25 agosto 2008

Vian: "Ecco la sfida che il Papa lancia ai partecipanti al Meeting" (Sussidiario)


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Giovanni Maria Vian

La lettera che il cardinale segretario di Stato ha inviato al vescovo di Rimini, ordinario del luogo dove si svolge ormai da quasi trent’anni l’iniziativa del Meeting, porta un messaggio molto significativo. Non si tratta di un testo di circostanza, poiché entra nel pieno di una questione che sta molto a cuore al Papa, come si evince chiaramente dal contenuto e dal tono di questa lettera che a suo nome il cardinale Bertone ha scritto.

Questo tema è l’educazione: un tema che, come la maggior parte delle cose che più stanno a cuore a Benedetto XVI, interessa tanto i cattolici quanto chi cattolico non è. Si tratta infatti di temi che riguardano l’uomo in quanto tale. Allo stesso modo, mi pare di poter dire che sia proprio della tradizione del Meeting centrare temi che non riguardino solo il movimento di Comunione e Liberazione, ma più largamente sia la Chiesa sia le donne e gli uomini del nostro tempo. Del resto credo che fosse un po’ questo lo scopo di don Giussani, e questo spiega il suo seguito come educatore e trascinatore di giovani.

Avremo successo? Lasceremo traccia dopo di noi? È questo che preoccupa l’uomo. Cosa lasceremo? Ma più ancora: come riusciremo a essere felici? Perché quello che va cercando l’uomo è la felicità, come ci ha insegnato la filosofia greca da venticinque secoli, ben prima che arrivasse il cristianesimo. E la felicità, ha scritto Benedetto XVI nella sua prima enciclica, non è un’ideologia, non è una morale, ma una persona.
Mi è sembrato poi molto significativo il richiamo, contenuto nella lettera del cardinale Bertone, alla figura di san Paolo, in questo anno a lui dedicato. Un personaggio storico che, come lo stesso Gesù, apparentemente ha fallito nella sua vita: il brano riportato dalla seconda lettera ai Corinzi – una delle lettere sicuramente autentiche – contiene un tratto autobiografico, che mostra tutti gli insuccessi da lui sofferti. Eppure Paolo è stato fondamentale nel cambiamento introdotto dalla rivoluzione cristiana: senza Paolo il cristianesimo non sarebbe quello che è.

Agli occhi del mondo Paolo sarebbe un “nessuno”, mentre invece è un “protagonista”, perché ha speso tutto se stesso. Prima si era accanito contro i seguaci di Gesù, poi lo ha incontrato in quella maniera misteriosa e folgorante che gli ha cambiato la vita.

E a quel punto ha speso tutto se stesso per annunciare Cristo e il suo Vangelo. Un annuncio e una predicazione che rappresentano una totale continuità con il Gesù storico, da cui Paolo non è separabile, come invece spesso si è voluto fare, così come si è voluto separare il Gesù della storia dal Cristo della fede.
Da ultimo, nella lettera si parla di «umile protagonismo». Un ossimoro interessante: essere qualcuno, ma qualcuno al servizio. E questo nasce da un’esperienza: «venite e vedete» è l’invito di Gesù nel vangelo di Giovanni. E l’esperienza dice che proprio quando si serve si è qualcuno. Come la missione che il Papa affida a Comunione e Liberazione: essere al servizio della Chiesa.

© Copyright Il Sussidiario, 25 agosto 2008 consultabile online anche qui.

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