3 settembre 2007
Santa Messa del Papa a Loreto: gli articoli de "Il Giornale" e "L'Eco di Bergamo"
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Ecco il popolo di Ratzinger. La carica dei 500mila boys
di Redazione
Loreto (Ancona) - Ora anche Benedetto XVI ha i suoi «papaboys». Papa Ratzinger non ha mai amato lo stile di certe veglie-spettacolo che hanno caratterizzato i grandi raduni giovanili negli anni di Giovanni Paolo II. Per questo ha voluto controllare personalmente tutto, e distinguere in modo netto il momento della veglia di preghiera dallo spettacolo che sabato sera Raiuno ha mandato in onda.
Benedetto XVI si è reso presente anche all’inizio di questo secondo momento, ma solo con un collegamento audio-video dalla Santa Casa di Loreto. Eppure ciò che è avvenuto nelle ultime ore a Loreto ha mostrato ancora una volta che il timido professore teologo, «l’umile lavoratore della vigna del Signore», come ebbe a definirsi appena eletto, pur non avendo lo stesso carisma comunicativo di Wojtyla, ha saputo far breccia nei cuori dei giovani. Di fronte alle domande preparate, ha abbandonato il testo scritto rispondendo a braccio in modo diretto, sapendo andare al cuore delle provocazioni che gli erano state lanciate.
«Emozionante», «sorprendente», «semplice», «vicino», «dolce». Con queste parole alcuni dei giovani dell’Agorà di Loreto hanno definito il Papa dopo averlo ascoltato e incontrato. «È stata una scoperta – racconta Stefania di Rimini – si diceva riuscisse a comunicare meno rispetto al suo predecessore, ma noi abbiamo scoperto una persona molto dolce, alla portata di tutti. Le sue parole, inoltre, sono state molto concrete, ben calate nella realta quotidiana». «Ci ha incoraggiati molto – osserva invece Francesca, anche lei riminese –, è stato molto paterno, ma non opprimente. Tiene molto a noi, e ci ha richiamati concretamente all’umilta». «Ci siamo sentiti accolti e incoraggiati – riferisce Giulio di Verona – perché il Papa ci ha detto di non aver paura e ci ha chiesto di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene, senza lasciarci scoraggiare dalle inevitabili difficoltà. Dio ci ama, ama ciascuno di noi, dovunque siamo e qualunque sia la situazione che viviamo».
In prima fila, alla Messa di ieri, il vicepremier Francesco Rutelli, che il Papa ha personalmente ringraziato all’inizio dell’omelia e che ha partecipato al pranzo con Benedetto XVI insieme ai vescovi del Consiglio permanente della Cei.
© Copyright Il Giornale, 3 settembre 2007
Di solito "Il Giornale" e' molto equilibrato ma, purtroppo, e lo dico sinceramente, questo articolo (non firmato ma a cura della redazione) mi delude profondamente: come gia' dicevamo ieri, siamo arcistufi dei soliti confronti. Non solo: avrei accettato volentieri che si scrivesse che Papa Benedetto ha un carisma comunicativo diverso dal suo predecessore. Cio' che non accetto e che trovo profondamente ingiusto nei confronti di Benedetto XVI e' l'affermare che egli "non ha lo stesso carisma di Wojtyla". E quel "non ha" che mi fa arrabbiare. Si dica "egli ha un carisma diverso".
Mi dispiace che anche "Il Giornale" cada in certi meccanismi.
Raffaella
Il Papa esorta i giovani ad avere coraggio: "Andate controcorrente"
di Andrea Tornielli
Loreto (Ancona) - Benedetto XVI invita i giovani dell’Agorà ad andare controcorrente facendo proprio il metodo scelto da Dio per irrompere nella storia dell’uomo: quello dell’umiltà. E li invita a badare più all’essere che all’avere, resistendo alle «voci suadenti» dei media che propagandano modelli di vita improntati «all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo». Chiede loro di seguire Gesù impegnandosi in favore degli ultimi ma anche salvaguardando l’ambiente, adottando «scelte coraggiose» prima che «sia troppo tardi». Propone loro il modello di Maria, che nella semplicità della casa di Nazaret – le cui mura secondo un’antica tradizione sono custodite a Loreto – seppe dire il suo «sì» al progetto di Dio.
La spianata di Montorso, alla periferia di Porto Recanati, è un mare variopinto. Ci sono i giovani provenienti da tutta Italia, ospitati con generosità dalle diocesi marchigiane, ma ci sono anche delegazioni che giungono dall’Europa e dal mondo. Hanno risposto in tanti e il culmine delle presenze si registra per la Messa conclusiva: quasi cinquecentomila, assicurano gli organizzatori. A fianco del Papa ci sono i cardinali e molti vescovi del nostro Paese. Quello che Benedetto XVI lancia, visibilmente emozionato per l’accoglienza, è un messaggio improntato all’esempio della Madonna. «Dio cerca cuori giovani, cerca giovani dal cuore grande – spiega – capaci di fare spazio a Lui nella loro vita». Ma che cosa rende «davvero giovani in senso evangelico?», si domanda. La risposta è «l’umiltà di Maria». «Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato», si è appena letto nel Vangelo di Luca: «Questa prospettiva indicata dalle Scritture appare oggi quanto mai provocatoria per la cultura e la sensibilità dell’uomo contemporaneo. L’umile è percepito come un rinunciatario, uno sconfitto, uno che non ha nulla da dire al mondo. Invece questa è la via maestra, e non solo perché l’umiltà è una grande virtù umana, ma perché, in primo luogo, rappresenta il modo di agire di Dio stesso. È la via scelta da Cristo».
Il Papa afferma che questa parola di Dio sull’umiltà è un messaggio «importante e quanto mai attuale». «Non seguite la via dell’orgoglio – continua Benedetto XVI – bensì quella dell’umiltà. Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all’apparire e all’avere, a scapito dell’essere. Di quanti messaggi, che vi giungono soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici! Non andate dietro all’onda prodotta da questa potente azione di persuasione».
«Non abbiate paura cari amici – dice ancora Ratzinger – di preferire le vie “alternative” indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni affettive sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse profondo per il bene comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda». I «vostri coetanei, ma anche gli adulti» e specialmente quanti sembrano più lontani dai valori del Vangelo «hanno profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù».
Il Papa chiarisce che quella dell’umiltà «non è la via della rinuncia, ma del coraggio», non è «l’esito di una sconfitta ma il risultato di una vittoria dell’amore sull’egoismo e della grazia sul peccato». La prima grande sfida «rimane sempre quella di seguire Cristo fino in fondo, senza riserve e compromessi» e ciò significa «sentirsi parte viva del suo corpo che è la Chiesa» perché «non ci si può dire discepoli di Gesù se non si ama e non si segue la sua Chiesa». E nella Chiesa si impara ad accogliere e aiutare i poveri e gli ultimi: «Seguire Cristo – afferma ancora Benedetto XVI – comporta lo sforzo costante di dare il proprio contributo alla edificazione di una società più giusta e solidale, dove tutti possano godere dei beni della terra». Il Papa sottolinea, infine, l’importanza e l’urgenza dell’impegno per «la salvaguardia del creato». «Alle nuove generazioni – conclude – è affidato il futuro del pianeta, in cui sono evidenti i segni di uno sviluppo che non sempre ha saputo tutelare i delicati equilibri della natura. Prima che sia troppo tardi, occorre adottare scelte coraggiose, che sappiano ricreare una forte alleanza tra l’uomo e la terra. Serve un sì deciso alla tutela del creato e un impegno forte per invertire quelle tendenze che rischiano di portare a situazioni di degrado irreversibile».
© Copyright Il Giornale, 3 settembre 2007
«Giovani, andate controcorrente»
L'esortazione di Benedetto XVI ai 500 mila radunati a Loreto: raccogliete la sfida «Siate critici con le proposte di questa società». Appello per la salvaguardia del creato
Alberto Bobbio
LORETO Adesso, dopo averli osservati, adesso, dopo aver parlato con loro, Benedetto XVI dice come li vuole, i giovani della Chiesa d'Italia: «Vigilanti, critici, controcorrente». Tre parole, tre aggettivi che getta sulla grande piana di Montorso e colpiscono. Ieri mattina, celebrando la Messa davanti a mezzo milione di giovani, una Gmg d'Italia che ha sorpreso tutti, anche la Conferenza episcopale e i 200 vescovi presenti, il Papa ha indicato la strada che bisognerà percorrere e ha avvisato che non sarà facile, che sarà una via stretta, dove le incomprensioni sono in agguato, dove c'è pure il rischio della presa in giro.
È la stessa cosa che è capitata a Dio, spiega il Papa, quando ha offerto la sua «Allenza», quando ha voluto «stringere con gli uomini un patto nuovo», incontrando «spesso resistenze e rifiuti». Eppure è su questa strada che bisogna camminare. Ma per farlo, spiega Ratzinger, «bisogna essere giovani interiormente», capaci cioè di «lasciarsi interpellare» dalla novità del Vangelo. Benedetto XVI ha ripreso alcune tematiche, che le cui tracce si possono vedere nel corso del pontificato, e alla fine ha lanciato un appello per una nuova alleanza tra l'uomo e la natura per la salvaguardia del creato. Ma non è un Papa no global quello che ieri ha chiuso l'Agorà dei giovani a Loreto.
Con il suo solito stile sobrio e schietto ha detto ai giovani di aver voluto proporre e «affidare» quelle che ha chiamato «considerazioni», che «intendono essere un paterno incoraggiamento a seguire Cristo per essere testimoni della sua speranza e del suo amore». Poi li ha assicurati: «Da parte mia continuerò a starvi accanto con la preghiera e con l'affetto».
C'è un Papa amico che i giovani si portano a casa da Loreto. Ha raccontato a loro una Chiesa simpatica, che ha «predilezione per i giovani», che «ne rispetta la libertà», ma anche che non «si stanca mai di indicare mete più alte per la vita», proprio come ha fatto Gesù con il giovane ricco: «La Chiesa vi guarda con immenso affetto, vi è vicina nei momenti della gioia e della festa, della prova e dello smarrimento, vi sostiene con i doni della grazia sacramentale e vi accompagna nel discernimento della vostra vocazione».
Poi va al cuore della questione: che tipo di giovane è quello che cammina con il Vangelo sottobraccio? Joseph Ratzinger, il Papa che esordì dalla Loggia delle Benedizioni, dicendo di essere solo «un umile operaio nella vigna del Signore», sottolinea che quella dell'umiltà è l'unica prospettiva che può scegliere il cristiano. Cita il Magnificat («ha guardato l'umiltà della sua serva»), cita il libro del Siracide («quanto più sei grande tanto più umiliati)», cita il Vangelo di Luca quando l'apostolo scrive: «Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato». Ma l'umiltà non è merce che va di moda nella società di oggi.
Il Papa sviluppa un ragionamento che ha poca cittadinanza, anche nell'Italia di oggi: «Questa prospettiva delle Scritture appare quanto mai provocatoria per la cultura e la sensibilità dell'uomo contemporaneo». E ricorda che «l'umile è percepito come un rinunciatario, uno sconfitto, uno che non ha nulla da dire al mondo». Invece non è così, spiega il Papa, perché questa «è la via maestra», perché «l'umiltà è una grande virtù umana».
Come al solito Ratzinger spezza schemi e e frantuma pregiudizi. Lo fa davanti a mezzo milione di giovani, con un'età più bassa rispetto a quella di altri grandi incontri del passato. Lo fa con la certezza di essere capito e di scuotere le coscienze. Chiede ai giovani di non essere conformisti, ma di essere alternativi.
Lo dice con chiarezza, quando scandisce che «il messaggio è questo: non seguite la via dell'orgoglio, ma quella dell'umiltà». E poi l'invito: «Andate controcorrente, non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molti parti propagandano modelli di vita improntati all'arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all'apparire e all'avere, a scapito dell'essere». E poi l'esortazione: «Siate vigilanti. Siate critici!». Si riferisce ai media, che destinano molti messaggi ai giovani: «Non andate dietro all'onda prodotta da questa potente azione di persuasione». Ma soprattutto, dice il Papa, «non abbiate paura di preferire vie alternative».
Ratzinger le mette in fila una per una: «stile di vita sobrio e solidale», «relazioni affettive sincere e pure», «impegno onesto nello studio e nel lavoro», «interesse profondo per il bene comune». Ripete: «Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda». Riempie di significato l'umiltà, che «non è via della rinuncia, ma del coraggio». Alza la voce quando pronuncia la parola «coraggio», quando spiega che bisogna avere il «coraggio dell'umiltà», come lo hanno avuto tanti giovani santi, noti e anonimi, ma «non per Dio». L'umiltà inoltre serve, rileva il Papa, anche per capire, che la fede «non propone un insieme divieti morali, ma un cammino gioioso alla luce del sì di Dio».
Il Papa ammette che le sfide che oggi i giovani devono affrontare sono «tante e grandi». Ma, osserva che «la prima è quella di seguire Cristo fino in fondo, senza riserve, né compromessi» e a ciò allena la Chiesa, dove si cerca «non il successo, ma il bene«, dove si impara ad aiutare «i poveri e gli ultimi». La lezione di Ratzinger ai giovani non è tuttavia ancora finita. Resta un appello, che è anche un mandato: "Date il vostro contributo all'edificazione di una società più giusta e solidale, dove tutti possano godere dei beni della terra». Benedetto XVI sottolinea che oggi «uno dei campi in cui appare urgente operare è senz'altro quello della salvaguardia del creato». Ed è proprio «alle nuove generazioni» che è affidato il compito di occuparsi del «futuro del pianeta», su qui appaiono «evidenti i segni di uno sviluppo che non sempre ha saputo tutelare i delicati equilibri della natura». Il Papa ricorda la giornata nazionale voluta dalla Cei per la salvaguardia del creato, celebrata ieri, per sollecitare una «forte alleanza tra l'uomo e la terra» con l'adozione di «scelte coraggiose», «prima che sia troppo tardi»: «Serve un sì deciso alla tutela del creato e un impegno forte per invertire quelle tendenze che rischiano di portare a situazioni di degrado irreversibile».
Fa l'esempio del problema dell'acqua, al quale quest'anno la Cei ha dedicato la Giornata. È un «bene preziosissimo, che se non viene condiviso in modo equo e pacifico, diventerà purtroppo motivo di dure tensioni e aspri conflitti». Al termine della Messa Benedetto XVI ha simbolicamente dato il mandato di missionari del Vangelo tra i giovani «in ogni angolo dell'Italia» a 72 giovani in rappresentanza di diocesi, associazioni e movimenti con queste parole: «Andate con determinazione e libertà di spirito, comunicate la pace, sostenete chi è debole, preparate i cuori alla novità di Cristo».
© Copyright L'Eco di Bergamo, 3 settembre 2007
«Grazie, la Chiesa italiana ha fatto un lavoro incredibile»
LORETO (ANCONA) Se è andato dicendo «grazie» alla gente di Loreto, con un grande elogio alla Conferenza episcopale italiana che ha voluto e organizzato il grande raduno giovanile e un caloroso ringraziamento sulla scaletta dell'elicottero anche a Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile. «La Chiesa italiana ha fatto un lavoro veramente incredibile», ha detto Benedetto XVI al termine del pranzo con il Consiglio episcopale permanente. «Dà una grande gioia - ha aggiunto - vedere la gioventù in cammino con i propri vescovi».
Le parole sono state riferite da padre Ciro Benedettini, vice direttore della sala Stampa vaticana. Il Papa, ha aggiunto padre Benedettini, «ha evidenziato la presenza a Loreto anche dei giovani australiani, sottolineando che l'esperienza fatta all'Agorà sarà utile per la Gmg di Sidney 2008». Al pranzo con i vescovi ha partecipato anche il vice premier Francesco Rutelli. Secondo quanto si è appreso Rutelli ha confermato «l'impegno delle istituzioni per una collaborazione nell'interesse del bene comune, e nel pieno rispetto dell'autonomia della parte civile e di quella ecclesiastica».
Dopo il pranzo il vescovo di Macerata, monsignor Claudio Giuliodori, fino a qualche mese fa portavoce della Conferenza episcopale, ha ringraziato il governo italiano a nome delle diocesi marchigiane per «l'ottima collaborazione nella preparazione e nello svolgimento dell'evento di Loreto». Il Papa ha pranzato con penne al pomodoro e basilico e un filetto ai ferri con verdure. Per gli ospiti c'erano vini marchigiani. Per il Papa, che non beve vino, c'era aranciata dolce e amara, bevande con cui ama pasteggiare.
Intanto i giovani lasciavano con grande ordine la spianata di Montorso. Trenitalia ha dovuto organizzare altri tre convogli speciali per farli tornare a casa tutti. Il Papa dopo pranzo ha incontrato la popolazione di Loreto sulla piazza della Basilica. Ha ringraziato e ha detto che «in queste ore, mi sono sentito veramente a casa». Nel breve discorso, il Papa ha ricordato il grande raduno di Giovanni Paolo II del 1995 con i giovani di tutta Europa e ha confidato di volersi porre nel medesimo atteggiamento del predecessore, considerando Loreto il cuore mariano dell'Italia: «Sia veramente il centro e il cuore della vostra città», ha poi detto ai cittadini che gremivano la Piazza della Madonna, assicurando loro che continuerà "a tenere Loreto presente nella mia preghiera». Il vescovo prelato di Loreto, monsignor Gianni Danzi, durante l'incontro con i lauretani, ha detto che Benedetto XVI è stato «un padre, un pastore e un maestro» per la Chiesa e la gente di Loreto.
Il sindaco Moreno Pieroni, dello Sdi, ha parlato della «profonda commozione» della città, citando le parole di Giovanni Paolo II, che nel 1979, durante il suo primo pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto, l'aveva definita «Casa della Madonna, casa della famiglia e di tutti i giovani, quindi anche casa del Papa». Questo passaggio è stato sottolineato da un grande applauso. A Benedetto XVI sono quindi stati donati un libro d'arte di artisti e poeti marchigiani e alcuni disegni di bambini.
Al. Bo.
© Copyright L'Eco di Bergamo, 3 settembre 2007
Un dialogo nel segno del Magnificat
Alberto Brasioli
Grandi numeri, cappellini, applausi e sacchetti ecologici, va tutto bene. Cerchiamo tuttavia di andare al fondo. E il fondo è che di tutto quel che stava accadendo in Galilea, in Giudea e nei paesi limitrofi circa duemila anni fa – governatori, tetrarchi, sommi sacerdoti, scribi e farisei – non è rimasto nulla se non le poche sillabe che una ragazza, promessa sposa ad un uomo chiamato Giuseppe, sussurrò in risposta ad un annuncio per lo meno singolare. E di quel che ne conseguì negli anni immediatamente successivi, ovvio.
Il luogo in cui le sillabe vennero pronunciate è uno di quei villaggi che si direbbero dimenticati da Dio e dagli uomini se non fosse che l'uno – a dispetto dei secondi – mostrò di non condividere affatto questa espressione. Di Nazareth e dei suoi abitanti, e di una in particolare, si ricordava infatti molto bene. E li scelse – paese e ragazza – per iniziarvi il più clamoroso – fino ad allora – dei suoi interventi.
Il fatto che l'eco di quelle poche sillabe risuoni ancora tra noi – anzi cresca, nel mondo come nei cuori della gente – è il fondo del week-end di Loreto.
E la faccia che il sì di quella ragazza, Maria, ha assunto oggi è il volto di un ragazzino figlio di un poliziotto e della ragazza «che sapesse cucinare e anche un po' cucire» che, leggendone l'inserzione sul bollettino parrocchiale, si dichiarò disponibile a sposarlo. Così almeno racconta Alessandra Borghese nel suo tenerissimo «Sulle tracce di Joseph Ratzinger». Il ragazzo si chiamava dunque Joseph, come il padre. Sua sorella Maria, come la madre. All'altro fratello, terminata la disponibilità dei riferimenti, fu dato il nome di Georg, il santo locale, probabilmente. Una famiglia a tal punto avvolta, quasi imbozzolata, dall'evento di cui si diceva, che il piccolo Joseph ha finito per assumere il ruolo temporaneo di vicario del figlio della coppia di Narareth. Così che ogni parola da lui sussurrata fra sabato e domenica, ogni parola ripetuta per affermare e testimoniare la presenza fra noi dell'originaria Maria e di suo figlio Gesù Cristo pareva assumere, grazie alla sua mite e straordinaria vicenda personale, la forza di verità che può essere propria soltanto dei fatti accaduti.
Non abbiate paura di affidare a Cristo la vostra vita, ha ripetuto più volte papa Benedetto ai ragazzi, perché nulla è impossibile a chi in Lui confida. Omnia possum in eo qui me confortat, per dirla con san Paolo prima e con la Madre Cabrini poi.
Ma forse al Papa venuto dalla Baviera è stato dato di dir la cosa ancor meglio dei due sopra. Perché mentre prometteva ai ragazzi impauriti di oggi – a tutti i ragazzi di oggi, anche a quelli che non erano lì, perché tutti i ragazzi del nostro tempo, anche quelli apparentemente più spavaldi e insolenti, sono impauriti – che se si affideranno a Cristo saranno capaci dell'impossibile, era come se ripetesse a se stesso le parole della madre sua e del Redentore: grandi cose ha fatto in me l'onnipotente, e Santo è il suo nome. Le ha fatte, certamente, in quella ragazza più bella ancora di quella scelte per leggere a Montorso, ma le ha fatte anche in me, nato in un paesino di quelli che gli Americani metterebbero volentieri dentro un cartone animato di Pinocchio o di Cenerentola, e le farà dunque anche in voi, e in ciascuno di voi. Vi sarà dunque dato di compiere l'impossibile – addirittura cambiare questo mondo – non perché vi sentirete personalmente onnipotenti, ma se vi sarà dato di riconoscere che Iddio stesso sta cercando di compiere l'impossibile in voi e mediante voi, e lascerete spazio alla sua iniziativa. Mi pare, quella del Magnificat, una formula ancor più preziosa dell'altra. La classe d'altra parte, con buona pace di san Paolo e della santa degi emigranti, non è acqua.
Ho seguito l'incontro di Loreto per televisione. Quando c'è di mezzo il Papa non mi ci scollano nemmeno con lo svitol. E per tutta la durata dell'avvenimento mi pareva di stare a mollo in una situazione strana: come quando, sull'autostrada o su una strada di montagna, la stazione radio su cui si è sintonizzati cede spazio alle emittenti locali, che le si sovrappongono. Ma non avvertivo – questa volta – la solita condizione di fastidio. Al contrario, mentre vedevo e sentivo la superficie dell'immagine e delle parole, continuava ad avanzare dolce e prepotente un altro suono, sempre del Magnificat. Là dove Maria dichiara, di fronte alla cugina Elisabetta, in cosa consista il culmine dell'impossibile più impossibile: «Ha guardato all'umiltà della sua serva». Per proseguire con quello che parrebbe addirittura un pizzico di civetteria femminile: «D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata».
Grandi cose farà in voi l'Onnipotente – mi pareva di sentir dire, al fondo – perché quella definitiva, la più impossibile che si possa immaginare, Dio l'ha già fatta. Anzi: la sta facendo adesso. Ha guardato e guarda la vostra - o per meglio dire: la nostra miseria.
Così, quando quella ragazza ha parlato della sua vita di prima, che quasi le si strozzavano le parole nella gola, e poi ha terminato, e lui, papa Benedetto, si è alzato in piedi commosso, quasi timoroso del fatto che fosse stato dato a lui di poter raccogliere quella storia di dolore e resurrezione, e di salvarla, mi è parso che fosse questa l'umiltà di cui tutti abbiamo bisogno. Non di dire che non valiamo niente, che siamo dei poveri diavoli senza destino né storia. Ma questa: che il Signore ci ha voluti e ci ha presi. E continua a guardarci, a volerci, e a mandarci suo figlio e sua madre nella carne e nel volto dei santi che sono tra noi.
© Copyright L'Eco di Bergamo, 3 settembre 2007
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