25 agosto 2008
Cresce la tensione internazionale ma il Papa invita a non cedere al pessimismo (Il Tempo)
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Cresce la tensione internazionale e con essa cresce la preoccupazione di Benedetto XVI per una violenza che sembra estendersi nel mondo di pari passo con la decrescente capacità degli Stati di proporre soluzioni basate sul dialogo.
Così il Papa lancia un nuovo accorato appello alla pace.
Nell'Angelus celebrato a Castel Gandolfo il Santo Padre non fa nomi, non accusa nessuno in particolare. Confessa una sempre maggiore difficoltà a realizzare quella «unione in Cristo dell'umanità intera in una sola famiglia», tanto da chiedere ai credenti di «sostenerlo con la loro preghiera». Ma il suo appello, soprattutto nella parte chiaramente rivolta ai grandi della Terra, è severo e guarda al passato come al futuro.
«Dobbiamo constatare con amarezza - dice il Pontefice - il rischio di un progressivo deterioramento di quel clima di fiducia e di collaborazione tra le Nazioni che dovrebbe invece caratterizzarne i rapporti».
«Come non misurare, nelle presenti circostanze - aggiunge - tutta la fatica dell'umanità a formare quella coscienza comune di essere "famiglia delle nazioni" che il Papa Giovanni Paolo II aveva additato quale ideale all'Assemblea generale delle Nazioni unite?».
«Occorre approfondire - prosegue - la consapevolezza di essere accomunati da un unico destino, che in ultima istanza è un destino trascendente, per scongiurare il ritorno a contrapposizioni nazionalistiche che tante tragiche conseguenze hanno prodotto in altre stagioni storiche. I recenti eventi hanno indebolito in molti la fiducia che simili esperienze restassero definitivamente consegnate al passato».
Benedetto XVI invita quindi a «non cedere al pessimismo». «Occorre piuttosto - incalza - impegnarsi attivamente affinché venga respinta la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi».
«La violenza va ripudiata!», è infine il grido sommesso di Papa Ratzinger, che dà la sua ricetta per uscire dal guado: «La forza morale del diritto, trattative eque e trasparenti per dirimere le controversie, a partire da quelle legate al rapporto tra integrità territoriale e autodeterminazione dei popoli, fedeltà alla parola data, ricerca del bene comune».
© Copyright Il Tempo, 25 agosto 2008 consultabile online anche qui.
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