17 dicembre 2007
«Cattolici, meno timidezze» (Aldo Maria Valli per "Europa")
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Un nuovo tassello nella costruzione anti-relativista di Benedetto XVI
«Cattolici, meno timidezze»
ALDO MARIA VALLI
Testimoniare e annunciare la fede sempre e ovunque non è proselitismo, né intromissione nella religione e nella cultura altrui. Significa invece attuare pienamente il comando evangelico di diffondere la buona novella.
Dice questo la Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione presentata in Vaticano dal prefetto della congregazione per la dottrina della fede, cardinale William Joseph Levada, da monsignor Angelo Amato, segretario della stessa congregazione, e dai cardinali Francis Arinze e Ivan Dias, titolari rispettivamente dei dicasteri vaticani per il culto divino e l’evangelizzazione dei popoli. Uno spiegamento di alti prelati per un testo che sta particolarmente a cuore a papa Ratzinger e che ha tenuto impegnati a lungo gli esperti dell’ex Sant’Uffizio.
La questione, che a prima vista può apparire molto “tecnica”, riveste invece fondamentale importanza per la Chiesa cattolica.
Con il nuovo documento la congregazione di cui Joseph Ratzinger è stato responsabile prima dell’elezione a papa vuole rispondere nel modo più autorevole a una serie di obiezioni sempre più frequenti non solo fra i non cristiani ma anche all’interno della stessa Chiesa cattolica e soprattutto fra i missionari a contatto con altre culture e fedi.
Secondo alcune correnti teologiche infatti nei confronti dei non cristiani sarebbe sufficiente esporre le proprie idee religiose senza puntare necessariamente alla conversione e al battesimo. Una forma di “rispetto” dietro la quale però, secondo i responsabili vaticani, si nasconde un vero e proprio tradimento della consegna, lasciata da Gesù agli apostoli, di andare in tutto il modo per evangelizzare tutte le genti.
Un generico impegno per la promozione della giustizia, della pace e della solidarietà, senza un invito alla conversione, non corrisponde, sostiene la nota, alla missione della Chiesa e di ogni cristiano.
L’idea del pluralismo religioso, spiega il documento, non deve sfociare in un relativismo che di fatto rende inutile e annulla lo spirito missionario.
Questo vale anche nei confronti dei cristiani non cattolici, come gli ortodossi.
Certo, niente si impone con la forza, ma non procedere con l’annuncio significa negare sia il mandato evangelico sia la libertà religiosa.
La nota, dice il direttore della sala stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi, «vuole liberarci da una ingiustificata timidezza, quasi che l’annuncio del vangelo fosse una interferenza indiscreta nella vita degli altri e come se conoscere o meno Gesù Cristo fosse indifferente per la vita».
«Si è introdotta nella teoria e poi anche nella prassi di non poche istituzioni – sostiene monsignor Angelo Amato – l’idea del pluralismo religioso non solo di fatto ma di diritto, con la conseguente affermazione del relativismo religioso: ogni religione porterebbe alla salvezza allo stesso modo del cristianesimo ». Di qui un “raffreddamento” dello spirito missionario che potrebbe portare, denuncia Amato, anche alla sua estinzione.
Riferendosi all’Africa e all’Asia, i cardinali Arinze e Dias hanno sostenuto che la condivisione della fede cattolica con chi ancora non ha conosciuto Gesù deve essere considerato un atto d’amore, non un’imposizione attuata dall’esterno. «Se un cristiano non cercasse di diffondere il vangelo condividendo la perfetta conoscenza di Gesù Cristo – ha detto l’africano Arinze – potremmo pensare che quel cristiano non sia pienamente convinto della propria fede».
Ma il documento ha importanti riflessi anche sul piano ecumenico. Annunciare il messaggio di Gesù secondo la visione cattolica, sostiene la nota, non vuol dire fare proselitismo (accusa spesso formulata dagli ambienti ortodossi e specialmente dal patriarcato di Mosca) ma rispettare la dignità di ogni persona e delle libere scelte religiose di ognuno.
In questo senso la nota può essere letta come un prolungamento missionario della Dominus Iesus, la dichiarazione della congregazione per la dottrina della fede firmata nel duemila dall’allora prefetto Ratzinger e dal segretario Bertone “circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa”, un testo che sollevò molte polemiche in campo ortodosso.
Più in generale la nuova nota costituisce un altro tassello di quella vasta costruzione anti-relativista a cui Benedetto XVI si sta dedicando sempre più alacremente e apertamente, come dimostra anche la sua ultima enciclica dedicata alla speranza: non una speranza generica, ma pienamente cristiana.
© Copyright Europa, 16 dicembre 2007
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