3 luglio 2007

Lo storico Agostino Giovagnoli: la lettera del Papa alla Cina è una novita' storica


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Il Papa e la Cina, una grossa novità

GIGLIOLA ALFARO

“Dal punto di vista storico, la Lettera rappresenta una grossa novità. Anzitutto, è la prima Lettera che si rivolge esplicitamente ai cattolici della Repubblica popolare cinese. Inoltre, l’argomentazione che è molto ampia e articolata non fa nessun riferimento a prese di posizione dei documenti precedenti il Concilio Vaticano II. Tutto ciò sta a indicare come il Papa abbia voluto mostrare un atteggiamento della Chiesa cattolica che non tiene conto del passato lontano, piuttosto guarda all’oggi e soprattutto al futuro, con grande apertura, che mi sembra la nota di fondo di questa Lettera, che è molto aperta al dialogo profondo, a guardare in faccia i problemi e disponibile a considerare le posizioni degli altri”.

A dichiararlo è lo storico Agostino Giovagnoli, esperto di questioni cinesi. A lui abbiamo posto alcune domande sulla Lettera di Benedetto XVI alla Chiesa che è in Cina.

Si tratta di una Lettera veramente importante…

“Sì, perché chiude un periodo che è stato molto lungo (50 anni), in cui i cattolici in Cina hanno vissuto in una situazione di emergenza, legata alle gravi difficoltà in cui si trovavano. Connesso a questo, dal punto di vista della Chiesa cattolica e in particolare della Santa Sede, c’era la concezione della Cina come un paese del tutto speciale, diverso dagli altri. Entrambe queste posizioni sono venute meno, sono state superate dal Papa, che invita i cattolici cinesi ad affrontare i propri problemi come fanno i cattolici di tutto il resto del mondo, quindi uscendo fuori da condizioni particolari che hanno avuto poi un rilievo sotto il profilo canonico molto particolare, con concessioni di facoltà speciali. Il fatto che oggi il Papa considera i cattolici cinesi e la realtà della Cina come normale è una fortissima novità, assolutamente non scontata proprio perché dal 1949 (dalla presa del potere da parte di Mao, n.d.r.) ad oggi le cose sono andate in altro modo”.

È possibile, secondo lei, recuperare il dialogo?

“Il Papa invita alla riconciliazione i cattolici della Cina, che come sappiamo sono stati divisi per molti anni e ci sono tuttora molte divisioni al loro interno. Il Papa li invita all’unità che in una prospettiva tipicamente cristiana si persegue attraverso l’amore, il perdono e la riconciliazione. Su questo la Lettera è molto chiara, paterna, incoraggiante, con questa fiducia nel valore dell’unità che è il valore dell’amore. Poi c’è il dialogo con chi non è dentro la Chiesa cattolica, quindi anche con il Governo di Pechino e anche su questo piano il Pontefice invita a un dialogo rispettoso, anzitutto, delle diverse identità. Non c’è nessuna posizione pregiudiziale, anche con apertura alle esigenze altrui: così, per quanto riguarda le esigenze del Governo cinese, alcune secondo il Papa possono essere accolte, mentre altre vanno respinte perché contrastano con la dottrina fondamentale della Chiesa cattolica e in quanto tali non possono essere oggetto di mediazione. Ma il tutto in uno spirito di grande cordialità e questo è un presupposto importante del dialogo”.

Come sarà accolta in Cina la Lettera? Si comprenderà il suo carattere spirituale o si vorrà vedere in essa comunque un’ingerenza del Vaticano nella vita della Cina?

“Mi auguro che i cattolici accolgano la Lettera nel suo significato più profondo che è spirituale. Dal punto di vista del Governo la reazione sarà di tipo politico ma questo è naturale perché un Governo non può interessarsi degli aspetti spirituali, ma di quelli politici. Questo non è un male in sé, se parte da un credito nei confronti dell’interlocutore. Benedetto XVI ha fatto un gesto di grande sincerità e anche di tanta delicatezza scrivendo questa Lettera: il mio auspicio è che il Governo cinese dia credito a queste disposizioni di fondo e risponda su un piano di dialogo politico e diplomatico, però a partire da un clima di fiducia reciproca. Questo è importantissimo per affrontare materie tanto delicate, mentre purtroppo è mancato fino ad oggi tanto che finora non ci sono relazioni soddisfacenti tra la Santa Sede e il Governo di Pechino”.

Come interpreta la revoca di tutte le facoltà che erano state concesse per far fronte a particolari esigenze sorte nei tempi difficili?

“È il segno che Benedetto XVI vuole chiudere un periodo in cui c’è stata la presenza clandestina di molti cattolici in Cina e, contemporaneamente, un cattolicesimo ufficiale o patriottico. Il Papa revoca queste facoltà specifiche, straordinarie per esempio come quella di ordinare vescovi, da parte di arcivescovi, senza il consenso di Roma, il che presuppone un’assenza totale di rapporti. Questa situazione adesso è superata, i rapporti tra Roma e i cattolici cinesi sono possibili, anche se difficoltosi, la Chiesa non deve essere più clandestina, deve uscire tutta allo scoperto, unita in modo da avere una posizione, al tempo stesso, di rispetto ma anche di autonomia nei confronti del Governo. Questo è il progetto di Benedetto XVI, anche se ci vorrà ancora tempo per realizzarlo pienamente. D’altro canto, il significato della Lettera è molto chiaro: non ha più senso una cattolicità clandestina in Cina”.

Toscana oggi

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