9 luglio 2007
Messa tridentina: la testimonianza di alcuni fedeli
Vedi anche:
SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"
IL TESTO DEL MOTU PROPRIO (in italiano)
LA LETTERA DEL SANTO PADRE AI VESCOVI PER PRESENTARE IL MOTU PROPRIO.
SERVIZIO DEL TG1 SULLA MESSA TRIDENTINA
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Rassegna stampa del 9 luglio 2007
LA STORIA
Nella chiesa della Misericordia da 15 anni la messa è come nel ‘500: anche per tanti giovani
E Torino prega col rito antico "Così ci si sente più vicini a Dio"
PAOLO GRISERI
TORINO - Un cerchietto sui capelli biondi, una coda di cavallo, un velo. Pochi, pochissimi capelli bianchi. Sono un centinaio le persone rivolte all´altare. Davanti a tutte, la stola verde del sacerdote che officia guardando il tabernacolo. Quello della messa «secondo il messale di S. Pio V» è un rito di schiene che voltano le spalle al mondo, unicamente orientate verso dio. Un rito che pareva desueto, sostituito nei tg dalle centinaia di spalle orientate verso la Mecca nella preghiera del venerdì. Un rito che torna oggi d´attualità, con il fascino delle madeleinette proustiane. La signora con il vestito azzurro entra trafelata e confessa all´amica: «Vedi com´è bello? Mi ricorda quand´ero bambina».
C´è il carisma del mistero nei canti gregoriani che accompagnano l´organo a canne e nella cantilena salmodiata del «Kyrie eleison». Un fascino del tempo che fu, da Italia degli anni ´60, quella che ritorna in questi giorni negli spot per il lancio della 500. C´è un popolo «alla ricerca di quel che non è cambiato», come dice Beppe, un ragazzo di 25 anni che da sei ha scoperto il tesoro nascosto nella piccola chiesa del centro torinese. La chiesa della Misericordia, dove, nell´800, il beato Cafasso consolava i condannati a morte prima di accompagnarli verso la forca. Si ritrova qui, da 15 anni, il popolo della messa in latino. Non un gruppo di scismatici lefebriani: una piccola folla di cattolici fedeli all´ortodossia, autorizzati dall´arcivescovo. Soprattutto un popolo di giovani: «Ho scoperto il fascino del rito latino quasi per caso», racconta Giovanni, di mestiere elettricista. «Fino all´età di 28 anni ho sempre frequentato la messa in italiano. Quando un amico mi ha portato qui, non ho più smesso». Qual è la differenza? Un puro piacere estetico? «All´inizio c´è sicuramente il fascino di un rito antico. Poi ti fai prendere da una forza straordinaria che ti avvicina di più a dio».
Tra i banchi della Misericordia, tra le donne che seguono il rito sul messale con le pagine dai bordi dorati, il motu proprio di Benedetto XVI è il riconoscimento alle vergini sagge del Vangelo, quelle che seppero tenere acceso il lume anche durante gli anni bui. Per Calogero Cammarata, ex impiegato statale e baby pensionato, è il coronamento di una missione. Lui con l´associazione Inter multiplices, una vox ha lavorato sodo per tenere accesa la fiammella: «L´ho deciso un giorno, uscendo disgustato da una messa in cui i tamburi accompagnavano i canti dietro l´altare». Ora si gode il successo e contrattacca: «Traducendo il testo latino si sono persi contenuti importanti del rito di San Pio V». Pio V, il papa odiato dal popolo di Roma per le persecuzioni sanguinarie degli eretici. Un giovane pastore di pecore ad Alessandria che succede a Pietro, batte i turchi a Lepanto e approva il messale tridentino che rimarrà praticamente intatto per quattro secoli.
Colpisce la voglia di continuità del popolo del latino. Stupisce anche don Sebastiano Galletto, il sacerdote che oggi officia tra i turiboli fumanti d´incenso bisbigliando sottovoce il rito della consacrazione: «Io sono solo un sostituto e personalmente preferisco il rito in italiano. Ma c´è in questi fedeli la ricerca di una spiritualità particolare, la spiritualità delle radici». Le radici, la ricerca di ciò che non muta nei millenni. Proprio come recita il Gloria, cantato con convinzione tra i banchi della chiesa torinese: «Sicut erat in principio, et nunc et semper in saecula saeculorum. Amen».
© Copyright Repubblica, 9 luglio 2007
«Ite missa est»: viaggio tra i seguaci della messa in latino
di Redazione
Un ringraziamento commosso del sacerdote a Papa Benedetto XVI durante l’omelia e, in conclusione, il canto del «Te Deum». Questi alcuni dei momenti che hanno caratterizzato una delle messe che si celebrano a Roma col rito tridentino. È stata una «prima» importante, ieri, per la numerosa comunità tradizionalista romana. L’emanazione papale del «Motu Proprio» è stata vissuta, infatti, come un giusto e atteso riconoscimento liturgico per i tanti seguaci della liturgia in latino.
Per capire gli umori e le reazioni dei fedeli, abbiamo assistito a una delle celebrazioni che si tengono secondo l’antico rito. Nella chiesa di Gesù e Maria al Corso si riunisce una delle storiche comunità di seguaci del rito romano. Per questi non è stata una domenica come le altre: «Abbiamo ricevuto un dono di grazia, che ha riparato a molte incomprensioni che duravano da decenni», spiega Carlo Marconi, presidente romano dell’associazione «Una Voce». Uno dei gruppi più attivi nella difesa della liturgia latino-gregoriana: l’importanza dell’avvenimento è sottolineata dal fatto che «a giorni il nostro presidente internazionale ringrazierà ufficialmente il Sommo Pontefice». Tanti i giovani che hanno assistito alla celebrazione. Tra questi, numerosi sono gli aderenti del «Trifoglio», un’associazione identitaria che utilizza il latino come lingua madre delle sue campagne culturali: «Oggi siamo entusiasti perché festeggiamo la “liberazione” del rito romano - dichiara Alfredo Iorio, presidente del “Trifoglio” -. Noi siamo stati sempre convinti che la messa è un rito che non va solo capito ma soprattutto vissuto. È un’esperienza che può rappresentare un momento di rinascita per la nostra civiltà».
Tra gli altri luoghi di culto dove si celebra l’antica liturgia vi è la chiesa di San Gregorio dei Muratori, in via Leccosa. Qui, dal 1992, padre Joseph Kramer ha il permesso di celebrare la messa in latino. Le celebrazioni avvengono tutti i giorni feriali, alle 18.30, e la domenica. I sacerdoti della «Fraternità San Giovanni», invece, celebrano la messa nelle chiesa di San Nicola in Carcere, in via del Teatro Marcello, tutti i giorni alle 12.15 e la domenica alle 9.15. Solo la domenica, alle 11, la liturgia viene officiata nelle chiesa di San Giuseppe a Capo le Case, in via Francesco Crispi, mentre solo l’ultimo mercoledì di ogni mese, alle 16.30, viene celebrata nella basilica di Santa Maria Maggiore. Infine nella cappella di Santa Caterina da Siena di via Urbana celebrano messa i sacerdoti della «Fraternità San Pio X», seguaci di Monsignor Lefevbre. «Tutte le domeniche, alle 11, la nostra cappella è ed è stata sempre piena di fedeli, soprattutto giovani - spiega don Fausto Buzzi -. Affermando il diritto di celebrare la messa secondo l’antico rito, il Papa ha riconosciuto che questo non è mai stato abrogato. È bello vedere come la tradizione è più viva che mai».
© Copyright Il Giornale, 9 luglio 2007
IL RACCONTO
A Seregno, la città dove la messa è in latino
FRANCO VANNI
A dividere le due chiese sono quattro isolati. Case e strade che ogni domenica mattina si svuotano, dalle 11 a mezzogiorno. Perché a Seregno, 40mila abitanti in Brianza, l´ora di messa rimane ora sacra. A unire le due chiese invece è l´uso del latino nella celebrazione. Nella prima domenica di messa dopo lo sdoganamento del latino in chiesa, Seregno è il termometro delle reazioni dell´Italia cattolica.
Da una parte l´abbazia di San Benedetto, fondata nel 1884 a ridosso al monastero benedettino, dove da sempre il Padre Nostro suona Pater Noster e i fedeli nemmeno conoscono il Gloria in italiano. Dall´altra, l´unico centro di culto per i lefebvriani in Lombardia: un ex deposito ribattezzato venti anni fa da un gruppo di fedeli "Cappella Maria Santissima Immacolata",.
All´abbazia di San Benedetto, la gioia per la svolta tradizionalista non entra nella predica. Si parla di Europa e di messaggio pastorale. Esplode però nei discorsi sul sagrato, al termine di una messa ibrida, alla maniera benedettina: italiano per predica e letture, latino per la preghiera cantata.
«Penso che il Papa abbia ragione - dice don Giorgio Picasso, priore del monastero - il ritorno all´antico uso della chiesa latina eviterà l´emorragia di fedeli verso sette tradizionaliste aberranti».
A Seregno il 30% dei cittadini frequenta regolarmente una delle cinque parrocchie cittadine, e il matrimonio religioso rimane la scelta quasi ovvia per i novelli sposi. Giovanni Paolo Spanu, 24 anni, infermiere, fa eco al priore: «La messa in latino è magica - dice - Per molti sentire il vero canto gregoriano sarà una rivelazione, come entrare in chiesa per la prima volta».
Alla cappella Maria Santissima Immacolata, invece, la notizia della riconciliazione possibile dei lefebvriani con Roma viene data dal sacerdote in tono di trionfo, in italiano. Per la fine dell´isolamento dottrinale si prega in latino dall´altare, rigorosamente rivolto alla croce. «Il 7 luglio 2007 è un giorno storico - esulta don Emmanuel du Chalard, pastore dei 100 lefebvriani che ogni domenica raggiungono Seregno da Bergamo, Lecco, persino da Piacenza - . Speriamo che adesso la riconciliazione con Roma si compia in tempi brevi».
La cappella è una stanza con soffitti bassi. All´ingresso, un bazar della fede. Si vendono libri: "L´inferno c´è", "I templari", "Angeli ribelli". I veli neri con cui le donne coprono il capo durante la celebrazione costano 15 euro. Le bambine li pagano 10, con lo sconto. «È un giorno meraviglioso - dice Eugenia Rivolta, la perpetua - il Papa ha capito: la messa in latino arriva al cuore». Mentre parla, gli occhi le brillano. Prima di chiudere a chiave la cappella/magazzino, Eugenia controlla che gli avvisi ai fedeli siano ben esposti in bacheca. Un volantino promuove la "Crociata Eucaristica Cristiana": un campo estivo di due settimane in campagna per bambini.
© Copyright Repubblica (Milano), 9 luglio 2007
Sempre molto pungenti gli articoli di Repubblica, ma a me personalmente interessa la fede genuina della gente :-)
Raffaella
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1 commento:
Che cosa orrenda definire con il termine seguace il fedele che sceglie la Messa in latino........sembra quasi si parli dell'appartenente ad una setta o giù di lì......guardate illustri signori che sono fedeli come tanti ed anche loro come ogni buon cristiano credono in Dio e fanno la comunione sono cristiani e cattolici non seguaci. Queste discriminazioni sono fuori luogo e dannose per l'unità dei cristiani
eugenia
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