20 aprile 2008

C'è un islam che benedice Benedetto (Il Foglio)


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C'è un islam che benedice Benedetto

"Come musulmani americani abbiamo un interesse vitale nel parlare con lei"

Ha avuto un peso il fatto che per la prima volta il leader di un paese musulmano come il saudita Abdullah abbia definito “fratelli” i cristiani e gli ebrei. Mai il custode della Mecca aveva invitato i non musulmani nella terra santa del Profeta.

Benedetto XVI ha suscitato reazioni di sostegno e di entusiasmo fra gli otto milioni di musulmani d’America. C’è anche chi lo invita in Iraq. Quasi ogni quotidiano americano ha ospitato l’opinione di un commentatore islamico, ciascuno con i propri distinguo, ma la maggior parte a sostegno del Pontefice della libertà religiosa a lungo accusato di islamofobia.

Uno di questi era fra i firmatari della lettera dei 138 saggi musulmani, Nihad Awad, direttore del Council on american-islamic relations e spesso al fianco del presidente Bush. “Diamo il benvenuto a Benedetto XVI negli Stati Uniti” scrive Awad, in nome di un “desiderio di armonia” i leader islamici hanno il dovere di “mostrare il meglio della fede” al Papa, l’islam deve essere “fonte di riconciliazione e non di violenza”.
Awad scrive che “come americani adoriamo la diversità, non soltanto etnica e razziale, ma anche religiosa”.

E il Papa ieri ha parlato ai rappresentanti di altre religioni al Centro Giovanni Paolo II di Washington.

Ratzinger ha spiegato che “il compito di difendere la libertà religiosa non è mai completato”, il dialogo non deve essere vuoto, deve basarsi sulla “stima per i valori etici raggiungibili dalla ragione umana”.

E’ il cuore di Ratisbona che tanto scandalo ha suscitato. “Benedetto XVI ha posto il pontificato a sostegno della riforma islamica” spiega il teologo George Weigel. Awad di fronte alle parole di Ratzinger dice che “ci aspettiamo che aiuti a costruire un futuro migliore”. All’incontro ha partecipato Muhammad Shafiq, direttore dell’Islamic Center di Rochester. “C’è un risveglio fra i musulmani d’America, sappiamo che non possiamo vivere isolati”.

Shafiq ha definito Ratzinger “un partner globale”. Alla Casa Bianca si sono visti l’imam di Georgetown Yahya Hendi e un altro dei 138, Muzamil Siddiqi, capo del Fiqh Council of North America, che aveva preso parte alle preghiere alla Casa Bianca (una fotografia lo ritrae mentre dona una copia del Corano a Bush). Grande è la presenza dei musulmani americani nella fatidica lettera, da Akbar Ahmed, che detiene la cattedra Ibn Khaldun a Washington, all’iraniano Hossein Nasr. “Papa Benedetto ha dimostrato consistentemente di voler allungare una mano di rispetto alla comunità musulmana” dice Daisy Khan dell’American Society for Muslim Advancement. L’imam sciita di Detroit, Hassan Qazwini, invita Ratzinger in Iraq. “La sicurezza è migliorata, deve far visita all’ayatollah Ali al Sistani”. E’ il leader religioso iracheno che più si è fatto sentire contro il massacro della comunità cristiana da parte di al Qaida. Qazwini è uno dei tre firmatari della lettera che i leader islamici nordamericani hanno consegnato al Papa. “Come musulmani americani abbiamo un interesse vitale nel parlare con lei”. Vi si invoca un “dialogo che non trascuri le reali differenze”. “Salam Alaykum Papa Benedetto” esulta Eboo Patel, fondatore dell’Interfaith Youth Core e all’incontro con Ratzinger. “Dò il benvenuto ai suoi insegnamenti sull’amore e la speranza”. Ciò che ai musulmani d’America piace di questo papato è che non scivola in un relativismo generico tipico di molti incontri interreligiosi, difende la libertà religiosa che i musulmani prediligono contro la sharia. “Il Papa è nella posizione perfetta per colmare il vuoto esistente fra il mondo islamico e l’occidente” dice lo sciita Qazwini.
Bush ha nominato il primo rappresentante americano alla prestigiosa Conferenza islamica. E’ Sada Cumber, musulmano pachistano di confessione ismaelita, la setta sciita da sempre perseguitata dai fanatici letteralisti. Come scrive Stephen Schwartz sul Weekly Standard, l’America ha mandato un preciso segnale a Iran e Arabia Saudita, che dominano la Conferenza islamica: il rispetto inderogabile della libertà religiosa. Come quando inaugurando la più grande moschea di Washington, Bush usò le parole del poeta sufi Rumi, bandito dagli islamisti: “Le lampade sono differenti, la luce è la stessa”. Perfetto esergo all’idea di dialogo di Benedetto XVI.

© Copyright Il Foglio, 19 aprile 2008

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