6 settembre 2007

Card. Schönborn: il Papa in Austria lancerà una sfida al di là delle polemiche di questi giorni.


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NEL CUORE DELL'EUROPA

Schönborn

«Il Papa in Austria per chiederci un cambio di rotta»

«Nelle ultime due generazioni i legami tradizionali con la fede cristiana si sono affievoliti. A scuola arrivano molti bambini che non hanno mai sentito parlare di Gesù Siamo chiamati a rendere visibile la novità cristiana»«Il Papa non è una rockstar che canta melodie orecchiabili. Parla a nome di Cristo, dice cose scomode Non possiamo aspettarci che tutti si mettano ad applaudire. Credo che toccherà il cuore di molti, come è già successo in altri viaggi»

Dal Nostro Inviato A Vienna
Luigi Geninazzi

Non capita spesso che il Papa prenda carta e penna per scrivere ai giornali. Lo ha fatto Benedetto XVI rivolgendosi ai lettori dei settimanali diocesani austriaci nell’imminenza della sua visita a Vienna ed a Mariazell. «Amo questo Paese... che ha dato alle fede forme così multiple e luminose da toccare persino uomini che non condividono più la fede ma amano la bellezza che essa ha prodotto», scrive nella sua lettera. È un viaggio un po’ speciale quello che inizia domani e che si concluderà domenica, «un pellegrinaggio nel cuore dell’Europa» come ci dice il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale austriaca. Portamento aristocratico e sorriso timido, Schönborn è un domenicano di modi affabili e di robusto pensiero. Intellettuale e teologo assomiglia molto a Joseph Ratzinger di cui è stato dapprima allievo e poi stretto collaboratore.

Eminenza, il Papa arriva in Austria, l’unico suo viaggio europeo di quest’anno. Ha scelto questo piccolo Paese per rivolgersi a tutto il continente?

Benedetto XVI conosce molto bene ed ama questo Paese cui è legato fin dall’infanzia. Conosce la società, le tradizioni e la cultura degli austriaci tra i quali ha molti amici. Non è un caso se per tanti anni ha passato qui le sue vacanze. Direi che la sua familiarità con l’Austria è paragonabile solo con la Baviera, la sua terra natale. Questa è probabilmente una delle ragioni per cui il Papa ha accettato subito l’invito rivoltogli dalla nostra Conferenza episcopale. Il suo sarà un pellegrinaggio nel cuore dell’Europa, nel santuario di Mariazell che ha sempre avuto un grande significato per tutti i popoli centro-europei. E certamente sarà l’occasione per richiamare il significato della costruzione europea e le nuove responsabilità che comporta, non solo per l’Austria.

Lei è sempre stato molto vicino a Joseph Ratzinger, ha collaborato con lui, è un suo amico. Con quali sentimenti accoglierà il Santo Padre a Vienna?

Non ho mai osato definirmi suo amico, ma non posso nemmeno negare che una volta l’ha detto lui, facendomi un grande onore e allo stesso tempo caricandomi addosso una grande responsabilità. Vede, proprio in questi giorni sono andato a rileggermi la lettera che l’allora cardinale Ratzinger mi aveva scritto sedici anni fa, quando venni nominato vescovo ausiliare di Vienna. Parlava dell’importanza dell’Austria dopo la caduta del muro di Berlino: adesso, diceva, può tornare ad essere il cuore della nuova Europa dando concretezza al suo ruolo di ponte tra Est ed Ovest. Anche dal punto di vista della nuova evangelizzazione. Quella lettera la considero un dono ed una consegna sempre valida, una sorta di programma pastorale più che mai attuale. Ed i sentimenti di gratitudine e di gioia che provai sedici anni fa si rinnovano adesso di fronte a colui che è diventato il supremo pastore della Chiesa universale. Proprio perchè lo conosco posso dire che Benedetto XVI arriva in tutta umiltà e semplicità, non in pompa magna. E spero che i miei connazionali sappiano accoglierlo ed ascoltarlo con la stessa semplicità ed umiltà.

Due anni fa, in occasione della visita ad limina dell’episcopato austriaco, il Papa ha richiamato la necessità di un «cambiamento di rotta». A cosa si riferiva?

Si riferiva in modo molto preciso e realistico alla situazione della nostra Chiesa che, come in molte altre parti d’Occidente, si trova a vivere in una condizione di minoranza dentro la società. Certo, la maggioranza dei cittadini è battezzata e si dice cristiana ma i credenti sono un nucleo minoritario. Nelle ultime due generazioni i legami tradizionali con la fede cristiana si sono affievoliti. Oggi a scuola arrivano molti bambini che non hanno mai sentito parlare di Gesù, non conoscono nulla del Vangelo, non sanno pregare. Ci troviamo come nell’impero romano del secondo secolo quando fece irruzione il cristianesimo. Allo stesso modo noi siamo chiamati a rendere visibile la novità cristiana. Benedetto XVI è il Papa scelto da Dio proprio per questo particolare momento storico: con la sua parola e la sua testimonianza ci invita ad un nuovo spirito missionario, nella convinzione che la fede rappresenta una grande risorsa per la società. L’Europa deve tornare a fare i conti con questo. Altrimenti come può pretendere di affrontare le sfide che arrivano dall’esterno come l’islam?

A un anno dal discorso di Ratisbona il Papa tornerà sull’argomento?

A dire il vero la questione centrale affrontata in quel discorso non era tanto il rapporto con l’islam ma quello tra fede e ragione. Da un lato mostrava la profonda ragionevolezza della fede, dall’altro notava che la ragione deve mantenere un’apertura al fatto soprannaturale se non vuole rovesciarsi nell’irrazionalità. Le stesse argomentazioni le troviamo anche nel suo ultimo libro «Gesù di Nazaret» là dove illustra la profonda ragionevolezza del Discorso della Montagna sulle Beatitudini.
Lo fa non per il gusto della provocazione, come è stato accusato da qualcuno dopo il discorso di Ratisbona, ma perché va al fondo delle cose. Ed in questo modo stimola tutti alla riflessione.

L’accusa sollevata spesso è che Papa Ratzinger sarebbe poco incline al dialogo...

Guardi, se c’è qualcuno che ama il confronto e la discussione con chi la pensa diversamente è proprio Ratzinger. Da cardinale ha dialogato in pubblico con intellettuali laici come Jurgen Habermas, Marcello Pera, Paolo Flores d’Arcais. Forse sono i non credenti che temono di confrontarsi con lui... Certo, adesso col ministero di Pietro, ha assunto un altro ruolo rispetto a quello dell’intellettuale, non parla più come professore. Tocca a noi riprendere i suoi stimoli e continuare il dialogo dentro la società.

I sondaggi pubblicati in questi giorni dicono che la visita del Papa lascia indifferente la maggior parte degli austriaci. Cosa ne dice?

Qui non serve la statistica. La visita del Papa non può essere ridotta ad un evento mediatico il cui successo si misura in base a ll’indice di gradimento con cui è accolto. Il Santo Padre non è una rockstar che canta melodie orecchiabili. Parla a nome di Cristo e lancia una sfida. Dice cose scomode, non possiamo aspettarci che tutti si mettano ad applaudire. L’importante è che questa voce si faccia sentire e possa arrivare a tutti. Aspettiamo a vedere gli effetti. Benedetto XVI ha il dono della parola, sa unire ragione ed emozione. Io credo che toccherà il cuore di molte persone, come è già successo in altri suoi viaggi.

Durante la visita in Austria il Papa non avrà nessun incontro di carattere ecumenico, il che ha scatenato alcune polemiche...

Sono polemiche assolutamente infondate. Era chiaro fin dall’inizio che non ci sarebbe stato un incontro di questo tipo, per il semplice motivo che negli stessi giorni della visita del Papa i responsabili delle altre Chiese cristiane si trovano a Sibiu, in Romania, per la grande assemblea ecumenica. Vorrei ricordare inoltre che il viaggio di Benedetto XVI in Austria si caratterizza come un pellegrinaggio e non come una visita pastorale in senso stretto. Non sono previsti incontri con gruppi e realtà ecclesiali. Ma ovviamente questo non significa l’assenza della dimensione ecumenica che verrà sottolineata durante le celebrazioni a Mariazell.

Lei accennava prima ai possibili effetti di questa visita. Qual è quello che più desidera?

Che i cattolici in Austria riscoprano il coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede. Il Papa ci inviterà a questo. C’è chi darà segni di fastidio e chi invece ne sarà contento. In ogni caso la visita di Benedetto XVI ci farà un gran bene.

© Copyright Avvenire, 6 settembre 2007

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