5 settembre 2007

Il "Patto di Joseph"


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GIOVANI

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IL PATTO DEL VANGELO

Li ha spronati, li ha esortati a cambiare il mondo nel nome di Gesù, a scegliere la via dell'umiltà. E loro hanno risposto con entusiasmo e speranza in un futuro migliore.

Alberto Bobbio

Ha stretto un patto, il patto dell’"amore vero", tra la Chiesa e i giovani. Il "Patto di Joseph". Lui si fida di loro, loro si fidano di lui, perché il suo stile è sobrio, le sue parole si conficcano nel cuore e nella mente, perché lui ha dimostrato di conoscere il codice dell’anima giovanile, di rispettarne la libertà, sereno eppure dritto nell’indicare la missione: «Cambiate il mondo con il Vangelo».

Benedetto XVI scende in punta di piedi nell’Agorà di Loreto. Lo aspettano mezzo milione di giovani, Gmg d’Italia, sorpresa per tutti. Lui, alla fine della Messa, dopo la notte di canti e preghiere, ha mostrato il cammino: «Andate con determinazione e libertà di spirito, comunicate la pace, sostenete chi è debole, preparate i cuori alla novità di Cristo».
C’è il Vangelo dentro il "patto" che Joseph Ratzinger ha firmato a Loreto con i giovani. Il Papa ha proposto una Chiesa «comunità di compagni», riprendendo un archetipo di san Francesco e san Bonaventura, una Chiesa amica e simpatica. La stessa che piace i giovani.

Il "patto" è nato così, parola dopo parola. Quando il Papa arriva non c’è alcun vescovo a porgergli il saluto, ma Luca Romani, ingegnere elettronico di Pistoia, che gli dice di «un’Italia sempre più anziana», dove «noi giovani contiamo sempre di meno e facciamo le spese di una società ripiegata su sé stessa, povera di ideali e di grandi aspirazioni, chiusa nella ricerca del suo benessere», e di un mondo che spesso «disorienta» e impone «marginalità e precarietà».

Si capisce subito che non sarà un dialogo scontato. Le testimonianze lasciano il segno e impressionano anche il Papa. Le ha scelte la Caritas italiana. Raccontano di periferie spezzate dall’odio e dalla violenza, quelle messe in fila nella ricerca della Caritas e dell’Università Cattolica di Milano, coordinata dal professor Magatti, e apparsa due mesi fa in un volume intitolato La città abbandonata. Due ragazzi di Bari, Giovanna e Pietro, parlano della loro città, quartiere San Paolo, terra di morti ammazzati e di bambini abbandonati. Dicono al Papa: «Ci sentiamo gli scarti dei processi di globalizzazione».

Sara racconta di Genova, quartiere di Begado, vandali e bullismo, ragazzine che «si trovano incinte prima ancora di aver capito cosa significa», e spiega che non è facile parlare di Dio, perché molti giovani vedono la Chiesa solo come «una realtà che giudica» e lancia una domanda pesante come un macigno: «Santità, in questo silenzio dov’è Dio?».

Il problema del "silenzio" di Dio

E poi c’è Ilaria, che commuove la grande piana con la sua storia di anoressica che non voleva più vivere, reazione al dramma di una famiglia in frantumi, che poi ha incontrato un sacerdote e i giovani della Gmg di Roma e ce l’ha fatta; adesso è sposata e ha un bambino e alla fine abbraccia forte forte il Papa, che ha anche lui gli occhi lucidi.

Benedetto XVI mette da parte i fogli con le risposte preparate a Roma e va nei dettagli.

Dice: «Noi dobbiamo formare centri di fede, di speranza, di amore, di senso della giustizia, della legalità e della cooperazione». Ecco il "patto di Joseph": ribaltare «i grandi centri del potere economico e politico», il dominio delle «grandi burocrazie», per riportare al centro chi sta nelle periferie e sembra «escluso dalla vita». Fa l’esempio di Gesù, vissuto alla periferia dell’Impero romano, a Nazaret, città sconosciuta, diventata «il centro che ha cambiato il mondo».

Ammette che il problema del silenzio di Dio è affare drammatico, ma che va «accettato», e con il quale anche i santi, come Madre Teresa, hanno dovuto fare i conti. Tuttavia spiega che Dio va scosso: «Parla, dimostrati!». Ma poi va ascoltato, lui e la Chiesa, alla quale non va appiccicata «l’etichetta di centro di potere», istituzione che «limita la libertà» e «impone proibizioni: i Comandamenti di Dio non sono limitazioni alla nostra libertà». Parla dell’amore «vero e profondo», non quello «usa-e-getta, passeggero e ingannevole, prigioniero di una mentalità egoista e materialista».

E anche sul matrimonio chiede ai giovani di intenderlo un «sì per tutta l’esistenza», e aggiunge: «So bene che questo sogno è oggi sempre più difficile da realizzare. Quante coppie chinano la testa, si arrendono, si separano!». Ma io, dice il Papa, «vi sono accanto», con la Chiesa e la Madre di Dio, e «preghiamo perché la crisi che segna le famiglie nel nostro tempo non diventi un fallimento irreversibile».
Anche questo fa parte del "patto" tra il Papa e i giovani.

L’alleanza tra l’uomo e la terra

Benedetto XVI vuole giovani «contro corrente, vigilanti, critici». Lo spiega nella Messa della mattina. Invita i giovani a «non seguire la via dell’orgoglio, ma quella dell’umiltà», a preferire «vie alternative», a non ascoltare «le voci interessate e suadenti» dei media e dei molti che «propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo a ogni costo, all’apparire e all’avere a scapito dell’essere».

Sottolinea: «Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati», ricercate uno «stile di vita sobrio e solidale», relazioni affettive «sincere e pure», «impegno onesto nello studio e nel lavoro», «interesse profondo per il bene comune», «coraggio dell’umiltà».

E tra i campi dove più urgente è avviare il "patto" e proporre soluzioni c’è l’ambiente: «Prima che sia troppo tardi occorre adottare scelte coraggiose che sappiano ricreare una forte alleanza tra l’uomo e la terra. Serve un sì deciso alla tutela del creato e un forte impegno per invertire quelle tendenze che rischiano di portare a situazioni di degrado irreversibile». Benedetto XVI indica anche da dove si può partire: l’acqua. Osserva che «è un bene preziosissimo che, se non viene condiviso in modo equo e pacifico, diventerà purtroppo motivo di dure tensioni e aspri conflitti».

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