11 ottobre 2008
Sinodo dei vescovi: sintesi degli interventi di Mons. Paglia e di Mons. Coccopalmerio (Avvenire)
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Paglia: ogni cristiano abbia in casa la Bibbia
Pubblichiamo una sintesi dell’intervento di monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Federazione Biblica Cattolica, all’ottava Congregazione generale
È urgente una nuova Pentecoste. Dobbiamo uscire dal cenacolo e predicare ai «70 popoli» – a tutti i popoli della terra – l’unico Vangelo nelle diverse lingue. E si apre già una sfida: le lingue sono più di 6.000, ma la Bibbia è stata tradotta interamente solo in 480 lingue, e il Nuovo Testamento in 1.168. Ne restano più di 4.000. Abbiamo davanti un impegno, anche di carattere economico. E per alcune lingue si può ripetere l’avventura di essere codificate con la traduzione della Bibbia. Ovviamente la sfida è di ordine pastorale. L’accordo tra la Federazione Biblica cattolica e le Società Bibliche è un piccolo esempio di comunione anche nel campo ecumenico. C’è bisogno che dal Sinodo emerga un nuovo entusiasmo per le Scritture. Lo diceva già il beato Giovanni XXIII. Le condizioni ci sono perché tale entusiasmo incontri l’attenzione della gente. L’inchiesta promossa dalla Federazione Biblica mostra il favore che la Bibbia riscuote presso tutti. La maggioranza degli intervistati nei sedici Paesi del mondo ove è stata svolta l’inchiesta ritiene che sarebbe opportuno che la Bibbia fosse insegnata nelle scuole. Nello stesso tempo però tutti ritengono che la Bibbia sia difficile da capire e richiede aiuto per essere compresa. Si potrebbe dire: i dati confermano che la Sola Scriptura non basta. C’è bisogno di accompagnamento. È la vera sfida che abbiamo davanti.
Ma non dobbiamo aver paura di ridonare la Bibbia nelle mani di tutti, non solo dei fedeli. Purtroppo, se da una parte è vero che spesso c’è la Bibbia nelle case, è rarissimo che i singoli cristiani abbiano ciascuno la loro propria Bibbia, quella personale. A mio avviso dovrebbe essere uno degli obiettivi del Sinodo. Del resto se la Bibbia, come dicono i Padri, contiene «La lettera di amore di Dio agli uomini », perché ritardarne o, peggio ancora, evitarne la consegna? Semmai, è chiesto a noi di raddoppiare l’impegno per accompagnarne la lettura. La gente deve apprendere a pregare con la Bibbia. Purtroppo, l’inchiesta fa emergere che è solo una piccolissima minoranza a farlo. È invece proprio questo che dobbiamo proporci: aiutare i nostri fedeli e tutti coloro che si avvicinano al testo biblico ad entrare nel misterioso e salvifico colloquio che intesse l’intera Scrittura. La frequentazione della Bibbia allarga la mente e riscalda il cuore.
© Copyright Avvenire, 11 ottobre 2008
Coccopalmerio: capire che è Dio a parlare
Pubblichiamo una sintesi dell’intervento di Francesco Coccopalmerio presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi durante la settima Congregazione generale.
Nella esposizione delle 'ragioni dottrinali' – come si dice nel primo testo sopra citato – dovremmo evitare di riesporre il complesso di tali ragioni dottrinali, ma limitarci all’essenziale e al discorso semplice. Proviamo a metterci dinanzi ai fedeli delle nostre parrocchie, fedeli nella generalità dei casi di media istruzione teologica, e proviamo a spiegare a loro alcune ragioni dottrinali, che facciano capire che cosa è la Sacra Scrittura e quindi muovano il desiderio di frequentarla. Ci sono frasi incisive come quella di San Cipriano, opportunamente citata al n. 25 verso la fine: «quando leggi, è Dio che parla con te». Se veramente i nostri fedeli capissero questo, succederebbe una rivoluzione nella loro vita nei confronti della lettura della Bibbia.
Nella scelta dei risultati da ottenere, dovremmo indicare alcune prassi molto importanti, ma anche molto semplici. Mi permetto di elencarne alcune che a me sembrano tali. Su questi obiettivi dovremmo però ottenere l’impegno convinto di tutte le diocesi, le parrocchie, le comunità. Ma ora vorrei proporre qualcosa di più specifico, ovvero, di più attinente al mio particolare lavoro nella Curia Romana e in servizio del Papa. Come presidente del Pontificio Consiglio per i testi Legislativi e quindi responsabile che la legislazione della Chiesa sia sempre aggiornata, mi chiedo se da una assise così importante e su un tema così determinante per la vita della santa Chiesa non possa e non debba venire anche un apporto significativo alla Legge della Chiesa stessa, in modo del tutto particolare nel Codice di diritto canonico.
Per chiarire il pensiero porto un esempio assolutamente elementare. Il can. 276 sulla vita spirituale dei chierici così si esprime: «[I Chierici] alimentino la propria vita spirituale alla duplice mensa della Sacra Scrittura e dell’Eucaristia...» (§ 2, n. 2). Il testo è pregevole, ma si riferisce solo alla celebrazione dell’Eucaristia. Quando poi si viene a parlare di preghiera personale si afferma solo: «sono sollecitati ad attendere regolarmente all’orazione mentale» (§ 2, n. 5). L’espressione «orazione mentale» è assolutamente chiara, però è datata. Potrebbe, invece, essere questo il luogo in cui «esortare i chierici a praticare quotidianamente la lectio divina». In definitiva la mia proposta è che le conclusioni del Sinodo, con il consenso del Santo Padre, diventi anche compito di riflessione affidato ai dicasteri della Curia, con il servizio speciale di stimolo e di coordinamento del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, perché propongano al Legislatore supremo i necessari adattamenti alle norme della Chiesa per quanto riguarda il particolare ambito della Parola di Dio.
© Copyright Avvenire, 11 ottobre 2008
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