6 dicembre 2007

Le donne in Vaticano... (30Giorni)


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La presenza femminile nell’organigramma del Vaticano

Quanto conta l’altra metà del cielo

di Gianni Cardinale

Non sono molte le donne che lavorano in Vaticano, ma ci sono. Rare comunque quelle che hanno incarichi di responsabilità. Di seguito una piccola, e parziale, mappa della presenza “rosa” all’interno delle Mura Leonine.

Palazzo Apostolico. Particolarmente nutrita la presenza femminile nell’appartamento pontificio. Ci sono infatti le quattro laiche consacrate appartenenti ai Memores Domini (Carmela, Cristina, Emanuela e Loredana) che si occupano più propriamente delle cosiddette faccende domestiche. I loro nomi però non figurano nell’Annuario Pontificio, come invece accade per una storica segretaria di papa Ratzinger fin dai tempi dell’ex Sant’Uffizio. Si tratta di Birgit Wansing, dell’Istituto di Schönstatt; leggendaria la sua perizia nel decifrare la minuta calligrafia dell’attuale Pontefice del quale mantiene continuamente e minuziosamente aggiornata la sterminata bibliografia.
Molto conosciuta poi la professoressa di musica Ingrid Stampa, in passato collaboratrice domestica nell’appartamento del cardinale Ratzinger di piazza della Città Leonina e ora inquadrata nella Sezione di lingua tedesca della Segreteria di Stato.

Sempre nell’Annuario Pontificio si trova poi citata la segretaria e dattilografa di fiducia del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone fin dai tempi in cui era il vice del cardinale Ratzinger: è Eurosia “Rosi” Bertolassi, focolarina, che, nel luglio scorso, proprio nella conferenza stampa in cui è stata annunciata una più incisiva presenza femminile in Vaticano, ha ricevuto un pubblico encomio da parte del suo superiore («È una straordinaria collaboratrice, tanto indispensabile che dalla Congregazione per la Dottrina della fede l’ho portata con me in Segreteria di Stato»).

La donna con maggiore anzianità di servizio nel Palazzo Apostolico, il cui nome quindi è il primo al femminile nell’elenco del personale della Segreteria di Stato, è suor Maria Sebastiana Posati che ha un ruolo di rilievo nel delicato ufficio che si occupa delle questioni amministrative. Nell’Annuario Pontificio è menzionata anche la dottoressa María Isabel Tellería Tapia, che da un ventennio si occupa nella Seconda sezione del desk riguardante la Comunità europea. Tanto capace e di carattere che una volta un superiore l’ha definita, per elogiarla, «una donna con i baffi…».

Dicasteri. Dando uno sguardo alle Congregazioni e ai Consigli della Curia romana si può notare che in tutti questi dicasteri – con l’eccezione di quello che si occupa del Culto divino – non manca la presenza femminile, anche se non marcata. Pochissime donne comunque rivestono incarichi formali di responsabilità. Oltre a suor Enrica Rosanna, prima, e finora unica, “sottosegretario” di una Congregazione, abbiamo infatti suor Sharon Holland, capo ufficio sempre al dicastero dei Religiosi, e la dottoressa Paola Fabrizi, “capo ufficio” al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani. Alla Fabbrica di San Pietro abbiamo poi un’altra capo ufficio, la dottoressa Maria Cristina Carlo-Stella, che in precedenza aveva occupato lo stesso incarico alla Pontificia Commissione per i Beni culturali.


Altrove. La Pontificia Accademia delle Scienze sociali è guidata finora dalla professoressa Mary Ann Glendon, ma se il Senato approverà la sua nomina ad ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, cui è stata designata dal presidente George W. Bush, ovviamente dovrà lasciare il prestigioso incarico.
Nella Commissione teologica internazionale siedono poi due donne: suor Sara Butler e la professoressa Barbara Hallensleben. C’è poi la Facoltà Pontificia “Auxilium” gestita dalle salesiane (sebbene il gran cancelliere non sia la superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice ma il rettor maggiore dei Salesiani). Rimangono tabù per il genio femminile, oltre che i ruoli in cui in base al diritto canonico è prevista la figura di un sacerdote o di un vescovo, anche le Guardie svizzere, la Gendarmeria e la Cappella musicale pontificia. Mentre l’annunciato ruolo più incisivo delle donne in Vaticano potrà più facilmente applicarsi al settore delle comunicazioni.
È vero che finora la redazione de L’Osservatore Romano è rigorosamente tutta di genere maschile, ma il nuovo direttore, Giovanni Maria Vian, sembra intenzionato a rompere questa tradizione. Senza contare che, quando arriverà il momento, sarà una donna ad avere un incarico di responsabilità nella Sala Stampa vaticana.

© Copyright 30Giorni, novembre 2007

Posso dirlo? Il piu' "moderno" e' Papa Benedetto :-)
R.


DONNE IN CURIA. Incontro con suor Enrica Rosanna

Il contributo del genio femminile

Intervista con il sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, la donna che ricopre l’incarico più elevato Oltretevere

Intervista con suor Enrica Rosanna di Gianni Cardinale

Alcune settimane fa, il 27 ottobre, sul settimanale cattolico inglese The Tablet venivano ricordate le parole pronunciate lo scorso 18 luglio dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, con le quali il più stretto collaboratore di Benedetto XVI prefigurava una maggiore presenza femminile in posti di responsabilità della Curia romana. Il periodico d’Oltremanica faceva maliziosamente notare come alle parole non fossero ancora seguiti dei fatti. In attesa dello sviluppo degli eventi 30Giorni ha avuto modo di colloquiare con la donna che, attualmente, ricopre l’incarico formalmente più elevato negli organismi centrali della Santa Sede. Stiamo parlando di suor Enrica Rosanna, delle Figlie di Maria Ausiliatrice – il ramo femminile della famiglia salesiana –, che il 24 aprile 2004 Giovanni Paolo II ha nominato sottosegretario, con la “o” finale, della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. E si è trattato di una nomina rivoluzionaria, visto che era la prima volta che una donna veniva chiamata a questo incarico direttivo in una Congregazione (in passato, un’altra donna, la laica australiana Rosemary Goldie, aveva ricoperto, dal 1966 al 1976, lo stesso incarico ma in un Pontificio Consiglio, quello per i Laici).
Lombarda di Busto Arsizio, provincia di Varese e arcidiocesi di Milano, suor Rosanna ha emesso la professione religiosa nel 1964. Docente e poi preside, fino al 1998, dell’unica Facoltà Pontificia “femminile”, l’Auxilium, è una sociologa della religione e una studiosa di scienze pedagogiche. Apprezzata per la sua competenza è stata tra gli esperti di vari sinodi e ha fatto parte dal 1996 della Commissione dei saggi istituita dall’allora ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer.

Suor Rosanna, come ha accolto la nomina a sottosegretario della Congregazione per i religiosi?

SUOR ENRICA ROSANNA: Con fede e disponibilità a servire mettendo a disposizione quello che sono e che so fare. E poi anche con un po’ di “tremore”, ma disponibile a imparare sempre.

Se l’aspettava?

ROSANNA: No. Ho partecipato attivamente al sinodo romano e, come esperta, a tre sinodi generali: quelli sulla vita consacrata, del 1994, sull’Europa, del 1999, e sui vescovi, del 2001. In queste occasioni ho avuto modo di avvicinare più volte Giovanni Paolo II. Ho accolto questo Papa quando è venuto in visita all’Auxilium. Ma francamente non mi sarei aspettata mai questa chiamata.

Come spiega la scelta di una suora a sottosegretario della Congregazione?

ROSANNA: L’Annuario statistico della Chiesa nel 2002 riporta i seguenti dati: i sacerdoti religiosi sono 137.724; i religiosi non sacerdoti 54.828; le religiose 782.932. Numericamente le religiose sono quasi il doppio rispetto al numero complessivo dei sacerdoti religiosi e diocesani. Al numero delle religiose dobbiamo poi aggiungere le oltre 47mila monache contemplative, le consacrate degli Istituti secolari, le vergini consacrate, le consacrate che aderiscono alle nuove forme di vita evangelica e le religiose che appartengono agli Istituti di Diritto diocesano. Questi numeri mi pare che spieghino bene la scelta di una religiosa come sottosegretario…

Quali sono le sue competenze?

ROSANNA: Svolgo una funzione di collaborazione e i compiti che mi sono affidati sono molto diversificati: vanno dall’esame delle pratiche agli incontri di lavoro, sia in dicastero sia in occasione di capitoli generali, assemblee, congressi e convegni. Cerco anche di essere vicina a tutti coloro che hanno bisogno e chiedono un aiuto.

È rimasta intimorita dal fatto di essere la prima suora a essere chiamata a un incarico di tale livello?

ROSANNA: Assolutamente no. Sono un po’ abituata, per così dire, a rompere il ghiaccio. Nel 1972 sono stata la prima donna a conseguire il dottorato alla Pontificia Università Gregoriana con una tesi sulla secolarizzazione. E sono stata inoltre la prima donna, grazie anche al neocardinale salesiano don Raffaele Farina, a insegnare in una Università Pontificia.

Che accoglienza ha trovato nel dicastero?

ROSANNA: C’è stato un comprensibile periodo di “studio”. Ora respiro un clima di fiducia e rispetto. Ho ancora molto da imparare e conto sull’aiuto e sulla collaborazione dei superiori e dei colleghi. Alcuni dei colleghi più anziani sono per me autentici “maestri” e li ringrazio di cuore.

E più in generale come la hanno accolta nella Curia romana?

ROSANNA: Ho ricevuto mille biglietti di congratulazioni. Ricordo in particolare quello che mi ha mandato il cardinale vicario Camillo Ruini, che mi ha conosciuta bene durante i lavori del sinodo romano.

Qual è stato il suo primo gesto quando è entrata nel suo nuovo ufficio?

ROSANNA: Ho voluto dare un tocco di femminilità agli ambienti e allo stile di accoglienza, e devo dire che il gesto è stato molto apprezzato.

Ha trovato conforto nelle altre suore e nelle altre donne che lavorano in Curia?

ROSANNA: Sì, con quelle che lavorano con me. Con le altre, purtroppo, ci sono scarse relazioni. Sarebbe bello fare un incontro per conoscerci.

Qual è, secondo lei, il contributo specifico che una suora, una donna, può dare al lavoro della Curia romana?

ROSANNA: Come ho già accennato, può dare quel tocco di “genio femminile” che a volte può essere necessario quando si tratta di affrontare determinate questioni delicate in cui le nostre qualità sono particolarmente di aiuto. E poi può dare un contributo non secondario ad affrontare meglio quelle questioni che riguardano altre donne che vivono la realtà della Chiesa, da consacrate o anche da laiche.

La moglie dell’ex primo ministro inglese, Cherie Blair, cattolica, tempo fa ha detto: «Non ci sono molte ragioni per cui la metà dei posti della Curia romana non possa essere occupato da donne». Cosa pensa di questa battuta?

ROSANNA: Le cosiddette quote rosa non mi piacciono. Né nella Chiesa né altrove. Le donne devono poter essere protagoniste in base alle proprie capacità e al consenso che riescono a raccogliere attorno a sé. Non hanno bisogno di riserve indiane, che possono essere controproducenti.

Il segretario di Stato vaticano, che è salesiano come lei, ha annunciato una maggiore presenza femminile in Vaticano anche in posti di responsabilità. Cosa ci dobbiamo aspettare? Una donna capo o segretario di un dicastero?

ROSANNA: Mi auguro che la mia nomina a sottosegretario sia un primo passo perché sempre più le donne possano offrire il contributo del proprio “genio”, con generosità e senza riserve, a servizio della Santa Sede. Le modalità le deciderà il Papa.

Nel mondo ecclesiale non manca chi auspica che un giorno anche la Chiesa cattolica, dopo le comunità protestanti e la Comunione anglicana, possa ammettere le donne al sacerdozio. Ritiene che in un futuro anche lontano questo possa accadere?

ROSANNA: Su questo argomento mi rimetto completamente e con fiducia al giudizio della Chiesa.

Lei prima ricordava che è stato Giovanni Paolo II a chiamarla all’incarico ora ricoperto. A suo avviso, qual è la lezione più importante che ha lasciato Giovanni Paolo II?

ROSANNA: Innanzitutto l’attenzione alla persona umana e il rispetto per la sua dignità dal concepimento fino alla morte; l’attenzione alla persona di qualunque religione, nazionalità, razza. Questa attenzione è espressa in tutte le sue encicliche e nei discorsi rivolti sia ai capi di Stato sia ai semplici fedeli. Ho inoltre sempre ammirato la sua fede granitica, la sua passione per l’unità e la pace, l’impegno per la vita e la fiducia nei giovani che egli chiamava molto opportunamente “sentinelle del mattino”.

Qual è stato il pensiero di Giovanni Paolo II sulla relazione tra Cristo e le donne consacrate che più l’ha colpita?

ROSANNA: La risposta meriterebbe una lunga riflessione. Mi limito a qualche accenno. Giovanni Paolo II ci ha chiesto ripetutamente di vivere con fede e gioia la nostra scelta vocazionale, perché la vita religiosa vale innanzitutto per ciò che è, più che per ciò che realizza attraverso le opere; di non aver paura a identificarci con Cristo… fino alla croce. Egli stesso ci ha dato l’esempio di questa identificazione fino alla fine. Ci ha chiesto di “far vedere Cristo”, di “seguire le sue orme”, di essere lampada sul moggio e non solo lievito. In un incontro con l’Unione internazionale superiore generali, il 3 maggio 2001, ha meravigliosamente parlato della sequela Christi, in particolare dei voti, indicandoci la strada per viverli con fedeltà creativa. Ha detto parole splendide al riguardo, che mi tornano spesso alla mente, medito lungamente e mi danno slancio.

E quali sono le parole di Benedetto XVI su questo tema che ricorda con particolare attenzione?

ROSANNA: Ricordo con particolare gratitudine il discorso ai superiori e alle superiore generali del 26 maggio dello scorso anno. Nell’occasione l’attuale Pontefice, quasi continuando e approfondendo le indicazioni date dal suo predecessore, ci ha chiesto di fare un viaggio verso l’interiorità: il Signore guarda quello che siamo prima di quello che facciamo. Un invito che va veramente al cuore della nostra vocazione.

L’elezione di papa Benedetto XVI è stata vista da molti come un segnale di continuità con Giovanni Paolo II, altri non sono d’accordo. Lei come ha vissuto lei questo passaggio?

ROSANNA: A mio avviso c’è una indiscussa continuità tra il pontificato di papa Giovanni Paolo II e quello di papa Benedetto. La stessa passione per Cristo e per l’umanità, lo stesso slancio ecumenico, la stessa vicinanza al mondo giovanile… Potremmo dire che la “mano non è cambiata”, anche se papa Benedetto porta avanti il suo servizio valorizzando al massimo le sue risorse personali e quelle della sua preparazione culturale e della sua provenienza, che sono diverse da quelle di Giovanni Paolo II. Ambedue sono uomini di grande fede e fiducia nella Provvidenza, consapevoli che è il Signore che conduce la sua Chiesa. E che senza di Lui, il Signore, noi non possiamo far nulla.

Qual è il ruolo delle religiose nella Chiesa d’oggi?

ROSANNA: La presenza delle religiose è molto importante; esse hanno un peso notevole nell’evangelizzazione anche se molte volte svolgono una missione nascosta, sono cioè lievito nella massa. Sono però anche lampada sul moggio perché la gente vede e riconosce in loro “persone sempre disponibili ad accogliere” per risolvere problemi, dare consigli, sostenere, guidare, confortare, formare. Esse mettono a disposizione della gente non solo il loro genio femminile, ma i diversi carismi che hanno ricevuto in dono da Dio: il carisma della compassione, il carisma dell’educazione, il carisma dell’evangelizzazione, il carisma del servizio ai poveri. Pensiamo alle grandi sante a cui si ispirano per il proprio servizio: Teresa di Calcutta, Maria Domenica Mazzarello, Angela Merici, Chiara d’Assisi, Maddalena di Canossa, Teresa d’Avila, Caterina da Siena… e tante altre ancora. Queste sante insegnano a noi religiose non solo a servire, valorizzando i nostri carismi, ma a imparare dalle persone che abbiamo l’onore di servire. Dai poveri e dai bisognosi si impara sempre. Non dobbiamo dimenticare la parola del Signore: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere».

Il numero delle religiose, negli ultimi decenni, è calato in modo drastico…

ROSANNA: Purtroppo è così, in particolare nei Paesi industrializzati. A tale proposito, un autore ha scritto opportunamente che in questi momenti di prova noi consacrate dobbiamo vivere quella “spiritualità del crepuscolo”, che ci porta a essere più fervorose, più impegnate, più evangelizzatrici e perciò doppiamente testimoni. Precisamente perché siamo in poche, il Signore ci chiama a essere lampade più vivide sul moggio.

È possibile un’inversione di tendenza nelle vocazioni?

ROSANNA: Avvalendomi della mia esperienza passata mi pare di poter dire – e lo dico con estrema prudenza e forse con un po’ di perplessità – che c’è una pastorale vocazionale che si rivolge alle giovani, ma non è chiaro quanto essa tenga conto della specificità femminile, cioè dello stretto legame che esiste tra la chiamata al servizio del Regno e il “genio femminile”, quel genio che connota ogni donna che Dio regala a questo mondo. Forse è urgente fare un salto di qualità in questa direzione riscoprendo che per fare una pastorale vocazionale al femminile non si può prescindere da un riferimento al “genio della donna”, secondo quanto ho appena affermato. Non possiamo poi dimenticare che una pastorale vocazionale non può prescindere soprattutto da una constatazione che sta a monte: anche oggi la messe è molta, e come potremmo dubitare, visto che crediamo in Gesù e che il Vangelo è attuale?

Quindi lei ha fiducia nel futuro?

ROSANNA: Le vocazioni alla vita consacrata ci sono, e ci sono giovani, io lo credo fermamente, che sono pronte a essere guidate a comprendere come è bello seguire il Signore Gesù con cuore indiviso. Questa constatazione mi nutre il cuore di speranza: speranza che il cuore delle giovani sia ancora terra fertile e che valga perciò la pena seminare, anche se una parte del seme cadrà sui rovi, un’altra sulle pietre…; speranza che noi consacrate abbiamo la forza per creare quella cultura vocazionale che porta le giovani generazioni a scoprire Cristo, a incontrarlo, a credere in Lui, a seguirlo come Pietro, Giovanni, Andrea, Simone…, come Teresa d’Avila, Chiara d’Assisi, Teresa del Bambin Gesù, Teresa di Calcutta, Maria Domenica Mazzarello…; speranza che il “genio femminile” con le sue risorse abbia qualcosa da dire alla vita consacrata; speranza che verranno tempi migliori anche per la vita consacrata e la messe continuerà a essere abbondante. Se è vero infatti che molti Istituti patiscono una profonda crisi vocazionale, e che gli abbandoni ammontano a una percentuale significativa, è pure vero che gli Istituti di antica fondazione sono sempre coraggiosamente in frontiera (penso per esempio alla missione in Africa della famiglia salesiana), soprattutto per essere balsamo per le antiche e nuove povertà; è vero che nascono nuove forme di vita evangelica, che le vocazioni fioriscono nelle giovani Chiese. E che la testimonianza di tante consacrate coraggiose fino al martirio è realtà anche di oggi: pensiamo a suor Annalena Tonelli e a suor Leonella Sgorbati…

Prima faceva cenno alla necessità di dare, per così dire, una “qualità femminile” alla pastorale vocazionale. In che senso?

ROSANNA: Un primo passo potrebbe essere fatto nella direzione di aiutare le giovani a riscoprire sé stesse come donne, a essere contente di essere donne, “a dirsi e pensarsi al femminile” per dare un volto peculiare alla propria scelta vocazionale. Vale forse la pena ricordare che al Sinodo sulla vita consacrata le consacrate presenti hanno espresso con chiarezza quello che è il cuore della vita consacrata femminile, mettendo l’accento non tanto sui ruoli che essa può giocare nella Chiesa, quanto sul suo valore testimoniante: l’amore per Cristo con cuore indiviso e la testimonianza luminosa della sua misericordia e tenerezza per tutti, con una predilezione per i più poveri e deboli. Un altro passo potrebbe riguardare la valorizzazione di un concetto e un’esperienza di maternità “oltre lo stereotipo”, una maternità affettiva, culturale, spirituale, una maternità che si esprime principalmente nella “capacità di prendersi cura”. I carismi degli Istituti di vita consacrata femminile, di cui è ricca la Chiesa, ci dicono qual è l’ampiezza di questo “prendersi cura”, in cui c’è spazio per tante aspirazioni giovanili: prendersi cura dei bambini e dei giovani (pensiamo al carisma degli Istituti educativi), prendersi cura dei poveri, delle nuove povertà (pensiamo al carisma degli Istituti caritativi), prendersi cura della verità (pensiamo a tutte le religiose impegnate nelle scuole di ogni ordine e grado), prendersi cura della pace (pensiamo alle religiose nei Paesi di guerra), prendersi cura dell’amore (pensiamo ai monasteri di clausura…).

Suor Enrica, lei è contenta della sua scelta di vita?

ROSANNA: Sono una felice figlia di Maria Ausiliatrice. Ma non sono un caso isolato: tante religiose che io conosco, di ogni età, sono felici della loro vocazione e la vivono con tanto amore e gratuità.

© Copyright 30Giorni, novembre 2007

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le figlie di Maria Ausiliatrice anni fa si erano ribellate ai salesiani, che per statuto dovrebbero avere la supervisione su di loro, e hanno preteso di rendersi autonome. Da tutti questi discorsi sulla specificita' femminile temo traspaia un certo qual "femminismo" che, per essere ammantato di cristianesimo, non e' meno grottesco. Quanto a Cherie Blair "cattolica", ma per piacere...