15 dicembre 2007
"Spe salvi", Natoli: "Solo il pregiudizio laicista trova il Papa antimoderno e contro il progresso"
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Solo il pregiudizio laicista trova il Papa antimoderno e contro il progresso
Luigi Ferlazzo Natoli
Dopo la prima enciclica Deus caritas est, Benedetto XVI, il 30 novembre scorso propone la seconda, intitolata Spe salvi e derivata da «Spe salvi facti sumus» («Nella speranza siamo stati salvati») dalla lettera di San Paolo ai Romani.
Naturalmente a caldo si sono scagliati contro il Pontefice tutti i commentatori laici – ma io direi in preda a un pregiudizio laicista – criticando un Papa che non ha fatto altro che avvertire gli uomini che nell'incontro – come afferma Bruno Forte – tra ragione e fede, la «speranza dà le ali necessarie per volare alto, al servizio della gioia e della libertà di ciascuno e di tutti».
Non dimentichiamoci, tra l'altro, che all'epoca in cui Giovanni Paolo II emanò l'enciclica Fides et ratio, l'allora cardinal Ratzinger era il prefetto della Congregazione della dottrina della fede, che collaborò certamente (almeno sul piano della ricerca teologica) con Papa Wojtyla. E quindi, da quella importante enciclica a Spe salvi, si può intravedere un fil rouge. Ciò va detto a quei commentatori che, avendo formulato un giudizio positivo per quanto concerne il Papa polacco, ritengono, invece, di dover criticare il Papa tedesco, reo di ostracismo verso tutto ciò che è moderno.
Orbene, non potendo occuparmi dei molteplici interventi di autorevoli commentatori laici, mi soffermerò brevemente su quanto afferma il filosofo del pensiero debole Gianni Vattimo, che legge nell'enciclica una condanna alla scienza e alla modernità, coinvolgendo in detta condanna filosofi come Bacone, Kant e Marx. «Del resto – dice Vattimo – ciò che il Papa rimprovera a tante forme di ideali emancipativi moderni è la loro pretesa, almeno a lui appare tale, di realizzare il regno di Dio in terra – con la conseguenza ovvia che, data la impossibilità di un simile programma, si producano solo violenze ancora più gravi di quelle a cui si tratterebbe di rimediare».
In effetti, ciò che dice il Papa è ben diverso (rispetto a una critica aprioristica e preconcetta) e si può sintetizzare con l'affermazione che la redenzione non nega, ma dialoga con l'emancipazione, ossia che la scienza da sola non risolve tutti i problemi dell'uomo, essendo essa stessa imperfetta. Nei confronti di Marx dice specificamente Benedetto XVI – e per me a ragione – che «il suo vero errore è il materialismo: l'uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente all'esterno creando condizioni economiche favorevoli».
E quindi è sbagliata la critica al Papa che attacca il progresso tout court. Egli, infatti, afferma che «bisogna che nell'autocritica dell'età moderna confluisca anche un'autocritica del cristianesimo moderno...».
In buona sostanza, la sola fede nel progresso, prodotto solo dalla scienza e dalla prassi, non porta da nessuna parte (o al peggio) se ad essa non si accompagna una crescita morale dell'uomo. Ratzinger osserva, infatti, che «noi tutti siamo diventati testimoni di come il progresso in mani sbagliate possa diventare e sia diventato, di fatto, un progresso terribile del male. Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell'uomo, nella crescita dell'uomo interiore, allora esso non è un progresso, ma una minaccia per l'uomo e per il mondo». Ovviamente si tratta di una critica al progresso, alla modernità, alla filosofia dei lumi e quant'altro, ma non di una condanna oscurantista e immotivata, come da taluno si vorrebbe sostenere.
Insomma, non è con la sola speranza nel progresso o nella scienza (che produce il progresso) che si realizzerà il Regno di Dio sulla terra, o se si vuole la felicità, se essa non è suffragata dalla speranza in quel «Dio che ci ha amati e ci ama tuttora, sino alla fine» (27). Credere solo nell'uomo, nella sua ragione, nelle sue potenzialità e non in Dio è, dunque, per Ratzinger una contraddizione che non porta da nessuna parte (o verso il male). Cadono, quindi, a parer mio, le critiche a un'enciclica e ad un Papa che sarebbe contro la scienza e contro il progresso, in quanto esse sono solo il frutto di un pregiudizio laicista.
Benedetto XVI ci invita, invece, a coniugare scienza e fede, unite insieme dalla speranza in un Dio-Amore, al fine di sviluppare un progresso per l'uomo, portatore non solo di valori materiali, ma anche (se non soprattutto) etici.
© Copyright Gazzetta del sud, 15 dicembre 2007
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