14 ottobre 2008

Dai vescovi italiani nuovo no all'eutanasia e all'aborto. Messaggio per la prossima Giornata per la vita (Osservatore Romano)


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Il messaggio per la prossima Giornata per la vita

Dai vescovi italiani nuovo no all'eutanasia e all'aborto

Roma,14.

Qualsiasi forma di eutanasia, più o meno esplicita, è da condannare. No all'accanimento terapeutico, così come all'abbandono del paziente. Anche l'aborto non è una risposta alle sofferenze delle donne: è un "trauma" che non risolve nulla, ma genera ulteriore sofferenza.
Lo afferma la Conferenza episcopale italiana nel messaggio, diffuso oggi, per la trentunesima Giornata nazionale per la vita, che si celebra il primo febbraio 2009.
Una riflessione sul senso della sofferenza, fisica e spirituale, nella vita che invece è "fatta per la serenità e la gioia".
Il tema scelto per quest'anno è "La forza della vita nella sofferenza".
Riguardo al dibattito in corso sul tema del "testamento biologico", i vescovi italiani ribadiscono il loro "no" a qualunque legittimazione dell'eutanasia. Lo fanno denunciando il tentativo di "rispondere a stati permanenti di sofferenza, reali o asseriti, reclamando forme più o meno esplicite di eutanasia". "Vogliamo ribadire con serenità, ma anche con chiarezza - scrivono i presuli - che si tratta di risposte false: la vita umana è un bene inviolabile e indisponibile, e non può mai essere legittimato e favorito l'abbandono delle cure, come pure ovviamente l'accanimento terapeutico, quando vengono meno ragionevoli prospettive di guarigione". Per i vescovi italiani, "la strada da percorrere è quella della ricerca, che ci spinge - sottolineano - a moltiplicare gli sforzi per combattere e vincere le patologie, anche le più difficili, e a non abbandonare mai la speranza".
I vescovi italiani invitano a non rassegnarsi quando "il peso della vita ci appare intollerabile", e a fare affidamento sulla "virtù della fortezza" e sul sostegno delle persone care.
Il messaggio formula anche un appello a chi è vicino a persone nella sofferenza estrema, "in particolare ai parenti e agli amici dei sofferenti, a quanti si dedicano al volontariato, a chi in passato è stato egli stesso sofferente e sa che cosa significhi avere accanto qualcuno che fa compagnia, incoraggia e dà fiducia".
"A soffrire, oggi - rilevano i vescovi - sono spesso molti anziani, dei quali i parenti più prossimi, per motivi di lavoro e di distanza o perché non possono assumere l'onere di un'assistenza continua, non sono in grado di prendersi adeguatamente cura. Accanto a loro, con competenza e dedizione, vi sono spesso persone giunte dall'estero. In molti casi il loro impegno è encomiabile e va oltre il semplice dovere professionale: a loro e a tutti quanti si spendono in questo servizio, vanno la nostra stima e il nostro apprezzamento".
Sul tema lacerante dell'aborto i presuli italiani sottolineano che l'interruzione volontaria di gravidanza certo non può costituire "una risposta alla sofferenza delle donne".
"Talune donne, - afferma il messaggio del Consiglio permanente della Cei - spesso provate da un'esistenza infelice, vedono in una gravidanza inattesa esiti di insopportabile sofferenza. Quando la risposta è l'aborto - ammoniscono i vescovi - viene generata ulteriore sofferenza, che non solo distrugge la creatura che custodiscono in seno, ma provoca anche in loro un trauma, destinato a lasciare una ferita perenne. In realtà, al dolore non si risponde con altro dolore: anche in questo caso esistono soluzioni positive e aperte alla vita, come dimostra la lunga, generosa e lodevole esperienza promossa dall'associazionismo cattolico".
"La vita è fatta - ricorda la Cei - per la serenità e la gioia. Purtroppo può accadere, e di fatto accade, che sia segnata dalla sofferenza. Ciò può avvenire per tante cause. Si può soffrire per una malattia che colpisce il corpo o l'anima; per il distacco dalle persone che si amano; per la difficoltà a vivere in pace e con gioia in relazione con gli altri e con se stessi".
"Se la sofferenza può essere alleviata - afferma il messaggio - va senz'altro alleviata. In particolare, a chi è malato allo stadio terminale o è affetto da patologie particolarmente dolorose, vanno applicate con umanità e sapienza tutte le cure oggi possibili". Per la Chiesa italiana "la strada da percorrere è quella della ricerca che ci spinge a moltiplicare gli sforzi per combattere e vincere le patologie - anche le più difficili - e a non abbandonare mai la speranza".

(©L'Osservatore Romano - 15 ottobre 2008)

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