2 settembre 2007

Il Papa a Loreto: lo speciale de "Il Messaggero"


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Il successo oltre le aspettative, una regia perfetta che ha scelto per le esperienze facce telegeniche. Fra gli ospiti anche padre Bossi

«Giovani non sentitevi ai margini, cambiate il mondo»

Il Papa: partire dalle periferie e ricostruire la famiglia, luogo di incontro fra le generazioni

FRANCA GIANSOLDATI dal nostro inviato

LORETO (Ancona)- Il Papa teologo mette le ali ai sogni di 400 mila ragazzi, alla loro sete di giustizia, al desiderio di costruire un mondo più giusto. «Con Dio c’è speranza. Nonostante i grandi concentramenti del potere la società di oggi ha bisogno di solidarietà, del senso di legalità, della creatività di tutti. Cresca la speranza! Dobbiamo prendere proprio nelle periferie l’iniziativa: che la Chiesa sia presente. Dobbiamo formare centri di fede, di speranza, di amore di solidarietà, di giustizia, di cooperazione. Solo così può sopravvivere la società moderna. Il mondo deve essere cambiato. Cambiarlo è la missione dei giovani, non devono sentirsi ai margini». Più che un incoraggiamento è sembrata un’adunata agli uomini migliori prima di una battaglia importante. Benedetto XVI ha parlato dal gigantesco palco sulla spianata di Montorso, all’ombra del santuario mariano di Loreto, dove ieri pomeriggio ha aperto sotto il sole il mega raduno giovanile. Tra gli ospiti anche Padre Bossi, al quale ha dato un abbraccio affettuoso. Il successo è andato oltre le aspettative, forse grazie anche ad una regia impeccabile curata in ogni minimo dettaglio, persino nella ricerca dei volti dei ragazzi chiamati a raccontare al microfono sè stessi. Facce telegeniche, credibili e simpatiche. L’immagine stereotipata del papaboys scialbo e poco attento con Papa Ratzinger sembra finire in soffitta.
Due i filoni individuabili nel discorso preparato per catturare lo sterminato uditorio. Da una parte l’innato senso di giustizia dei giovani, dall’altro la crisi della famiglia causata dal relativismo dilagante, virus che sta intaccando nel profondo i centri nevralgici della società. A Montorso sono rieccheggiate gravi tante domande: come arginare il fenomeno dei matrimoni in frantumi? Come aiutare i fidanzati a mantenere le promesse durature? La preoccupazione del Papa è parsa evidente ed è chiaro che si aspetta dai cristiani grande rigore: «La crisi che segna le famiglie del nostro tempo non diventi un fallimento irreversibile» ha affermato. La sua speranza è di vedere le famiglie cristiane, «con il sostegno della Grazia divina, mantenersi fedeli a quel solenne impegno d’amore assunto con gioia dinanzi al sacerdote e alla comunità cristiana, il giorno solenne del matrimonio». Il Papa ha invitato a riflettere. «Le grandi cellule della vita della società che possono costruire anche centri nella periferia della società, sono in frantumi. La famiglia che dovrebbe essere il luogo dell’incontro delle generazioni, dal bisnonno fino al nipote, dove si impara a vivere, è in pericolo; dobbiamo fare il possibile perché la famiglia sia un centro in questa periferia». Durante la serata il grande palcoscenico dopo aver ospitato musica e preghiere, si è animato di testimonianze. Storie di violenze in famiglia, di una giovane anoressica guarita per avere fatto entrare nel suo cuore Dio, di ragazzi finiti nella spirale della criminalità, di abbandoni, di solitudini, di dolore quotidiano. «Ci sentiamo gli scarti del processo di globalizzazione» ha sussurrato un ragazzo di Bari. Anche se il Male è parte del mondo, ha ragionato il Papa, Dio offre a chi crede la possibilità di sperare: «Dobbiamo accettare che in questo mondo Dio è silenzioso, dall’altra dobbiamo non essere sordi al suo ”parlare”, al suo apparire in tante occasioni. La presenza del Signore la possiamo avvertire facendo luce in noi stessi e aprendoci agli altri».
Ancora una volta il grande tema del silenzio di Dio, argomento che Benedetto XVI ha affrontato diverse volte nel corso del pontificato, persino recandosi ad Auschwitz due anni fa, ha tenuto banco. A chi è assetato di giustizia ha suggerito di non avere mai paura «di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene e non dovete lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà». La Woodstock di Loreto organizzata per preparare la Giornata Mondiale della Gioventù di Sidney l’anno prossimo, si è chiusa con una preghiera composta per l’occasione: «Poni il tuo sguardo sui giovani, perché siano il terreno fecondo della Chiesa italiana». Alla fine acclamato come un pop star Benedetto XVI è risalito sulla sua papamobile bianca diretto al santuario di Loreto.

© Copyright Il Messaggero, 2 settembre 2007


«Qui in una piazza senza mura e barriere»

Lo spirito di Montorso nelle parole del Papa al popolo dei 400 mila Cristoboys

di GIOVANNI SGARDI

«LORETO capitale spirituale dei giovani». Parola di Benedetto XVI, che non poteva fare regalo più grande ai quattrocentomila ragazzi di Montorso. Centomila in più di quelli attesi alla vigilia, ma non è soltanto questione di numeri. E’ lo spirito di Loreto che colpisce, un messaggio arrivato probabilmente al cuore del Santo Padre. Una mistica speciale, canti, balli, abbracci, preghiere, bandiere sì. Ma anche l’unione di questi “boys” in una fratellanza profonda, l’amore incondizionato non solo per Cristo, ma anche per gli altri. La spettacolarizzazione dell’evento contenuta, la fede interiore espressa al massimo. Con le preghiere drammatizzate in vivide letture di una cerimonia che non ha concesso nulla alla liturgia, con i momenti di riflessione, con le potenti testimonianze dei ragazzi dal palco. «Questa valle - ha continuato Benedetto XVI -, dove in passato anche il mio amato predecessore Giovanni Paolo II ha incontrato forse molti di voi, è diventata ormai la vostra Agora, la vostra piazza senza mura e barriere, dove mille strade convergono e si dipartono». «Qui vi ha guidati lo Spirito - ha proseguito -; qui siete venuti con i vostri dubbi e le vostre certezze, con le vostre gioie e le vostre preoccupazioni. Ora tocca a voi aprire il cuore ed offrire tutto a Gesù». Non poteva iniziare in maniera più entusiasmante per Loreto la due giorni della fede di Benedetto XIV. Che la terza volta di un Papa a Montorso non fosse una pur nobile routine si era capito quando l’elicottero del Santo Padre è apparso, alle 17.11, sul cielo di Montorso. Una virata, una morbida curva sopra la piana gremita all’impossibile. Come se Benedetto avesse voluto abbracciare dal cielo i suoi meravigliosi ragazzi. L’incontro con le autorità, il vice premier Francesco Rutelli, il presidente della Regione Gian Mario Spacca, l’arcivescovo Gianni Danzi, presso la palazzina del centro di Coordinamento dell’Agorà, dura una manciata di minuti. Poi via, sulla papamobile scoperta lungo l’asse centrale della piana, tra due ali di giovani. Il Papa saluta, fa fermare l’auto, stringe mani, si ferma ancora nei pressi del settore dei disabili.
Non è nutrito il parterre degli invitati di rango. Oltre alla rappresentanza degli assessori regionali, ci sono il sottosegretario Pietro Colonnella, la parlamentare Maria Paola Merloni, Savino Pezzotta, il presidente della Corte d’Appello Mario Buffa, il procuratore generale Gaetano Dragotto. Sul palco, su cui si sono alternati gruppi musicali e rappresentanze di fedeli, tra cui quella di Sidney che ospiterà tra un anno la gionata mondiale della gioventù, all’improvviso cala il silenzio. Tutta la scena è per il Pontefice, lui apre le braccia per ringraziare. Una lettrice introduce subito il tema della preghiera: Cristo che viene al mondo nella solitudine, nella periferia di un impero ostile e straniero. L’emarginazione, la fede che riscatta dalla violenza sarà il filo conduttore di tutta la riflessione dell’Agorà.
L’incipit di Papa Ratzinger non indulge all’effetto. «Tutti voi che amate Dio, grazie». Il potere della parola tanto caro al pontefice inizia ad insinuarsi con le testimonianze dei ragazzi dal palco. Luca Romani: «Noi giovani vogliamo essere protagonisti» e il pontefice gli regala un applauso ed un abbraccio. Poi è la volta di padre Giancarlo Bossi, rimasto per quaranta giorni nelle mani dei sequestratori filippini: «Lei mi ha portato nel suo cuore di padre durante il mio sequestro, tutti questi giorni con la loro preghiera e il loro amore mi hanno dato il coraggio di rimanere fedele a Cristo». La commozione sale, raggiunge il culmine con la testimonianza di una ragazza anoressica che si è salvata grazie alla fede. C’è chi piange, l’esperienza è dura, le parole del Papa curano senza anestetizzare. Il messaggio è, per il popolo che crede, anche nella statua della Vergine nera, il simbolo di Loreto, il simbolo della nuova “capitale dei giovani”, che raggiunge la cupola bianca. Sul sabato dell’Agorà cala il tramonto, non la fine. Benedetto lascia la scena alle star della musica per ritirarsi in preghiera nella Santa Casa. Stamattina alle 9,30 messa a Montorso, durante la quale affiderà a 72 giovani (che saliranno sul palco) il mandato di testimoniare la fede nel mondo in vista di Sidney, alle 12 l’Angelus. Nel pomeriggio l’incontro con la cittadinanza a Loreto.

© Copyright Il Messaggero (Ancona), 2 settembre 2007


«Santo Padre rispondi ai nostri dubbi»

Le domande dei giovani. Lui: «Non dovete perdere mai la speranza»

di ELISABETTA FLAMINI

LORETO - Teli blu presi dalla “sacca del Pellegrino” - lo zaino concesso dall'organizzazione a tutti gli accreditati, per affrontare con vari benefit la lunga attesa - stesi lungo la spianata e giovani vocianti adagiati sopra. Aspettano il papa fin dall'ora di pranzo. L'attesa cessa con un boato, quando in cielo si staglia un Sykorsky bianco, l'elicottero della Aereonatica in uso del Vaticano. Sono le 17.15, il papa arriva come un angelo. Dall'alto. Scende, ma non si palesa. Tra i giovani papaboys l'emozione cresce. Altro boato. Stavolta arriva sul serio, benedicente sulla papamobile, 15 minuti dopo. I giovani l'accolgono battendo le mani e chiamandolo per nome, così, come se fosse il vicino di casa. O un idolo. Di certo lo amano, e si amano, socializzano, conoscono a memoria quasi tutti i canti che aprono la veglia. Sul palco, li accompagna l'orchestra diretta dal maestro Leonardo de Amicis. I ragazzi nell'area platea alla vista del papa si seggono come per miracolo, all'unisono, occupando all'istante le 5mila sedie a disposizione. Alle 18 inizia la fase più toccante della veglia, che si protrarrà fino alle 20: alcuni giovani sottopongono al papa i problemi più diffusi che li affliggono, invocano soluzioni. Domina il tema della periferia. Non solo in senso spaziale, si discute di periferie esistenziali. E si leggono storie esemplari. Un ragazzo sul palco denuncia come il mondo disorienti e renda difficile cogliere il significato della vita, e come chi si sente poco amato, poco ascoltato finisca spesso per cadere in atteggiamenti cinici e di ribellione. «La gioventù viene descritta spesso come superficiale, invece non è così», dice alzando la voce. Il pubblico lo applaude entusiasta. Si parla di gioventù che chiede aiuto, si invoca una benedizione. Benedetto XVI ascolta compunto, e quando risponde lo fa con voce vibrante. Li conforta, li esorta ad andare avanti nonostante tutto. Piero e Giovanna sono di Bari, assistente sociale lei, ingegnere disoccupato lui, costretto a trasferirsi a Roma per lavorare. A sradicarsi dalla terra d'origine. Così come è successo a Giovanni, di un altro paese del sud, che rubava per sopravvivere: gli uccidono tanti amici, e allora sceglie di andarsene, di vivere al nord. Meglio fare il carpentiere onestamente che vivere tutta la vita di espedienti. Sono giovani di periferia che parlano, «quelli che mancano di un centro, sempre in attesa di un progetto, di un futuro, che sembra non arrivare mai», dice un altro ragazzo. Benedetto li invita a non perdere mai la speranza, senza comunque cadere in un facile ottimismo. «Nel mondo dominano le grandi burocrazie – dice – e chi si trova nelle periferie sembra escluso. Ma dove c'è Cristo c'è il centro di tutto. La famiglia, che nelle periferie potrebbe essere il centro vitale, in realtà è frantumata». Ma a volte i miracoli accadono, come nella storia di Ilaria di Roma, l'ultima ragazza intervenuta per raccontare di sé. Una vita segnata dalla violenza, con un padre assente, e i genitori che divorziano presto: «confesso che non avrei mai voluto essere nata, nascondevo i problemi a tutti». Poi l'anoressia, il baratro. Ma in fondo al buio, la fede. E rinasce. Oggi Irene è sposata, e ha un bellissimo figlio che dichiara di affidare alla Madonna.

© Copyright Il Messaggero (Ancona), 2 settembre 2007


Il menù del pranzo di oggi

Tipicità marchigiane sulla tavola del Papa

di SERENA BUSSOTTI

LORETO Semplicità e il meglio delle tipicità marchigiane trionferanno oggi sulla tavola di Benedetto XVI. Il pranzo del Pontefice, previsto per le 12.30 nella Sala del Tinello del Palazzo Apostolico, sarà curato dallo staff dell’Istituto di Istruzione superiore Antonio Nebbia di Loreto. Il menu, ideato da Walter Borsini, docente-chef e responsabile degli eventi dell’istituto alberghiero, coadiuvato dai colleghi Andrea Prezzemoli e Roberto Cingolati, è stato selezionato dalla Delegazione Pontificia tra le diverse proposte presentate.
Il pranzo, al quale prenderanno parte un centinaio di persone, si aprirà con un antipasto composto da una selezione di salumi tipici (ciauscolo, prosciutto e salame lardellato prodotti dal Salumificio del Conero), uno spiedino di verdure grigliate, una caramella di pasta croccante con ripieno di salciccia a lattuga e alcune verdure sott’olio proposte dall’azienda Si.Gi. Due i primi in programma, spinosini e pennette Latini, proposti con del sugo fresco di pomodoro e basilico. Per secondo filetto (di razza marchigiana, dell’azienda Quartiglia) alla griglia, servito con patate novelle al forno, olio extravergine della Fattoria Petrini e qualche goccia di sapa. Per dolce una torta monumentale, curata in collaborazione con Claudio Marcozzi della pasticceria Il Picchio, realizzata con crema di riso e praline ideate ad hoc per la visita di Benedetto XVI. Il tutto accompagnato dai vini delle aziende Garofoli (di Loreto) e Santacassella (di Porto Potenza).
Al termine del pranzo verrà consegnato al Pontefice un cesto-regalo realizzato con gli spinosini di Campofilone: un omaggio creato per l’occasione da Vincenzo Spinosi.

© Copyright Il Messaggero (Ancona), 2 settembre 2007

1 commento:

Anonimo ha detto...

A chi ancora dovesse mantenere dei dubbi, il Santo Padre ha dato dimostrazione di possedere la risposta giusta ad ogni quesito, senza dover ricorrere all’ausilio di qualsivoglia altro supporto. Benedetto XVI non poteva dare esempio migliore di sapienza, equilibrio e saggezza!!!