6 agosto 2008

Paolo VI maestro della Parola (Osservatore Romano)


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Paolo VI maestro della Parola

"Abbiate il culto e l'amore per l'ascolto, la meditazione e la pratica della Parola di Dio".
Prende le mosse da questa consegna di Paolo VI la raccolta curata da padre Leonardo Sapienza, religioso rogazionista Addetto per il protocollo della Casa Pontificia, in occasione del trentesimo anniversario della morte di Papa Montini.
Mentre la Chiesa si appresta a celebrare la dodicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 5 al 26 ottobre prossimi proprio sul tema "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa", vengono riproposte alcune riflessioni del Pontefice "maestro della Parola", morto il 6 agosto 1978.
Un volumetto di trenta pagine, stampato dalla Tipografia Vaticana, destinato agli amici e ai devoti di Paolo VI, in vista di una più ampia pubblicazione. Già dalla scelta della foto di copertina appare evidente la chiave di lettura: il Papa intronizza il libro dei Vangeli nella solenne apertura della iv sessione del Concilio ecumenico (14 settembre 1965). Nella presentazione è riprodotta l'annotazione autografa del Pontefice alla richiesta di udienza presentata dal presidente dell'Associazione biblica italiana in occasione della xxi settimana nazionale dei professori di Sacra Scrittura.
Nell'inedito appunto del 24 luglio 1970, Paolo VI autorizzando l'incontro si premura di contattare uno specialista della materia nella persona del padre gesuita Carlo Maria Martini, all'epoca rettore del Pontificio Istituto Biblico e in seguito cardinale arcivescovo di Milano, proprio come lo stesso Montini. L'udienza si svolse il 25 settembre e il Papa rivolse la sua parola a quelli che definì esperti che aprono l'animo degli studenti "all'intelligenza della Parola rivelata".
Il curatore non segue un itinerario cronologico, quanto piuttosto quello di una ripartizione per argomenti. Una miniera di riflessioni tratte dal magistero montiniano che sono un invito all'ascolto e alla meditazione della Parola, a comprenderne il genuino significato per l'uomo d'oggi. E se da un lato emerge l'esortazione ad approfondire l'incontro con Dio nella Parola scritta, da un altro si rilancia un corretto utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale per l'annuncio della stessa.
Paolo VI parla del silenzio della natura come invito alla meditazione, senza mai stancarsi di sottolineare che Cristo è la Parola. Significativo, per i tempi in cui fu formulato, è anche il richiamo alla necessità di un'impronta biblica in ogni forma di culto (esortazione apostolica Marialis Cultus, n. 30, del 2 febbraio 1974).
Padre Sapienza ci restituisce attraverso queste pagine un Papa attento alle difficoltà di chi ha la missione di annunciare la dottrina della fede. "Come tradurre in parole comprensibili - si chiede in un intervento del 4 dicembre 1968 - le verità religiose? Come conservare al dogma cristiano la sua intangibile ortodossia e rivestirlo d'un linguaggio accessibile agli uomini del nostro tempo? come mantenere gelosamente l'autenticità del messaggio della salvezza e come insieme farlo accogliere dalla mentalità odierna?". Problemi definiti "didattici" per il magistero della Chiesa, risolvibili secondo il Pontefice con l'arte pedagogica della gradualità, dell'esemplificazione, del linguaggio parlato, come pure dell'eloquenza o della rappresentazione figurativa, applicata alla comunicazione, alla trasmissione, alla diffusione del Verbo rivelato.
Uno sforzo di adattamento che però nella predicazione, nell'insegnamento e nell'apologetica corre spesso il rischio di sottoporre la Parola "a quel libero esame" che - avverte Papa Montini - le toglie il suo univoco significato e la sua obiettiva autorità. Ecco allora l'invito ad attingere alla ricchezza del patrimonio dottrinale della Chiesa, contro ogni tentazione di "aggiornamento", nell'assoluto rispetto all'integrità del messaggio rivelato.
"La Chiesa maestra - dichiara Paolo VI il 19 gennaio 1972 - non inventa la sua dottrina; ella è teste, è custode, è interprete, è tramite". E nell'interrogativo del 16 settembre 1970 su "come presentare la religione cattolica oggi alla nostra generazione" il Papa individua la "questione capitale del rapporto tra la fede e l'uomo".
Una questione ancora aperta, se si considera che Benedetto XVI trentotto anni dopo è tornato sul tema con una Lettera indirizzata all'inizio del 2008 alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente della formazione delle nuove generazioni.
La pubblicazione, che si chiude con il testo della preghiera per la beatificazione di Paolo VI, individua alcune categorie interessate al tema: i vescovi, i teologi e gli esegeti, i sacerdoti - definiti con una calzante immagine "gli specialisti di Dio" - i consacrati e i laici.
A tutti il Pontefice raccomanda di non tralasciare un lato importante ma misterioso della questione: "l'accettazione salvatrice della Parola di Dio è una grazia, un dono, verso il quale la libertà umana è responsabile, ma non efficiente, coopera ma non opera" (16 settembre 1970). Perché - aggiungeva nell'esortazione apostolica Quinque iam anni del successivo 8 dicembre - "non siamo noi i giudici della Parola di Dio", al punto che "la cosa spesso più necessaria non è tanto una sovrabbondanza di parole, quanto una parola che sia in consonanza con una vita più evangelica".

(gianluca biccini)

(©L'Osservatore Romano - 6 agosto 2008)

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