16 settembre 2008

Il Papa controcorrente con il passo del pellegrino (Corradi)


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CONTROCORRENTE CON IL PASSO DEL PELLEGRINO

MARINA CORRADI

C’è un filo, che dalla platea di intellettuali del Collegio dei Bernardini a Parigi a Lourdes Benedetto XVI va svolgendo in Francia – in quella Francia che è cuore, e storicamente patria, del­l’Europa secolarizzata.
Il filo comincia da una espressio­ne che il Papa venerdì a Parigi ha indicato come il motore della cul­tura monastica alle radici del­l’Occidente. I monaci medioeva­­li, ha detto, non avevano inten­zione di creare una cultura. Il lo­ro obiettivo era semplicemente ' quaerere Deum', cercare Dio: «Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, es­si volevano fare la cosa essenzia­le: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane per sempre». Non, però, ha aggiunto Benedet­to, che in questa ricerca i mona­ci guardassero solo alla morte, o alla fine del mondo, a futuri di­sincarnati aldilà. Cercavano, in­vece, da uomini vivi, dentro la vi­ta. «Dietro le cose provvisorie cer­cavano il definitivo», ha detto il Papa. Dietro le apparenze, le ric­chezze, il potere e perfino l’eru­dizione fine a se stessa, nei mo­nasteri medioevali si tendeva a ciò che apparenza non è, a ciò che è vero.
Poi, ieri davanti ai 260 mila della Messa agli Invalides è risuonata la Prima lettera ai Corinzi, il «fug­gite l’idolatria» di Paolo. «Il mon­do contemporaneo non si è for­se creato i propri idoli? Non ha forse imitato i pagani dell’anti­chità, distogliendo l’uomo dal suo vero fine, dalla felicità di vi­vere eternamente in Dio?», ha do­mandato il Papa alla folla. Indi­cando in quegli idoli (eidolon, immagini, fantasmi) l’inganno che distoglie dalla realtà, per con­finare l’orizzonte degli uomini nella apparenza. L’inganno anti­co contro cui nei monasteri me­dioevali si combatteva, cercando, dietro ciò che passa, ciò che e­ternamente rimane.

Ad ascoltare il Pontefice c’erano moltissimi ragazzi (con sorpresa delle testate laiche francesi, co­me 'Liberation', che venerdì a­veva titolato ironica sotto la foto del Papa: «Mission impossible»).

Un sacco di ragazzi, come anche la sera prima, alla veglia a Notre Dame.
E per due volte in due gior­ni Benedetto XVI ha ripetuto la stessa esortazione: «Non abbiate paura!». Non abbiate paura a vi­vere il Vangelo, o a seguire una vo­cazione al sacerdozio che inte­riormente avvertite. Non abbia­te paura – questa sfida già pos­sente nelle parole di Giovanni Paolo II – a ribellarvi agli idoli che vi vengono imposti, non abbiate paura a andare contro a corren­te. A cercare, dietro il provvisorio, ciò che nemmeno la morte può cancellare.
Poi, il Papa ieri sera è arrivato a Lourdes.
Luogo, ha detto, «di straordinaria prossimità fra il cie­lo e le terra», dove ancora oggi, 150 anni dopo le apparizioni, mi­lioni di uomini vanno pellegrini ogni anno. Dai dotti del Collegio dei Bernardini alla folla metro­politana degli Invalides, a un po­polo di fedeli che magari non sa di monachesimo medioevale, e di idoli: ma semplicemente, u­milmente domanda. Allungando le mani, a bagnarle alla sorgente della grotta, a bere; o accenden­do, come ieri sera, le fiaccole che illuminano la sterminata proces­sione aux flambeaux.
«Questo camminare nella notte, portan­do la luce, dice molto di più che ogni altra parola pronunciata o intesa», ha detto Benedetto XVI. «Questo gesto riassume da solo la nostra condizione di cristiani in cammino. Abbiamo bisogno di luce e nello stesso tempo siamo chiamati a divenire luce».
Imma­gine diventata carne, la scia lu­cente nella notte di Lourdes, di quel cercare nel buio e nel ru­more, oltre ciò che illusoriamen­te si possiede. Cercare la luce, e portarla. Ciò che fu il quaerere Deum dei monaci, che quasi sen­za averne coscienza in questa do­manda fondarono l’Europa cri­stiana – lasciandosi alle spalle for­tune e ricchezze e ambizioni, cer­ti che ben altro occorresse inse­guire. Francia delle chiese vuote, anno 2008, dalla assemblea del­la intellighenzia parigina a Notre Dame, agli Ivalides, a Lourdes, dal Papa una parola: cercate ciò che è vero. Oltre gli idoli, ciò che re­sta per sempre.

© Copyright Avvenire, 14 settembre 2008

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