6 dicembre 2007

Arrigo Sacchi: "E' necessario recuperare la speranza di cui ha scritto Benedetto XVI nell’ultima Enciclica" (Petrus)


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Calcio e Chiesa, intervista ad Arrigo Sacchi: “I giovani sono figli di una società violenta, è necessario recuperare la speranza di cui ha scritto Benedetto XVI nell’ultima Enciclica”

di Bruno Volpe

CITTA’ DEL VATICANO - Religione, società, giovani: Arrigo Sacchi (nella foto), ex Commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio e vincente allenatore del Milan targato Silvio Berlusconi, parla a 360 gradi con ‘Petrus’, partemndo dall'Enciclica sulla Speranza di Benedetto XVI.

Allora, mister: cosa pensa dell’ultima Enciclica del Papa?

"Premetto che non sono un teologo, ma leggo, studio e mi aggiorno. Qualche commentatore ha definito il documento di natura conservatrice. Io mi permetto umilmente di affermare il contrario. Parlare di speranza, oggi, è quanto di più rivoluzionario possa esserci, una bella boccata d’ossigeno per tutta la società. Senza la speranza, che è un concetto positivo e costruttivo, non si può vivere".

Non ci dica che ha letto l'Enciclica...

"Beh, in gran parte sì: bisogna aggiornarsi, non si vive di solo calcio".

L’ha definita ‘rivoluzionaria’, perché?

"Vede. In questi tempi si tende a sottolineare solo il male che affligge la società. Ignorarlo sarebbe da incoscienti, ma vi sono tante brave persone che fanno il proprio dovere: ecco, lì regna la speranza".

Mister Sacchi, a quanto pare, Lei stima molto Benedetto XVI…

"Certamente. E' una persona colta, un fine intellettuale, una mente gigantesca ed un'autorità morale: molti dovrebbero prendere esempio da lui".

Ultimamente, il Presidente della Lega Calcio, Antonio Matarrese, ha lanciato l’idea di un'Assise per la Pace nel calcio della quale dovrebbe far parte anche la stessa Chiesa cattolica…

"Matarrese ha ragione, e lo invito ad andare avanti. La Chiesa possiede un'enorme autorità morale. Oggi sia il Pontefice che la Chiesa rappresentano un punto di riferimento e di speranza. La Chiesa cattolica, poi, può contare su una capillare organizzazione. Basti pensare che nel catechismo si potrebbe insegnare al bambini il rispetto per gli altri e che la partita di calcio è un evento gioioso e non una guerra. Ma esistono altri temi del Magistero del Papa che potrebbero essere adattati al mondo del pallone...".

Quali, ad esempio?

"Nella società, parlo a livello mondiale, vige ed impera la cultura del successo ad ogni costo, e non si ha quindi paura di calpestare le regole e la dignità altrui. Insomma, prevale l'avere sull'essere; ma anche l’egoismo e il consumismo all’ennesima potenza rischiano terribilmente di farsi largo. Quanto volte il Papa ha criticato questa smania di successo, questa corsa frenetica verso la gloria terrena? Tante, ed ha sempre fatto bene. Oggi, lo sconfitto è un emarginato. Ed io penso, anche grazie al Magistero di Benedetto XVI, che bisognerebbe incrementare la cultura e il rispetto verso lo sconfitto piuttosto che innalzare il vincitore".

Interessante: e l'applicazione delle regole?

"Anche qui vedo straordinari parallelismi con il Magistero del Papa. Il Santo Padre ha spesso invitato a vivere secondo le regole, le norme di Legge e di indole morale. Se vogliamo vincere la battaglia contro il relativismo, dobbiamo fare così. Nel nostro mondo ognuno fa come gli pare: al lavoro, guidando la macchina e anche nello sport. Bisogna saper vincere con onestà, senza bagattelle ed inganni: ecco la speranza, avere fiducia in un mondo pulito dentro e fuori".

Parliamo della violenza negli stadi…

"In parte è un problema della società sempre più violenta, in parte di certi mezzi di comunicazione. Io non me la prendo solo ed esclusivamente con i giovani. Se i giovani spesso delinquono vuol dire che i maestri sono cattivi. Lo dice lo stesso Vangelo, ‘li riconoscerete dai loro frutti’. Il mondo del calcio oggi scopre i teppisti ed i violenti, ma quante volte le stesse società, i politici e i giornali hanno ignorato il fenomeno e lo hanno persino foraggiato per la smania dei voti - mi riferisco ai politici - o per una vita tranquilla - mi riferisco ai dirigenti? Allora, chi è causa del suo mal, pianga se stesso".

Cosa farebbe Lei per arginare questo triste fenomeno?

"Intanto farei recuperare l’idea che la partita di calcio è un gioco, una festa. Sotto questo aspetto, Paesi meno sviluppati del nostro ci danno grandi lezioni di civiltà. In Sud America, la partita rappresenta un evento allegro, un’occasione per portare la famiglia allo stadio e non per delinquere. I fatti più tragici si verificano nel primo mondo, dove impera l'idea della vittoria ad ogni costo".

Ritorniamo all'Enciclica...

"Lo ripeto, non sono un teologo ma seguo con attenzione le cose della Chiesa. Parlare di speranza è importante, vivere con la certezza di un futuro migliore rasserena gli animi".

Mister Sacchi, tornerà ad allenare?

"No. Questo calcio mi ha stressato. Voglio dedicarmi alle piccole gioie della vita: un bel tramonto, la mia famiglia, la campagna, l'arte. Molti club mi hanno cercato, ma ho saputo dire basta".

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Non l'avrei mai immaginato...bravo Arrigo!
Ciao Lella.
Federico