21 dicembre 2007
La Cina rompe il tabù: il Presidente Hu parla di religione
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La Cina rompe il tabù: Hu parla di religione
DA PECHINO
Forse è solo un timido e parziale segnale di apertura, ma quanto successo mercoledì a Pechino è quantomeno una novità. Per la la prima volta nella sua storia, il Politburo ha infatti dedicato un suo incontro alla religione ed ha invitato due esperti a parlare della storia e della situazione della religione in Cina.
È stato lo stesso presidente cinese Hu Jintao – in una riunione dell’ufficio politico del Partito comunista cinese – a sottolineare che Pechino sostiene «la libertà di religione» e che si propone di «aiutare i credenti di tutte le religioni se sono in difficoltà».
Hu, che è anche il segretario generale del Pcc, ha sostenuto che «credenti e non credenti devono lavorare insieme» per il miglioramento della società, nella «nuova situazione» che si è venuta a creare in Cina.
Estratti dell’intervento di Hu Jintao sono stati pubblicati con rilievo dal Quotidiano del Popolo, il giornale del Partito. Secondo Liu Bainian, leader dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi controllata dal governo di Pechino, il fatto che il presidente abbia parlato davanti al Politburo e che il discorso sia stato ampiamente diffuso è importante perché indica che Hu Jintao ha voluto dare delle precise indicazioni di comportamento ai leader locali.
Il vescovo della Chiesa clandestina, fedele alla Santa Sede Jia Zhiguo, liberato da pochi giorni dopo quattro mesi trascorsi agli arresti domiciliari, non ha voluto commentare il discorso. Un suo collaboratore ha detto all’Ansa che il vescovo, che ha 73 anni e che ne ha passati 15, a diverse riprese, in prigione, teme di essere nuovamente arrestato quando sarà passato il Natale, perché gli è stato comunicato che dovrà partecipare ad altre «sessioni di studio», termine con il quale si indica in Cina una forma ancora molto diffusa di detenzione extra- giudiziale.
Pechino e la Santa Sede non hanno relazioni diplomatiche dal 1951 quando il nunzio apostolico in Cina si trasferì a Taiwan.
Secondo le cifre ufficiali in Cina ci sono cento milioni di credenti cattolici, protestanti, buddisti, taoisti e musulmani.
I cattolici iscritti all’Associazione patriottica sono circa quattro milioni e si ritiene che quelli non registrati fedeli al Vaticano siano almeno il doppio. Secondo studiosi indipendenti i soli buddisti praticano sono almeno duecento milioni ed i cristiani, cattolici e protestanti, sarebbero qualche decina di milioni. ( E.A.)
© Copyright Avvenire, 21 dicembre 2007
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