22 luglio 2007

Melloni risponde a Brandmüller sul Concilio


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di Alberto Melloni

Il presidente del Pontificio comitato di scienze storiche, Walter Brandmüller, è intervenuto sull'Osservatore Romano del 13 luglio per giustificare (e firmare?) una nota del 3 giugno del quotidiano vaticano dedicata all'opera diretta dal compianto professor Alberigo, i Conciliorum Oecumenicorum Generaliumque Decreta.
Quella nota (siglata con asterischi, come faceva il Sant'Uffizio) questionava l'uso della categoria di concilio «generale », estranea a suo dire alla «tradizione cattolica». Inoltre — l'avevo rilevato anch'io nelle «Idee del sabato» del Corriere della Sera — essa dimenticava che la definizione «concilio generale» era stata usata solennemente da Paolo VI. Stupiva infine che l'attacco fosse portato contro uno studioso da giorni in coma, per un'opera sulla quale il Papa aveva «steso il mantello», ricevendo Alberigo con l'amicizia che avrebbe usato nel telegramma mandato a Bologna per i funerali dello studioso, pochi giorni dopo la nota. Per questo consola che chi di dovere abbia chiesto a Brandmüller (che come Alberigo esce dalla scuola di Hubert Jedin, ma ne impersona l'ala conservatrice) di chiarire i dubbi che nascevano dalla nota del 3 giugno: ciò permette alcune considerazioni (e domande) ulteriori, su temi molto tecnici, ma il cui esito penso sia assai più generale.
L'articolo di Brandmüller — va detto subito — fa molte affermazioni ovvie e condivisibili, di cui però trascura i corollari. 1) Che la Chiesa di Roma ritenga la presenza o l'approvazione del Pontefice il requisito necessario e sufficiente di ecumenicità è risaputo: ma ciò non scavalca il nodo squisitamente storico di capire se e come questa presenza sia effettivamente avvenuta o con quali processi questo assenso sia maturato, problema che una edizione ha il diritto di toccare fornendo materiali. 2) Che l'ecumenicità sia legata all'infallibilità di cui gode il collegio episcopale in comunione con Pietro nella potestà piena e suprema sulla Chiesa è ecclesiologicamente indiscutibile: ma la teologia lo risolve a valle del dato storico e non a monte di esso. 3) Che l'ecumenicità abbia progressivamente supposto un invito «universale» a partecipare al concilio non cancella il problema storico dell'effettivo invito e delle condizioni d'invito (basti pensare a Trento): tanto meno impedisce di riconoscere uno sviluppo della coscienza anche romana dell'ecumenicità, di cui il Vaticano II — con gli osservatori delle altre Chiese e la cancellazione delle scomuniche con l'Oriente — costituisce una vetta che è arduo relativizzare.
Ne è testimone il manoscritto del discorso con cui il 25 gennaio 1959 Giovanni XXIII annunciò il Vaticano II (lo pubblicai anni fa sulla Rivista di storia e letteratura religiosa, perché la Rivista di storia conciliare di Brandmüller lo considerò «irrilevante»!): in quel testo, che secondo la diplomazia tedesca fu letto proprio dal manoscritto ai cardinali, il Papa manifestò l'intenzione di convocare un «concilio generale» per la Chiesa cattolica. Un'espressione riassorbita poi nella dicitura «concilio ecumenico», capace però di dire che il papato sapeva che solo prendendo atto della divisione sull'ecumenicità la cattolicità poteva accogliere la vocazione ecumenica rivolta dallo Spirito alle Chiese.
Dunque Brandmüller difende cose che nessuno insidia: una «tradizione cattolica », con la minuscola, che Brandmüller identifica con la lista dei concili di Bellarmino; c'è una questione storica alla quale la ricerca risponde con mezzi propri senza far peccato (e questo spiega gli ampliamenti documentari che l'articolista incrimina); e poi c'è una «Tradizione cattolica» con la maiuscola, come diceva padre Yves Congar — un teologo condannato al silenzio e poi fatto cardinale — che incorpora le fluttuazioni storiche anche nella qualificazione dei concili, e su quelle lavora, senza pigrizia e senza polemiche. Per altro verso, però, l'articolo dell'Osservatore fa due cose che suscitano perplessità.
Infatti quando Brandmüller polemizza con la qualificazione dei concili da Trento al Vaticano II come concili «generali » della Chiesa cattolico-romana (è questa una novità rispetto alla nota di giugno), non se la prende con una frase di Alberigo o con l'introduzione di uno dei curatori di quei concili che andranno in stampa a inizio 2009. Si basa su un dépliant pubblicitario che descrive l'articolazione in tre volumi di questa edizione nel Corpus Christianorum (che esce a Turnhout e non ad Amsterdam). Perché far credere ai lettori dell'Osservatore Romano
che si discute su qualcosa di reale, mentre si polemizza con pagine che non si sono lette?
Infine Brandmüller tira in ballo la Storia del Concilio Vaticano II di cui Alberigo è stato direttore: e, seguendo una tesi propagandata da un piccolo circolo romano, denuncia in quei cinque volumi il frutto di un complotto ermeneutico ordito dalla «scuola di Bologna». Scuola che esiste: ma che non si capisce come si possa accusare d'avere ipnotizzato studiosi tanto diversi fra loro (Riccardi non è Huenermann, Theobald non è Kaczynski, Lamberigts non è Komonchack, Ruggieri non è Routhier, per citare solo alcuni dei trenta autori), senza mancare di riguardo a loro e al vero. Brandmüller, poi, sconta che tali autori abbiano lavorato in nome dello «spirito del Concilio»: un'idea consapevolmente rigettata dal lavoro di storicizzazione del Vaticano II (che agisce sulla complementarietà dialettica fra evento e decisioni) di cui Alberigo fu protagonista e che l'allora cardinale Ratzinger (che difende una ermeneutica della riforma) giudicò con tanta stima da disporre che la sua documentazione conciliare andasse per testamento all'istituto bolognese. A qual fine, allora, chi occupa una carica così importante agita vuoti luoghi comuni contro un'opera di storia che si muove su altri piani e linee?
Domande senza risposta per chi rifiuti la logica del sospetto. Domande che lasciano — al di là della gratitudine per il quotidiano che ha scoperto le povere carte di un gioco oscuro — un senso di delusione in chi, come diceva Roger Aubert, crede che, come non ci sono due matematiche, una cattolica e una no, non ci sono neppure due storie.

© Copyright Corriere della sera, 22 luglio 2007

A parte il fatto che l'articolo non e' di facile comprensione (forse Melloni dovrebbe comprendere di non scrivere per un'aula di teologi e storici), vorrei capire una cosa: come mai si "chiama a testimoniare" Papa Benedetto sulla bonta' dell'opera della scuola di Bologna, quando solo pochi giorni fa si accusava lo stesso Pontefice di voler rottamare il Concilio?
Per non parlare di due settimane fa, quando si criticava (uso questo verbo ma ne ho in mente un altro) il Papa e, cosa gravissima, anche il fratello a causa della liberalizzazione della Messa tridentina...
Coerenza vorrebbe che Benedetto XVI non fosse dipinto ora come rottamatore del Concilio e ora come suo strenuo difensore a seconda dell'utilita'.
Comunque il professor Melloni non ha nulla di cui preoccuparsi: dubito che il professor Brandmüller organizzera' una raccolta di firme contro di lui...
Sono cattiva? Lo so...il fatto e' che non sopporto la politica dei due pesi e due misure...

Raffaella

3 commenti:

mariateresa ha detto...

cara Raffaella, rientro dopo una breve assenza ed è dura aprire il blog e come primo assaggio beccarsi Melloni, temevo per la mia digestione.
E' vero l'articolo non è chiaro, spesso gli capita, il linguaggio è oscuro e allusivo ma a chi allude lo sa solo il benemerito.Prendere come testimone della serietà degli studi sul Concilio il Cardinale Ratzinger è il massimo della faccia di tolla, ma non è la prima volta che lo fa. E' come se avesse degli attacchi di bile, poi si stabilizzano i valori degli esami del fegato e parte una saponata.
Sto scherzando, ma non troppo.
Come la raccolta di firme dei famosi 60 contro la nota della CEI, su un giornale di recente ha dichiarato che l'obiettivo era favorire l'unità della Chiesa . Mah....
E anche in TV dà una strana impressione contraddittoria, dico la verità faccio fatica a metterlo a fuoco, ma soprattutto non ne ho voglia.
Grazie Raffaella per il tuo lavoro, ho recuperato il tempo perduto in un baleno.

Anonimo ha detto...

Bella descrizione, carissima Mariateresa :-)

euge ha detto...

Riguardo ai travasi di bile sono con voi ........... però poi chissà perchè quando serve una testimonianza che avvalori ilavori del concilio, si dimenticano tutte le cattiverie e le offese perpetrate dal blasonato Melloni a Sua Santità.............Certo Melloni che la sua coerenza e la sua faccia tosta e non dico altro, non hanno limiti!!!!!!!!!!!!! Ci vuole tutto il suo coraggio e la sua sfrontatezza per arrivare a simili giochetti
Non ho parole................... anzi forse le parole le avrei pure ma, è meglio passare oltre!!!!!!!
Eugenia