15 dicembre 2007
Annuncio, nostro dovere di libertà (Mons. Fisichella sulla nota della Congregazione per la dottrina della fede)
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NOTA DOTTRINALE SU ALCUNI ASPETTI DELL’EVANGELIZZAZIONE A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
IL SENSO DELLA MISSIONE
ANNUNCIO NOSTRO DOVERE DI LIBERTÀ
RINO FISICHELLA
La missione propria della Chiesa nel mondo è portare il Vangelo di Gesù Cristo. Nel momento in cui questo non è più annunciato secondo il comando del Signore, viene meno l’opera stessa dei cristiani e si appanna la loro presenza nel mondo. Cercare forme alternative porterebbe fuori strada e, probabilmente, servirebbe solo a rimanere tranquilli in casa propria. Niente di più contrario alla fede, tuttavia, è un cristianesimo in pantofole. Diverse tendenze teologiche, con ricadute nella pastorale e nei comportamenti dei fedeli, insinuano oggi che l’esigenza missionaria debba essere superata. Si sostiene che dovremmo limitarci a esprimere le nostre convinzioni, ma senza chiedere la conversione a Cristo e alla Chiesa cattolica. Ognuno, quindi, dovrebbe vivere nella propria religione in maniera coerente; ogni altra forma diventerebbe un attentato alla libertà personale e fonte di intolleranza. Se questa mentalità fosse stata presente nei primi discepoli, probabilmente, noi oggi non esisteremmo.
L’evangelizzazione non è una delle tante attività dei cristiani: insieme alla celebrazione dell’eucaristia è il fondamento della fede cristiana. Tra i due momenti esiste una simbiosi tale che non può esistere una senza l’altra. Fin dai primordi del cristianesimo, la piccola comunità dei discepoli si è distinta da ogni altro gruppo per questo motivo. La celebrazione della cena del Signore, infatti, rendeva evidente ciò che la predicazione annunciava. Attraverso l’annuncio del Vangelo, la salvezza portata da Gesù raggiungeva i confini più estremi della terra, portando con sé l’anelito di pace, giustizia e amore che corrispondeva al desiderio racchiuso nel cuore di ogni persona. Con la celebrazione dell’eucaristia, la verità della predicazione diventava talmente evidente che ognuno aveva certezza di essere realmente salvato. «Guai a me se non evangelizzo », ripeteva l’apostolo Paolo; questa espressione mantiene immutata la sua forza. La nostra storia, dunque, si racchiude in questa parola; dimenticarlo sarebbe fatale.
La Nota della Congregazione per la Dottrina della fede mentre rileva alcuni aspetti problematici presenti nel dibattito teologico, riporta al centro dell’azione della Chiesa il compito primario che essa possiede. Il suo linguaggio sobrio e incisivo non si attarda in lunghi ragionamenti tortuosi. Arriva subito al cuore del problema e delinea con chiarezza il compito che da sempre appartiene a ogni battezzato. Quando si perde il senso della missione e si insinuano teorie effimere, allora la fede si indebolisce. Si crea un circuito di confusione e si mette a repentaglio il prezioso lavoro di tanti missionari che nel corso dei secoli con passione, fatica e spesso a prezzo della vita hanno annunciato a tutti Gesù Cristo e la sua Chiesa. È peculiare di ogni religione l’annuncio missionario; non è tanto un problema di sopravvivenza, ma di certezza per la verità delle proprie scelte. La fede cristiana implica una relazione indissolubile con la verità. Nessuno vuole essere ingannato nel momento in cui offre la propria vita a un ideale; anzi, lo identifica come l’offerta di senso che corrisponde al suo intimo desiderio di verità e di libertà. La fede in Gesù Cristo e l’appartenenza alla sua Chiesa sono la risposta di libertà che i cattolici sentono. È questa certezza di aver trovato la verità sulla propria vita che li rende missionari, perché la gioia che è stata data loro possa raggiungere quanti incontrano nel loro cammino.
L’evangelizzazione è un’esigenza che nasce dall’amore non altrimenti. Solo in questo modo viene percepita anche da chi non crede come risposta alla nostalgia di Dio che è racchiusa nell’intimo di ognuno. Se l’esigenza missionaria è sentita nei confronti di quanti non credono o vivono in altre religioni, spesso viene fraintesa nell’ambito ecumenico. È vero, il battesimo ci unisce tutti per la fede nella Trinità e con i fratelli dell’ortodossia celebriamo l’unica santa eucaristia. L’esigenza missionaria che scaturisce dalla pienezza della verità, comunque, deve coinvolgere tutti in un annuncio che oltrepassa i nostri confini. Parlare di proselitismo tra cristiani – nel senso negativo che oggi viene dato al termine – è fuorviante.
La verità che Gesù ha affidato alla sua Chiesa richiede, piuttosto, la riscoperta di una collaborazione piena che mette al centro una sempre rinnovata conversione a lui e una personale responsabilità di scegliere in piena libertà. Ricordarlo è un’esigenza vitale, viverlo un obbligo morale.
© Copyright Avvenire, 15 dicembre 2007
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