena giunto qui in Kerala per partecipare alla celebrazione dell'anniversario d'ordinazione di un mio confratello che qui svolge la sua missione. Conto di ripartire oggi stesso, o al massimo domani, per raggiungere la mia sede vescovile": questo è quanto dichiara, nel corso di una conversazione con il nostro giornale, monsignor Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar. Il presule tuttavia sottolinea di essere in costante contatto telefonico con i suoi collaboratori e di seguire attentamente l'evolversi dei tragici eventi.
Secondo monsignor Raphael Cheenath, i gravi disordini scoppiati in seguito all'uccisione del leader religioso induista Swami Laxmanananda Saraswati sono il proseguimento di quelli già avvenuti tra fine dicembre 2007 e inizio gennaio 2008. Anche allora la scintilla che fece esplodere la tensione fu un attentato a cui il leader religioso del movimento anti-conversioni era scampato nel giorno di Natale, 24 dicembre, nei pressi del villaggio di Brahmanaigon. Per gli estremisti induisti bastò allora la coincidenza dell'agguato con la maggiore festività religiosa dei cristiani per incitare la folla ad assalire e distruggere chiese e istituti gestiti dai cattolici.
"Tuttavia - sottolinea monsignor Raphael Cheenath - il livello di violenza ha compiuto un balzo in avanti: mentre allora la rabbia degli estremisti aveva trovato sfogo nella distruzione dei beni dei cattolici, ora invece è diretta contro le persone. Il numero delle vittime non è ancora definitivo. Ho ricevuto notizia che ci sono state cinque vittime e numerosi feriti, alcuni in gravi condizioni. Prego Dio che tutto questo abbia subito fine e si torni alla ragione. Nutro il massimo rispetto per i religiosi induisti, tra cui anche il leader assassinato, e credo che anche tra loro vi siano dei moderati che rispettano il nostro impegno a favore dei poveri. Non bisogna però tacere che c'è chi usa il pretesto pseudo-religioso per scopi di carattere politico. I cattolici dell'Orissa sono una piccola comunità, circa l'uno per cento della popolazione. I nostri fedeli sono tutti per una convivenza pacifica con gli appartenenti agli altri credi e hanno, quando è possibile, buoni rapporti con i vicini induisti".
A monsignor Raphael Cheenath chiediamo se ha notizie sulla sorte dei bambini fuggiti dall'orfanotrofio di Panampur, nel distretto di Bargarh, dove è tragicamente perita nel rogo dell'edificio Rajnie Majhie, la giovane collaboratrice laica che aiutava padre Eduard Sequera e altre suore lì presenti nella cura dei piccoli.
"Ho parlato con monsignor Babu. Mi ha riferito che la giovane missionaria laica è morta per essere rimasta indietro nell'edificio già in fiamme mentre tutti fuggivano all'esterno. Probabilmente il suo zelo l'aveva spinta ad accertarsi che tutti i piccoli orfani fossero effettivamente usciti.
Anche padre Eduard è rimasto ustionato per lo stesso motivo. Oltre alle ustioni, è stato picchiato con ferocia dagli estremisti induisti che avevano appiccato il rogo. I bambini insieme ad alcune suore si sono probabilmente nascosti nelle piantagioni delle vicinanze. Tuttavia finora non posso dire nulla di preciso sulla loro sorte. Prego Dio che protegga queste vite innocenti".
Monsignor Raphael Cheenath ci dà anche notizie di padre Thomas, direttore del centro di pastorale per la diocesi di Cuttack-Bhubaneswar. "È sicuramente fuggito per scampare alla folla di fanatici induisti radunatasi all'esterno dell'edificio per appiccare il fuoco. Ho avuto con lui una concitata conversazione telefonica. Mi ha descritto con angosciate parole l'evolversi degli eventi. Gli ho raccomandato di pregare intensamente e di mettersi in salvo. Per quanto ne so, il centro pastorale ha subito danni gravissimi, forse irrimediabili. Questa era un'opera che era costata tanti sacrifici ai fedeli delle mia diocesi. Eravamo molto orgogliosi dell'opera realizzata".
Interroghiamo monsignor Raphael Cheenath su quel che lui pensa circa i veri motivi di questa ondata di violenza contro la minoranza cattolica in Orissa. "Ho idee precise a proposito - afferma l'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar -. Ci sono forze ultra-conservatrici che usano pretesti pseudo-religiosi, come le presunte conversioni forzate, per imporre il loro controllo sulla società. Le folle li seguono in buona fede, spesso manipolate da false informazioni. Noi cristiani, i cattolici in particolare, veniamo perseguitati soprattutto per il nostro impegno sociale in favore dei più poveri. Mi sembra evidente che c'è chi ha interesse a tenere i contadini e i fuori casta in uno stato di perenne soggezione. Noi cattolici non abbiamo mai fatto opera di proselitismo ma abbiamo sempre dato il buon esempio nelle opere assistenziali. Penso che per questi personaggi che soffiano sul fuoco questo nostro atteggiamento caritatevole sia un'imperdonabile colpa".

(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2008)

Rispetto verso la figura di Swami Laxmanananda Saraswati ma rincrescimento per le violenze anticristiane seguite al tragico evento

La condanna dei vescovi dell'India per l'uccisione del leader induista

Bhubaneswar, 26. Ferma condanna e profonda tristezza per l'uccisione del leader religioso induista Swami Laxmanananda Saraswati, verso la cui persona si esprime rispetto, e di altri suoi quattro collaboratori, ma anche deplorazione per le violenze seguite all'attentato che hanno provocato numerose vittime tra la comunità cattolica dello Stato di Orissa: questo il contenuto di un comunicato diffuso a nome del cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, in qualità di presidente della Conferenza episcopale dei vescovi dell'India.
Analoga condanna per l'uccisione del leader religioso induista e per le violenze seguite è stata anche espressa da monsignor Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, nel cui territorio è avvenuto l'attentato e la violenta reazione scatenatasi contro la comunità cattolica.
Anche altre organizzazioni cristiane, tra cui varie Chiese riformate, hanno espresso condanna per l'attentato di cui è rimasto vittima Swami Laxmanananda Saraswati e biasimo per le violenze tuttora in atto. Tra queste la "All India Christian Council", la "Evangelical Fellowship of India", il "Global Council of Indian Christians" e "Prashant", un centro di integrazione e sviluppo sociale gestito da appartenenti alla Compagnia di Gesù nello Stato indiano del Gujarat.
Swami Laxmanananda Saraswati, di oltre ottant'anni, è stato il fondatore dell'Ashram di Phulbani e leader religioso di riferimento del Vishwa Hindu Parishad, movimento politico d'ispirazione induista. Swami Laxmanananda Saraswati era anche il leader del movimento anti-conversioni nel distretto di Phulbani nello Stato indiano di Orissa.
Nella sua vita, Swami Laxmanananda Saraswati si era posto al servizio delle comunità tribali della regione di Phulbani. Questa sua devozione spirituale e caritativa gli aveva fatto guadagnare la stima anche da parte degli appartenenti ad altre confessioni.
Nonostante il generale rispetto verso il suo ruolo e la sua persona, Swami Laxmanananda Saraswati aveva già subito degli attentati a cui era scampato fortunosamente anche se ferito. L'ultimo di questi falliti attacchi era avvenuto lo scorso 24 dicembre mentre viaggiava in auto insieme all'autista nei pressi del villaggio di Brahmanaigaon, nel distretto di Kandhamal. Anche allora vi furono violente dimostrazioni da parte di gruppi induisti estremisti contro i cristiani dell'Orissa in seguito alla notizia. Secondo questi fanatici, la data scelta per l'attentato, il 24 dicembre giorno del Natale dei cristiani, era un chiaro indizio del coinvolgimento di questi nell'attentato.
Swami Laxmanananda Saraswati aveva dichiarato recentemente di aver subito altri otto precedenti attentati e aveva lanciato un appello alle autorità per una maggiore protezione della sua persona.

(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2008)

Attenzione, pero', a non essere e/o ad apparire troppo remissivi...
R.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella, ti segnalo da il sussidiario.net l'editoriale Diritti umani: ascoltiamo il richiamo del Papa di Lorenzo Albacete e l'intervista a Mons. Paul Hinder: Ratisbona ha riaperto il dialogo con l'Islam.
Alessia

Raffaella ha detto...

Grazie Alessia :-))