1 agosto 2008

Caso Englaro: i commenti di Rondoni e del giurista Iadecola (Avvenire)


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LA VICENDA ENGLARO E LA LEGGE

UNO SQUARCIO NEL PANORAMA D’INQUIETUDINE

DAVIDE RONDONI

L’iniziativa della Procura ge­nerale di Milano ha il merito di togliere dal panorama così pie­no di dolore e di inquietudine del­la faccenda di Eluana una delle presunte certezze. Ovvero la pre­sunta certezza che la legge, il dirit­to fossero dalla parte di chi vuole la fine della vita di quella povera ragazza attraverso la fine dell’ali­mentazione. Ora che quella pre­sunta certezza non c’è, o almeno è messa autorevolmente in discus­sione, il dolore, l’inquietudine, le idee controverse che abbiamo fin qui sentito sul caso Eluana non a­vranno più quel riparo o quell’o­stacolo. Ora che una interpreta­zione della legge che acconsentiva alla morte è stata messa in discus­sione, siamo tutti di nuovo per co­sì dire soli con la nostra coscienza e di fronte alla dura realtà che ci dona una vita non come vorrem­mo. Una vita strana, che vorremmo interpretare e che invece sta lì, nel­la sua nuda presenza. Una presen­za enigmatica e dura da sopporta­re. Una vita poverissima, apparen­temente. Una vita che per molti non ha nessun valore e che invece sta smuovendo coscienze e ani­mando il pensiero di tanti. Una vi­ta poverissima e però ricchissima di azione. E che più di tante vite oggi di successo, sfolgoranti e al centro dell’attenzione, ha avuto il merito di farci pensare tutti a cosa è vivere e morire.
Una vita che ha il merito, ha la ric­chezza di esser divenuta per tutti vero e proprio 'scandalo'. Uno scandalo buono, in mezzo a tanti i­nutili scandali avvelenati. Una oc­casione per tutti per sostare e guar­darsi in volto. Forse si doveva par­lare di più di Eluana e dei tanti che vivono esperienze simili, e dei loro cari. Se ne doveva parlare prima che scoppiasse il caso della magi­stratura che dava il via alla morte. Perché questo scandalo della vita che non è come vogliamo risaltas­se ai nostri occhi. Anche se, sotto gli occhi, ce lo abbiamo sempre. Non in modo così eclatante, scandalo­so. Ma di continuo la vita ci sor­prende come una cosa che non possediamo. Nei nostri figli, nei no­stri amori, nella natura…Molte le voci - e i lettori di questo giornale bene lo sanno - che hanno invita­to in nome della scienza e della e­sperienza a non far morire Eluana. Dall’altra si opponevano dei senti­menti e una carta firmata da giu­dici. Ora il valore di quella carta si è incrinato. E i sentimenti, sì, anche quelli di stanchezza, di amore af­faticato, di pietà, ora devono aver la forza di misurarsi con i senti­menti di amore che non cede, di devozione alla vita.
Alcuni di quei sentimenti dovran­no aver la forza e la umiltà di con­frontarsi con altri sentimenti. Quel­li che vogliono che Eluana muoia, con quelli che invece desiderano che Eluana - poiché non dà fastidio a nessuno, e dorme un sonno e­nigmatico che però morte non è ­viva. E oltre ai sentimenti, dovran­no confrontarsi le ragioni. Per mi­surare se ha più ragione chi non vuole più dare nessuna chance al­l’esistenza di Eluana, o chi invece non chiude la porta mai, se non proprio quando - e non è questo il caso - l’accanimento non ha nes­suna giustificazione.
Ora torna ad essere una faccenda di cuore, e di ragione. Ora che è sta­ta tolta al diritto la strana masche­ra di volontà di morte. Ora che è stata tolta di mezzo una strana ca­ricatura. E rimaniamo di nuovo in questo teatro strano, realissimo, pieno di inquietudine e di com­mozione per la vita. Per la vita che non è in nostro possesso, mai.

© Copyright Avvenire, 1° agosto 2008

intervista

Il giurista: ora il quadro è radicalmente cambiato

Iadecola: la decisione della Procura milanese blocca fin da ora l’esecutività della sentenza Viene rilanciato un interrogativo di fondamentale importanza: è sicuro che Eluana abbia espresso la sua volontà di morire se si fosse trovata in uno stato vegetativo?

Viviana Daloiso

«Il ricorso avanzato dalla Procura generale di Milano cambia radi­calmente il quadro della situa­zione bloccando, di fatto sin d’ora, l’ese­cutività della sentenza Englaro». Gianfran­co Iadecola, docente di medicina legale pe­nalistica presso l’Università Cattolica di Ro­ma, già sostituto procuratore generale pres­so la Corte di Cassazione, non ha dubbi: il documento arrivato ieri in Cassazione dal tribunale milanese è decisivo.

Professore, provi a spiega­re i termini giuridici della questione. Il ricorso della procura generale di Mila­no come cambia il quadro della vicenda di Eluana?

Lo muta in maniera so­stanziale. Prima ancora di entrare nei contenuti, un ri­corso implica necessaria­mente la sospensione dell’attuazione di u­na sentenza come quella emessa dalla Cor­te d’Appello di Milano sul caso Englaro: in questo caso, infatti, ci troviamo di fronte a una sentenza non reversibile, che in caso di esecutività implicherebbe la morte del­la giovane donna in brevissimo tempo. Ec­co perché, qualsiasi sia il ricorso avanzato, la possibilità che esso venga considerato ragionevole, e quindi venga accolto, deve garantire che si possa riparare all’attuazio­ne della sentenza stessa. Cosa che, evi­dentemente, non avverrebbe se Eluana fos­se morta.

Veniamo ai contenuti del ricorso. Il sosti­tuto procuratore generale di Milano Gian­franco Montera, che ha firmato il docu­mento, sostiene che l’irreversibilità dello stato vegetativo permanente non è stata accertata con sufficiente oggettività dalla Corte d’Appello. Che cosa significa?

Che, secondo la procura generale di Mila­no, la Corte d’Appello non ha accertato in maniera soddisfacente le condizio­ni cliniche della ragazza. Nella sentenza del 18 otto­bre scorso, con cui la Cas­sazione aveva rimandato una decisione su Eluana al tribunale di Milano, si so­stenevano due punti che ora occorre ribadire, e cioè che il giudice avrebbe potuto – su istanza del tutore – autorizzare l’interruzione del­l’idratazione e alimentazione artificiali con sondino nasogastrico in presenza di due circostanze concorrenti: primo, che la con­dizione di stato vegetativo del paziente fos­se apprezzata clinicamente come irrever­sibile, senza alcuna sia pur minima possi­bilità – secondo standard scientifici inter­nazionalmente riconosciuti – di recupero della coscienza e delle capacità di perce­zione.

Secondo?

Che fosse univocamente accertato – sulla base di elementi tratti dal vissuto del pa­ziente, dalla sua personalità e dai convin­cimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni – che questi, se cosciente, non a­vrebbe prestato il suo consenso alla conti­nuazione del trattamento. Evidentemente nel primo caso la procura generale di Mi­lano ha rilevato come nella sentenza della Corte d’Appello non sussistano tutti gli e­lementi richiesti per l’accertamento dello stato clinico di Eluana. Ma c’è qualcosa di rilevante anche su quest’ultimo punto.

Prego.

Il ricorso, il cui testo integrale non è anco­ra accessibile, potrebbe anche richiedere che venga accertata l’oggettività nel rileva­re l’applicabilità del secondo punto previ­sto dalla Cassazione: quello delle volontà effettivamente espresse da Eluana. In que­sto senso la domanda che la procura ge­nerale di Milano vuole riproporre alla Cas­sazione è: Eluana ha espresso a parole, o in un particolare stile di vita e nelle sue scel­te e abitudini, la sua volontà di morire se si fosse trovata in un stato vegetativo? In al­tre parole, è accertato che oggi la sua vo­lontà sarebbe quella di morire?

Dal punto di vista giuridico, come si muo­verà ora la Cassazione?

Come ho già detto, sostan­zialmente l’attuazione della sentenza di distaccamento del sondino per l’alimenta­zione e l’idratazione di Elau­na è bloccata, anche in forza della richiesta esplicita da parte della stessa procura di sospendere l’esecutività del­l’ordinanza, avanzata insie­me al ricorso. La Cassazione potrà decidere in due modi: rifiutare im­mediatamente il ricorso della Procura ge­nerale di Milano considerandolo ostruzio­nistico, e non fondato. Oppure accettare il ricorso, in tempi brevi, e rimandare tutta la vicenda nuovamente alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.

In questo caso potranno essere accettati e valutati dal tribunale nuovi elementi cli­nici e nuove testimonianze, o elementi di­versi in merito alla personalità e allo stile di vita di Eluana?

Certamente. La Corte d’Appello dovrà muoversi nuovamente per stabilire l’og­gettività della propria sentenza. Sempre nel rispetto dei principi di diritto stabiliti – però – da quella sentenza della Cassazione che per la prima volta, il 18 ottobre scorso, de­cise in maniera così discutibile sulla vi­cenda Englaro.

© Copyright Avvenire, 1° agosto 2008

CHI È

UN COSTITUZIONALISTA DI LUNGO CORSO

Laureato in giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma, magistrato, prima alla procura generale di Bologna, poi sostituto procuratore della Cassazione, Gianfranco Iadecola è docente di Medicina legale penalistica all’Università cattolica di Roma e tra i massimi esperti nel campo della responsabilità medica. Ha al suo attivo decine di libri in materia di consenso informato del paziente, e già in seguito alla sentenza della Cassazione dello scorso ottobre aveva sollevato con decisione la questione della costituzionalità del pronunciamento e della sua compatibilità con le regole stesse del consenso del paziente, denunciando la pericolosa china di una supplenza giudiziaria in merito alle decisioni sullo stato vegetativo. Da anni interessato alle tematiche bioetiche, ha fatto parte del Comitato Nazionale della Bioetica ed è consulente della Federazione nazionale dell’ordine dei medici.

© Copyright Avvenire, 1° agosto 2008

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