11 luglio 2007
Eberhard Jungel (teologo protestante): Ratzinger non vuole un ecumenismo di facile compromesso
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RATZINGER: JUNGEL, NON VUOLE ECUMENISMO DI FACILE COMPROMESSO
(ASCA) - Roma, 11 lug - Joseph Ratzinger non vuole frenare l'ecumenismo, ma non vuole un ecumenismo di facile compromesso. Lo afferma Eberhard Jungel, uno dei maggiori teologi protestanti del Novecento, che su questo punto si trova in piena armonia con il suo antico collega di insegnamento a Tubinga, divenuto papa nel 2005. L'opinione di Jungel compare in una breve pubblicazione dell'editrice evangelica Claudiana che descrive il suo percorso teologico in forma di intervista curata da Fulvio Ferraro. Il volumetto (92 pagine fresche di stampa, al prezzo di 7,50 euro) ha come titolo ''L'avventura di pensare Dio''. Di grande attualita', oggi che si registrano svariate polemiche suscitate dalle risposte a cinque quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa pubblicati ieri dal dicastero vaticano per la Dottrina della fede. Il documento vaticano ripropone la dottrina del Concilio sulla Chiesa affermando che la vera Chiesa di Cristo sussiste solo nella Chiesa Cattolica, mentre nelle Chiese ortodosse manca la comunione con il successore di Pietro e le comunita' cristiane nate dalla Riforma , mancando della successione apostolica sono prive di un elemento costitutivo per essere Chiesa e quindi vengono considerate ''Comunita' ecclesiali'' dall'insegnamento conciliare e postconciliare. ''Nonostante queste chiare affermazioni abbiano creato disagio nelle Comunita' interessate e anche in campo cattolico, non si vede d'altra parte - si legge in un articolo di spiegazione della stessa Congregazione per la Dottrina della Fede - come a tali comunita' possa essere attribuito il titolo di Chiesa dal momento che non accettano il concetto teologico di Chiesa in senso cattolico e mancano di elementi considerati essenziali dalla Chiesa cattolica. occorre comunque ricordare che dette comunita', come tali, per i diversi elementi di santificazione e di verita' in esse realmente presenti, hanno indubbiamente un carattere ecclesiale e un conseguente valore salvifico''. L'intervista a Jungel e' certamente precedente al documento vaticano che, tuttavia, ripropone nella sostanza la Dichiarazione ''Dominus Jesus'' del 2000 e quindi gia' nota al grande teologo evangelico. Nel suo libretto egli tocca tra l'altro proprio la questione dibattuta oggi: se la Chiesa di Cristo ''e''' solo o ''sussite'' nella chiesa cattolica cattolica. Jungel chiarisce cosa e' propriamente cambiato a suo giudizio con il Concilio Vaticano II in ambito ecumenico. ''Il Significato della parola di Dio - egli nota - e' stato rivitalizzato in modo completamente nuovo per la chiesa cattolica. A cio' hanno sicuramente contribuito in modo decisivo teologi come Rahner, Balthasar, Ratzinger, Kung, ma anche il cardinale Konig. Il secondo punto che mi ha particolarmente colpito (forse piu' di quanto abbia colpito i cattolici), e' la visione del carattere della chiesa peccatrix. Lutero ha detto: ''Non est tam magna peccatrix ut ecclesia christiana''. E nel vaticano II leggiamo che la Chiesa e' santa e tuttavia bisognosa di purificazione. E poi viene sempre di nuovo ripresa la metafora della chiesa antica relativa alla casta meretrice. Su questo Balthasar ha pure scritto un saggio. Pio XII aveva ancora sostenuto che la madre chiesa non dovesse impetrare per se stessa il perdono dei peccati, poiche' cio' valeva solo per i singoli membri fallibili della chiesa, non per la mater ecclesia stessa. Questo e' stato superato dal Vaticano II. A cio' e' stato dato seguito durante il pontificato di Giovanni Paolo II nel famoso culto del mea culpa, qui a Roma, in san Pietro. Si tratta di una enorme svolta, se si pensa che, quando sono stati scritti i testi del Vaticano II, non era trascorso molto tempo dalla morte di Pio XII. Vi era uno spirito di liberta' evangelica che attraversava la Chiesa. Non dappertutto, assolutamente, ma in molti luoghi. In cio' rientra anche l'autolimitazione ecclesiologica della chiesa cattolica-romana, cioe' l'affermazione che la ''una, sancta, cattolica et apostolica ecclesia'' sussiste nella Chiesa romana. Il fatto che non si dica piu' ''e', ma subsistit in'' - secondo Jungel - apre la possibilita' di affermare: la una, sancta, catholica et apostolica ecclesia sussite anche nelle altre confessioni. Il Concilio stesso non e' giunto a tanto, ma ha aperto la possibilita' di arrivarvi''. Forse, aggiunge poi Jungel, posso aggiungere qualcosa sull'aggiornamento conciliare. ''Da una parte lo considero positivo: ci si vuole fruttuosamente confrontare con il linguaggio del mondo d'oggi. Ma si deve badare a che l'aggiornamento non diventi adattamento. Paolo mette in guardia contro questo rischio, non ci si deve conformare alla mentalita' di questo secolo. E presumo, poiche' questo e' non di rado accaduto in passato, che la preoccupazione eccessiva di essere al passo con i tempi, caratterizzi in misura eccessiva e anche determinata dalla paura, alcuni recenti documenti vaticani''. Jungel che l'ex presidente federale Richard von Weitzacker ha una volta ''malignamente'' definito ''il nostro Ratzinger'', traccia un breve quadro della situazione ecumenica con Ratzinger prefetto per la dottrina della fede. Il grande pericolo di un tale ministero, precisa Jungel '' e' che siamo erroneamente indotti a pensare habemus veritatem. Ma non possediamo la verita'. E' sufficiente che la verita' possieda noi. Naturalmente e' necessario che sia la verita' a possederci e non qualcos'altro''. Per questo egli non ritiene necessara una congregazione per la dottrina della fede. Ricorda invece il monito di Schleiermacher sulla teologia: ''Chi e' molto a destra vede anche cio' che e' al centro come collocato molto a sinistra. E viceversa: chi e' molto a sinistra percepisce anche cio' che si avvicina al centro come gia' a destra. Non tutto quanto viene sospettato di eresia e' eretico. Spesso coloro che sospettano un'eresia sono eretici essi stessi, in quanto sostengono posizioni estreme. Dunque si deve essere molto saggi quando si esercita un tale ministero (prefetto dottrina della fede -ndr). Vedo all'opera un alto senso di responsabilita', nei confronti del quale provo rispetto. Vedo anche testi che sono suscitati da questo alto senso di responsabilita', ma che in ogni caso non sono sempre compatibili con la liberta' di un cristiano evangelico''. E a questo punto Jungel inserisce la sua riflessione alla domanda se Ratzinger abbia frenato l'ecumenismo. ''Non credo - e' la sua risposta testuale - che il cardinale Ratzinger voglia frenare l'ecumenismo. Vuole frenare gli eccessi della sua chiesa, ma non l'ecumenismo, questo non lo credo. Per il mio settantesimo compleanno ho ricevuto da lui una lettera, il che mi ha sorpreso. In essa si dice che precisamente la mia fedelta' alla tradizione evangelica incoraggia la collaborazione ecumenica. E questo lo prendo sul serio. Il fatto di non praticare semplicemente un ecumenismo del facile compromesso mi unisce a Ratzinger. Per il ministero della direzione ecclesiastica e' diverso. Per questo la direzione ecclesiastica ha bisogno, accanto a se', di una teologia che non scenda a compromessi: in modo che essa, nella propria situazione che la obbliga a compromessi, possa fare quelli giusti e non quelli sbagliati''. Del resto, poi, il documento vaticano uscito ieri parla di ''ecumensimo cattolico'' che puo' a prima vista presentarsi ''paradossale''. E proprio ricorrendo al ''subsistit in''. E il paradosso sta nel tentativo di armonizzare le due affermazioni conciliari: da un lato che la Chiesa di Cristo ''malgrado le divisioni dei cristiani, continua ad esistere pienamente soltanto nella chiesa cattolica e, dall'altro lato, l'esistenza di numerosi elementi di santificazione e di verita' al di fuori della sua compagine, ovvero nelle Chiese e Comunita' ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica''. E un riconoscere allo stesso tempo la pienezza della chiesa cattolica e la situazione di peccatori dei suoi figli. Per cui, secondo Benedetto XVI, il progresso ecumenico nella pienezza e' radicato nel dinamismo dell'unione con Cristo che e' allo stesso tempo unione con tutti gli altri a cui Egli si dona. ''Io -scrive Ratzinger nella sua enciclica sulla carita' - non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi. La comunione mi tira fuori da me stesso verso di Lui, e cosi' anche verso l'unita' con tutti i cristiani''.
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2 commenti:
Credo che il senso dell'agire di Benedetto XVI sia proprio questo. L'unità va sì favorita e incentivata, ma a passi lenti e decisi, per un'unione forte. Ad esempio dire che si può fare la comunione con tutti da domani, se prima non c'è un confronto serio non ha alcun senso ecumenico, anzi forse causa disordine. Certo la Chiesa non può e non deve chiudersi in se stessa, ma continuare a dialogare e confrontarsi. Inoltre vorrei dire una cosa: se un giorno, come spero, si arriverà alla piena comunione delle Chiese nell'unica Chiesa, mi auguro che questa sia la vera, grande e definitiva Chiesa Cattolica. Con questo non voglio dire che dobbiamo attendere che le altre confessioni cristiane si adeguino a noi, ma che ci sia uno sforzo comune per raggiungere la piena unità. Spero cioè che la Chiesa raggiunga il senso pieno della parola Cattolica, cioè davvero universale e senza spaccature dolorose. Ciao a tutti, Marco.
Grazie Marco per il tuo ragionamento sensato!!!!!!
Eugenia
P.s Mettiamoci in mente una cosa Papa Benedetto non è uomo di compromessi quindi o si dialoga nel pieno rispetto e franchezza anche nei distinguo, oppure non si dialoga ma, si cerca di arrivare ad una via di mezzo che salvi capre e cavoli ma, che alla base non ha alcuna speranza ne di durare ne di essere forte. Mentre la Chiesa ora più che mai deve essere unita e forte
Eugenia
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