7 agosto 2008

Il Papa: «Essere cristiani significa anche proteggere la terra» (Giansoldati)


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«Essere cristiani significa anche proteggere la terra»

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FRANCA GIANSOLDATI

dal nostro inviato

BRESSANONE

Stregato dalla natura dell’Alto Adige Papa Ratzinger fa autocritica e ammette che non sempre la difesa del creato è stata al centro dell’azione pastorale della Chiesa.
In passato l’argomento è stato un po’ trascurato, per certi versi messo ai margini.

Sotto l’attuale pontificato, però, ormai è chiaro che si appresta a divenire centrale. E c’è chi già scommette che all’interno della sua prossima enciclica sociale, in via di ultimazione, vi sarà ampio spazio alla materia. Essere cristiani significa anche proteggere la terra, impedire la sua distruzione, custodire i tesori naturali per fare in modo che anche le prossime generazioni possano goderne.

«Ma per questo serve diffondere uno stile di vita che si ponga dei limiti, che sappia fare delle rinunce, per tutelare chi verrà dopo di noi».
Parla a braccio rivolgendosi così ai 400 e passa preti della zona riuniti sotto le volte barocche del duomo di Bressanone per una specie di question-time a porte chiuse. Sei le domande che gli vengono via via sottoposte, alle quali lui risponde senza esitazione, con la sicurezza teologica che gli è propria; spaziando dal rapporto tra fede e arte, al valore della sofferenza in un mondo dove è divenuto tabù affrontare la finitezza della vita, dai problemi del progressivo calo dei sacerdoti, al fatto che divenendo vecchio Papa Ratzinger, per sua stessa ammissione, si scopre meno inflessibile nel somministrare i sacramenti. «Da giovane ero più severo» ha detto.
Più tardi padre Lombardi, per evitare possibili equivoci, ha precisato: «Il pontefice non si riferiva ai divorziati risposati ma solo alle prime comunioni per i bambini cresciuti in ambienti lontani dalla fede».
Un giovane prete costretto su un carrozzella per una grave forma di sclerosi a placche, scoperta proprio il giorno della sua ordinazione, gli ha chiesto di parlare del dolore.
Benedetto XVI ha ricordato l’ultimo periodo di Wojtyla, «un gigante della fede», quando nell’impossibilità di usare la parola ha testimoniato umilmente come un credente deve portare la croce. Ed è stato un esempio talmente toccante da infondere forza a tanti malati, attraverso un’azione redentrice non meno importante di quella relativa alla prima parte del suo pontificato, quando era robusto e vigoroso.
Infine il turno del canonico della diocesi, don Karl Golser, professore di teologia morale, già collaboratore con l'allora cardinale Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Si è avvicinato al microfono per chiedere lumi sulla responsabilità dei cristiani nei confronti della creazione. Sullo sfondo alcune teorie secondo le quali il cristianesimo sarebbe in qualche modo responsabile dello scempio, trovando fondamento nella Genesi («soggiogate la terra e dominate sugli pesci del mare e gli uccelli del cielo»).

La tesi è stata rigettata dal Papa che però ha chiarito che l’insegnamento sulla creazione e quello sulla redenzione sono complementari, che non si possono disgiungere anche se «vi sono stati tempi in cui abbiamo lasciato in ombra questo aspetto, mentre occorre collegare queste due realtà fondamentali».

© Copyright Il Messaggero, 7 agosto 2008 consultabile online anche qui.

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