26 agosto 2008

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Il ripudio della violenza

Dall'India, dal Caucaso, dall'Africa si levano segnali allarmanti che si aggiungono ad altre situazioni di sofferenza e conflitto già in atto da lungo tempo nel Vicino e Medio Oriente.
Benedetto XVI ha posto tempestivamente il problema fino a parlare del "rischio di un progressivo deterioramento di quel clima di fiducia e di collaborazione tra le nazioni che dovrebbe invece caratterizzarne i rapporti".
Il Papa non ha una visione idilliaca della situazione internazionale e misura anzi "tutta la fatica dell'umanità a formare quella coscienza comune di essere "famiglia delle nazioni" additata da Giovanni Paolo II quale ideale delle Nazioni Unite. E allo stesso tempo sollecita una svolta all'iniziativa politica e diplomatica per "scongiurare il ritorno a contrapposizioni nazionalistiche che tanto tragiche conseguenze hanno prodotto in altre stagioni storiche".
Oggi più che mai si deve respingere "la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi", che nella soluzione delle controversie tra i popoli mette al primo posto il ricorso alla violenza. Le principali strade da percorrere "con tenacia e creatività" sono, invece, "la forza morale del diritto, trattative eque e trasparenti per diminuire le controversie a partire da quelle legate al rapporto tra integrità territoriale e autodeterminazione dei popoli, fedeltà alla parola data, ricerca del bene comune". La creatività proposta dal Pontefice non è sinonimo di improvvisazione, ma piuttosto audacia nel rispondere alle nuove sfide. In aggiunta alle iniziative di buon governo, Benedetto XVI invita i credenti alla preghiera perché quanti nella comunità internazionale sono rivestiti di maggiore responsabilità "vogliano operare con generosità per ripristinare le superiori ragioni della pace e della giustizia". Inserire la preghiera nel punto in cui le forze della politica sembrano bloccate non è una fuga.
Nell'ottica di papa Benedetto la preghiera non sostituisce la responsabilità, ma nasce dallo stretto collegamento dell'orizzonte umano al trascendente, quel collegamento che aiuta a leggere gli eventi con minore pessimismo.
Nello stesso Angelus di domenica il Papa chiarisce l'unità nella distinzione tra impegno storico e fedeltà religiosa tipica della visione cristiana.

Presenta infatti la missione della Chiesa come "attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l'umanità intera in un'unica famiglia". Per questo il ministero di Pietro è quello di vigilare perché la Chiesa "non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere presente fra gli uomini, segnati da innumerevoli divisioni e contrasti, la pace di Dio e la forza innovatrice dell'amore". È una lettura della Chiesa e del servizio petrino che aiuta a capirne la libertà di spirito.

Fede e ragione, binomio che guida il magistero dell'attuale Pontefice, non si applica solo a temi speculativi, ma alla storia umana di ogni giorno. Ai cristiani in particolare il Papa richiede un supplemento di impegno: quello della testimonianza affinché la Chiesa possa essere vista davvero come casa di tutti e non in competizione con alcuno.

La preoccupazione della testimonianza di una vita ispirata al Vangelo da anteporre a ogni altro mezzo per la credibilità della Chiesa e per il protagonismo dei cristiani nel mondo, viene evocata anche nel messaggio del cardinale segretario di Stato al Meeting di Rimini. Non è una casualità che il cardinale Bertone, in un testo segnato dalla preoccupazione educativa, ribadisca l'insegnamento che più sembra stare a cuore a Benedetto XVI nella sua azione riformatrice: la credibilità di Dio in un mondo che fatica a incontrarlo, è affidata sempre, ma in maniera speciale oggi, alla credibilità dei cristiani. Il segretario di Stato propone addirittura il modello dell'apostolo Paolo. E dopo di lui, di altri santi, "uomini e donne, che molto spesso hanno vissuto la loro fedeltà a Dio in maniera discreta e ordinaria". Dando così, senza curarsi dei riflettori mediatici, un contributo al cammino positivo della storia.

c.d.c.

(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2008)

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