10 settembre 2007

De Rita: il Papa usa parole estranee al tam tam contemporaneo,sceglie battaglie impopolari,infrange i nuovi tabù e non teme di essere anticonformista


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Professor Giuseppe De Rita, il Papa critica la domenica ridotta a weekend di puro svago. E’ d’accordo?

«Il weekend non va demonizzato. E’ un modo per conservare le radici, soprattutto in una terra di emigranti come la nostra. La domenica trascorsa nella seconda casa è spesso il modo per mantenere i contatti con il paese d’origine. Ed è un gran bene. Per esprimere questo concetto al Censis abbiamo coniato un neologismo: “Bevagnizzazione”, dal nome del Comune umbro di Bevagna. Il weekend in campagna, ai monti o al mare non è un modello importato dal consumismo americano, bensì un sano simbolo comunitario, l’emblema del nostro “vivere tranquillo”. Lasciare per un po’ i ritmi della città e tornare a una dimensione di esistenza più umana non è tempo vuoto né perso. Serve a riannodare quei fili della memoria che sento predicare da tanti parroci dei piccoli centri».

Ma il «settimo giorno Dio si riposò»...

«Non credo che sia una questione di domenica. Di mezzo ci sono i contenuti, non le forme. Poi va bene anche il martedì per sottrarsi alla routine e dedicare tempo alla riflessione personale. Del resto, il Vangelo parla chiaro. E’ Gesù stesso ad insegnarci che il giorno festivo è stato creato per l’uomo e non l’uomo per il giorno festivo. Non è in ballo l’ossequio formale ad una norma, ma il significato profondo della vita».

Cosa intende, quindi, Benedetto XVI?

«Attacca la post-modernità, che invece andava benissimo al suo predecessore Karol Wojtyla. Papa Ratzinger ribadisce le cose sagge e fuori moda che diceva quand’era cardinale. Tra queste, l’ammonimento a fermarci ogni tanto a meditare su ciò che accade attorno e dentro di noi. Altrimenti si finisce schiacciati in un tritacarne spersonalizzante. Il super-comunicativo Giovanni Paolo II era immerso nella frenetica società contemporanea. A lui bastava che facessero festa con lui due milioni di giovani a Tor Vergata e non si preoccupava se la notte riempivano la spianata di preservativi. A Benedetto XVI, invece, non sta bene che le cose vadano come vanno. Il suo Pontificato è calibrato sui tempi lunghi del pensiero. Ha 80 anni, sa di non avere molto tempo a disposizione, però lavora di cesello e affida il messaggio alla riscoperta del senso delle cose, non ai gesti mediatici. Critica l’esistente punto su punto, senza illudersi di riproporre il modello patriarcale, in cui la domenica si riposava perché così fa Dio nella Genesi. Il bersaglio contro cui si scaglia il Pontefice è più vasto».

Cioè?

«Questa società-poltiglia nella quale imperversano i Corona e gli Sgarbi, i giorni sono tutti uguali, gli eventi pubblici e privati si susseguono privi di significato. Un rumore di fondo copre e confonde il vuoto. Giovanni Paolo II aveva la forza mediatica per far sentire la propria voce, però poi non riusciva ad incidere in profondità. Il suo successore ha scelto un’altra via: prendere di mira, uno dopo l’altro, i capisaldi dell’odierna mentalità, come la santificazione laica del weekend. Usa parole estranee al tam tam contemporaneo e sceglie battaglie impopolari, ma non lo fa per pura testimonianza. Infrange i nuovi tabù e non teme di scontrarsi con l’attuale conformismo. Se serve a riaffermare la verità dei principi, corre il rischio di parlare un linguaggio opposto a quello banalizzato che il mondo capisce. Con tutti i pericoli che ne conseguono».

Quali?

«Quello di essere frainteso, innanzi tutto. Il suo appello pro-domenica verrà attribuito alla nostalgia per una società operaia e contadina che consacrava al riposo e agli affetti familiari il fine settimana. In realtà il Papa intendeva dire altro, ma paga lo scotto di non essere mediatico. Peraltro il fatto che la domenica in Occidente si è mutata in tempo libero, non è di per sé un disincentivo alla pratica religiosa. Anzi. Vedo più gente nelle chiesette di campagna che nelle parrocchie di città. Il weekend nella seconda casa offre l’opportunità di ritemprarsi nel corpo e nello spirito, concilia la riscoperta dei una fede spesso trascurata nel turbinio degli impegni quotidiani. Tornare la domenica al paesello natale consente di meditare sulla propria esistenza e spesso la riflessione investe il sacro. E magari si rimette piede alla messa perché si riconosce il parroco o ci si ricorda di un’antica abitudine di famiglia».

© Copyright La Stampa, 10 settembre 2007

Questo articolo e' molto interessante perche' analizza perfettamente il compito che il Papa ci affida: dobbiamo essere noi stessi, non conformarci alla mentalita' di questo secondo (per citare San Paolo). Dobbiamo osare! Essere critici!
Al Papa interessano veramente poco i gesti mediatici. In un momento storico come quello attuale non hanno senso, se prima non si riscoprono le radici della nostra fede. Ecco perche' contesto il fatto che ci si debba occupare soprattutto di trovare un accordo con le altre fedi. Questo e' importantissimo ma deve venire dopo la riscoperta che Cristo e' l'Unico Signore (Dominus Jesus). Solo cosi' possiamo imparare ad ascoltare ed a rispettare il prossimo.
Benedetto XVI non e' mediatico se con questo termine si intende una persona che si conforma al linguaggio, terra-terra, dei media. C'e' poi la grande difficolta' degli stessi mass media a stare al passo con il Papa: si cerca la frase ad effetto, dimenticando il contesto, si sprecano righe in considerazioni inutili quando bastano poche parole per rimandere il lettore ad un discorso piu' serio.
Ha ragione De Rita: Benedetto e' uno che infrange i moderni tabu', che non ha paura di essere impopolare (e non lo e'!) andando controcorrente, che e' sostanzialmente un anticonformista. Inoltre e' estremamente coerente, dote rara nel nostro momento storico.
Contesto, pero', i toni un po' sprezzanti con cui si liquida il Pontificato di Papa Wojtyla: non credo che gli interessassero solo i megaraduni a scapito dell'annuncio del Vangelo.
Ritorniamo allo stesso discorso: ogni Papa e' giusto per il suo tempo.
Mi piace, pero', che in molti stiano togliendo le fette di salame dagli occhi ed inizino a rendersi conto della portata srorica del Pontificato di Papa Benedetto
.
Raffaella

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sulla Stampa di oggi è anche uscito un bell'articolo di Vattimo. Cordiali saluti. Eufemia Budicin

Utnapishtim ha detto...

Mi interessa molto ma non ho vuto modo di leggerlo. Sarebbe così gentile da indicare i contenuti, almeno per sommi capi?