11 luglio 2007
Aggiornamento della rassegna stampa dell'11 luglio 2007 (2)
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Rassegna stampa dell'11 luglio 2007
Aggiornamento della rassegna stampa dell'11 luglio 2007
Maga Maghella ha colpito ancora
I titoloni dei giornaloni di domani (di Maga Maghella)
SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"
IL TESTO DEL MOTU PROPRIO (in italiano)
LA LETTERA DEL SANTO PADRE AI VESCOVI PER PRESENTARE IL MOTU PROPRIO.
ECCO LA VERA FACCIA DI MELLONI
IL PAPA IN CADORE: LO SPECIALE DEL BLOG
Radio Vaticana intervista Mons. Amato sul documento della congregazione per la dottrina della fede
Il Concilio Vaticano II non ha cambiato la dottrina della Chiesa
Documento vaticano sulle Chiese: un servizio obiettivo
Il Vaticano: «Quella cattolica è l’unica Chiesa di Cristo»
di Andrea Tornielli
L’unica Chiesa di Cristo, «comunità visibile e spirituale» continua e permane nella Chiesa cattolica. Le altre Chiese e comunità ecclesiali non cattoliche hanno in sé elementi «di santificazione e di verità», ma anche delle «carenze». Lo ha riaffermato ieri la Congregazione per la dottrina della fede in un testo intitolato «Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa». Il documento, i cui contenuti erano stati anticipati dal Giornale la scorsa settimana.
La nota, sotto forma di risposte a cinque quesiti, è stata approvata da Benedetto XVI. Non innova in nulla ed è stata preparata per puntualizzare e correggere «nuovi contributi non sempre immuni da interpretazioni errate che suscitano perplessità e dubbi». Si spiega innanzitutto che il Concilio non ha voluto cambiare «né di fatto ha cambiato la dottrina sulla Chiesa», ma l’ha «solo sviluppata e approfondita». Quindi si ripete la corretta interpretazione della frase della costituzione conciliare Lumen gentium secondo la quale «la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica», spiegando che la «sussistenza» rappresenta la «perenne continuità storica e la permanenza di tutti gli elementi istituiti da Cristo nella Chiesa cattolica, nella quale concretamente di trova la Chiesa di Cristo su questa terra». La Chiesa di Cristo «è presente e operante» anche nelle altre confessioni cristiane, ma il «sussiste» è attribuibile «esclusivamente alla Chiesa cattolica». C’è dunque «piena identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa cattolica», anche se «al di fuori della sua compagine» si trovano «numerosi elementi di santificazione e verità».
Il documento precisa poi che il Concilio ha attribuito il nome di Chiese alle comunità orientali separate, perché esse hanno la successione apostolica e «veri sacramenti» e sono perciò «Chiese particolari o locali», «sorelle delle Chiese particolari cattoliche». Ma precisa anche che la comunione col vescovo di Roma, «capo visibile della Chiesa», non è un «complemento esterno alla Chiesa particolare, ma uno dei suoi principi costitutivi interni». Qui l’ex Sant’Uffizio sembra rispondere con puntualizzazioni riferibili alle tesi di Joannis Zizioulas, il teologo e metropolita ortodosso che più si è dedicato allo studio del primato e che è arrivato a postularne la necessità.
Per quanto riguarda infine le comunità nate con la Riforma, il documento spiega perché non possano essere definite Chiese: «Secondo la dottrina cattolica, queste comunità non hanno la successione apostolica» e a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale «non hanno conservato la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico». La presa di posizione vaticana è stata accompagnata da un autorevole (e anonimo) commento pubblicato sull’Osservatore Romano, che in più di un passaggio riecheggia il testo di una conferenza tenuta nel 2000 dall’allora cardinale Ratzinger su questo argomento.
Le reazioni non si sono fatte attendere: La Chiesa ortodossa russa «non è d’accordo» con il documento e ricorda che «il principio dell’unicità rivendicato dalla Chiesa cattolica vale a pieno diritto anche per la Chiesa ortodossa». Dura anche la reazione dei copti egiziani: «Parole senza valore», ha commentato il vescovo Morcos Aziz.
© Copyright Il Giornale, 11 luglio 2007
«Nessuno schiaffo alle altre confessioni»
di Redazione
«Non cambia niente, viene soltanto ribadito che la Chiesa di Cristo è presente nella Chiesa cattolica. È l’ennesimo tentativo di chiarire una questione che ciclicamente ritorna...». Padre Adriano Garuti, francescano, per quasi vent’anni capo ufficio della sezione dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede, professore di ecclesiologia e ecumenismo nella Pontificia università lateranense, è un teologo che conosce da lungo tempo il Papa. Una delle prime decisioni prese da Benedetto XVI, quella di rinunciare al titolo di «Patriarca d’Occidente», è nata proprio da una ricerca di Garuti, pubblicata nei primi anni Novanta e rieditata con ampliamenti nei mesi scorsi (Patriarca d'Occidente?, Edizioni studio domenicano, pp. 248).
Questo documento provocherà nuovi problemi al dialogo ecumenico?
«Non vedo perché, dato che nel documento viene riaffermato ciò che la Chiesa ha scritto nei testi conciliari e che i Papi hanno ribadito più volte. Non ci sono cambiamenti. Nel testo del resto si precisa ancora una volta che nelle Chiese e comunità ecclesiali non cattoliche sono operanti elementi della Chiesa di Cristo, la quale però, nella sua pienezza sussiste nella Chiesa cattolica».
E allora perché ripeterle, se sono posizioni già note?
«Il documento spiega che, nonostante la dottrina sia ben chiara, continuano ad emergere interpretazioni sbagliate. E così si pongono domande e dubbi alla Congregazione per la dottrina della fede».
A che punto è il dialogo con l’ortodossia? Ci sono molte attese per la riunione che si terrà Ravenna in autunno: ci dobbiamo attendere passi concreti in avanti?
«Bisogna ammettere che nel lavoro fino a qui svolto non ci sono stati passi significativi. Lo scoglio rimane quello del primato del Papa. Ma questo rappresenta solo la punta di un iceberg. Sotto la superficie c’è un modo diverso di intendere la Chiesa. Gli ortodossi insistono molto sull’idea di Chiesa locale, ma non hanno quella di Chiesa universale e dunque viene negata la possibilità del primato. Bisogna approfondire veramente il problema, alla ricerca di forme del suo esercizio che siano più adeguate».
Papa Wojtyla però l’aveva messo in discussione...
«Non aveva messo in discussione la natura del primato e la sua giurisdizione vera su tutta la Chiesa, ma le forme del suo esercizio. Bisogna studiare il rapporto del primato con la collegialità, cercare organismi nuovi che diano impulso alla collegialità. Ma il primato resta un dogma di fede e la via per tornare all’unità con gli ortodossi non è quella di rieditare la vecchia “pentarchia” cioè i cinque patriarcati, facendo del Papa il patriarca d’Occidente, uno dei cinque. Benedetto XVI ha deciso di rinunciare a quel titolo proprio per segnalare che è necessario prendere altre vie. I problemi non si possono aggirare o ignorare»
© Copyright Il Giornale, 11 luglio 2007
«La Chiesa di Cristo è quella cattolica»
Il documento della Congregazione per la dottrina della fede «Preziose indicazioni per l'ecumenismo che resta una priorità»
Alberto Bobbio
CITTÀ DEL VATICANO La Chiesa fondata da Cristo è una sola ed è la Chiesa cattolica, proprio come dice il Credo, il «simbolo» della fede: «Una, santa, cattolica e apostolica». È questo il nucleo principale del documento pubblicato ieri dalla Congregazione per la dottrina delle fede, firmato dal prefetto, il cardinale William Levada, dal segretario, il vescovo Angelo Amato, e approvato da Benedetto XVI. Il testo è presentato, sull'edizione di ieri pomeriggio dell'Osservatore Romano, da un lungo articolo di monsignor Amato, che ne spiega il contesto e la motivazione.
Il documento della Congregazione risponde ad una serie di quesiti. Nega per prima cosa che il Concilio Vaticano II abbia «cambiato la dottrina circa la Chiesa», ma ha voluto solo «svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente». Cita le parole che Paolo VI pronunciò all'atto della promulgazione della Costituzione sulla Chiesa «Lumen Gentium»: «Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti». Poi ribadisce che Cristo «ha costituito sulla terra un'unica Chiesa, quella che è definita nel Credo, appunto, una, santa, cattolica e apostolica». E questa «Chiesa una sussiste nella Chiesa cattolica». Sussistere, il verbo usato nella «Lumen Gentium», significa che c'è piena identità «tra la Chiesa di Cristo e la Chiesa cattolica» e ciò è epressione ben più forte di dire che la Chiesa di Cristo «è» la Chiesa cattolica. Gli ultimi due quesiti del Documento riguardano ortodossi e protestanti. Quelle ortodosse possono essere considerate «Chiese», perché sono «Chiese sorelle delle Chiese cattoliche», anche se c'è una «carenza» di comunione, poiché esse non riconoscono la successione apostolica del vescovo di Roma, cioè la dottrina del primato, che invece, spiega il Documento di ieri, è un «principio costitutivo interno». Quelle protestanti, invece, non possono essere considerate «Chiese», poiché non hanno il sacramento dell'Ordine, cioè il sacerdozio ministeriale. In pratica non hanno «conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico».
Il documento affronta una discussione forse poco comprensibile alla maggior parte dei fedeli, che in tutte le Messe recitano il Credo, ma cruciale nel dibattito teologico post-conciliare. E monsignor Amato osserva, nell'articolo sull'Osservatore Romano, che non sempre è stato «immune da deviazioni, inesattezze» e da «interpretazioni fuorvianti e in discontinuità con la dottrina cattolica tradizionale sulla natura della Chiesa», e che hanno favorito «letture unilaterali e parziali». Il punto della contesa teologica riguarda perfino l'esistenza di più Chiese fondate da Cristo, oppure il fatto di poter pensare alla Chiesa come una sorta di sommatorie di Chiese sorelle, come sarebbe auspicato, tollerato e promosso da una scivolosa intepretazione del dialogo ecumenico. Monsignor Amato, nel suo articolo, cita il teologo della liberazione Leonardo Boff, secondo il quale la Chiesa cattolica poteva sussistere anche in altre Chiese sorelle e ricorda che nella Notificazione che arrivò a Boff, poi condannato dalla Congregazione della dottrina per la dottrina della fede, venne ribadito che esiste «una sola sussistenza della vera Chiesa», quella cattolica, mentre nelle altre ci sono degli «elementi di Chiesa», che «conducono verso la Chiesa cattolica».
Il dibattito teologico negli anni scorsi su questo punto fu abbastanza ampio e la Santa Sede intervenne più volte. Nel 1996 venne scomunicato il teologo dello Sri Lanka Balasuriya per aver arruffato su alcuni passi importanti del Credo. Poi si pentì e venne riammesso. Toccò poi al gesuita Dupuis per il libro «Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso». Anche lui fece ammenda, ammettendo che «è contrario alla fede cattolica considerare che le varie religioni del mondo» siano «vie complementari alla Chiesa in ordine alla salvezza». Ma il più noto di tutti coloro che furono sottoposti alle critiche della Congregazione della dottrina della fede, presieduta dall'allora cardinale Ratzinger, fu il gesuita indiano Anthony De Mello, autore di best seller fortunatissimi venduti in milioni di copie in tutto il mondo, condannato insieme ai suoi libri dopo la morte nel 1998 con l'accusa di aver dissolto Dio, Gesù e la Chiesa cattolica in una sorta di religiosità cosmica di sapore orientaleggiante e un po' «new age».
Il documento che ha pubblicato ieri la Congregazione serve per ribadire, soprattutto all'interno della Chiesa cattolica e tra i teologi, che tali interpretazioni non sono ammesse, neppure in campo ecumenico. Lo scrive monsignor Amato sull'Osservatore: «I padri conciliari hanno semplicemente inteso riconoscere la presenza, nelle comunità cristiane non cattoliche, di elementi ecclesiali propri della Chiesa di Cristo». Nell'articolo riprende quello che era già stato scritto nella «Dominus Jesus» dal cardinale Ratzinger con l'approvazione di Wojtyla nel 2000, precisando che anche al di fuori della Chiesa cattolica «si trovano parecchi elementi di santificazione e di verità»: «Lo spirito di Dio non ricusa di servirsi di esse come strumenti di salevezza». Vale per le Chiese ortodosse e anche per le comunità protestanti. Il vescovo Amato nega che il documento possa danneggiare l'ecumenismo. Evita «visioni inaccettabili, tuttora diffuse nello stesso ambito cattolico» e «offre preziosi indicazioni anche per il proseguimento del dialogo ecumenico, che resta sempre una priorità della Chiesa cattolica». Ma, sottolinea il segretario della Congreazione per la dottrina delle fede, perché «il dialogo possa essere veramente costruttivo, oltre all'apertura degli interlocutori, è necessaria la fedeltà all'identità della fede cattolica».
© Copyright L'Eco di Bergamo, 11 luglio 2007
Il patriarcato ortodosso di Mosca: nulla di nuovo
Reazioni sostanzialmente critiche dalle altre Confessioni cristiane. Ma i protestanti italiani: testo destinato al dibattito interno
nostro servizio
CITTÀ DEL VATICANO Il patriarcato ortodosso di Mosca dice che non c'è nulla di nuovo, ma rileva che il documento pubblicato ieri dalla Congregazione per la dottrina delle fede non aiuterà il dialogo, in un momento in cui si cerca faticosamente di ricucire una linea comune in ordine alle distanze teologiche. Le reazioni delle altre Chiese cristiane sono sostanzialmente negative, anche se c'è una punta di prudenza nel commentare il testo.
I protestanti italiani, che sono molto critici, fanno anche rilevare che il documento è destinato al dibattito interno della teologia cattolica. Lo dice il pastore Domenico Maselli, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, che tuttavia spiega che il documento «costituisce un vistoso passo indietro nei rapporti tra la Chiesa romana e le altre comunità cristiane»: «Ripete quanto era già contenuto nella Dominus Jesus, ma con una chiarezza insolita». Maselli osserva che «l'unico modo per cercare l'unità è quello di entrare nella Chiesa cattolica». Il documento rischia di segnare una drastica battuta d'arresto sull'ecumenismo a due mesi dall'assemblea ecumenica di Sibiu in Romania, che si aprirà alla fine di agosto. E il dibattito a Sibiu sarà sicuramente segnato dal documento di ieri. Da Mosca è arrivata una critica particolarmente pesante. Ha detto padre Igor Viszhanov, segretario del dipartimento del Patriarcato per i rapporti con l'estero: «La Chiesa cattolica è ferma sulle sue posizioni dall'undicesimo secolo, quando si consumò lo scisma; da allora sostiene le stesse tesi, con le quali la Chiesa ortodossa non è d'accordo».
Anche la Chiesa copta d'Egitto ha reagito duramente alla riaffermazione soprattutto dell'unicità della Chiesa cattolica. Sulla prima pagina del quotidiano egiziano in lingua inglese «Egyptian Mail» di ieri mattina, in seguito alle anticipazioni del documento vaticano, si vede una foto di Papa Benedetto XVI con il titolo «L'obiettivo di quest'anno: i non cattolici». Il vescovo copto Abdel Massih Bassit ha invitato Papa Benedetto XVI «a svegliarsi dal coma», in un'intervista al quotidiano egiziano Al Masri el Yom. Un altro vescovo Morcos Aziz ha definito il documento «parole senza valore». E c'è anche chi ha fatto in Egitto il paragone con le presunte offese all'Islam da parte di Benedetto XVI nel discorso dell'anno scorso a Ratisbona.
Nel mondo protestante le reazioni sono state moltissime e non positive. Il pastore Thomas Wipf, presidente delle comunità delle Chiese protestanti d'Europa, giudica quelli mandati dal documento «segnali sbagliati»: «Le sfide del mondo chiedono a gran voce che le Chiese lavorino insieme. Le vedute dottrinali sono molto importanti, ma non devono spaccare la Chiesa». Il teologo valdese italiano Paolo Ricca boccia l'idea di «un'idea monopolistica del cattolicesimo», che a suo parere è contenuta nel documento della Congregazione vaticana. Ma le sue parole sono particolarmente critiche quando fa rilevare che il testo «chiude le porte che il Concilio Vaticano II sembrava aver aperto»: «È un duro attacco all'identità altrui, anzi è una vera a propria negazione dell'identità delle altre Chiese cristiane». Secondo Ricca gli ortodossi sono per i cattolici «credenti di serie B, mentre i protestanti di serie C». Il segretario dell'Alleanza riformata mondiale, Setri Nyomi, ha scritto ieri sera una lettera al cardinale Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, per avere chiarimenti sul testo della Congregazione. L'Alleanza riformata mondiale da anni intrattiene dialoghi bilaterali con la Santa Sede.
Al. Bo.
© Copyright L'Eco di Bergamo, 11 luglio 2007
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