3 aprile 2008

"Soprannaturale": il termine usato da Benedetto nel commento di Filippo Di Giacomo (La Stampa)


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"Soprannaturale"

FILIPPO DI GIACOMO

Un mistico, spiegava Teresa di Lisieux, è una persona che s'impegna tutta la vita per presentarsi davanti al Creatore les mains vides, a mani vuote. Se poi è un battezzato, usa le sue «qualità umane e soprannaturali», cioè la fede la speranza e la carità, per tentare di spazzolare polvere e senso comune dagli abiti suoi e del suo prossimo, perché la santità e la misericordia sono la via della Chiesa.

Benedetto XVI ieri ci ha anticipato che, quando giungerà il momento, Karol Wojtyla sarà iscritto nel catalogo dei beati e dei santi della Chiesa cattolica come maestro di vita spirituale. In linea con il suo famoso discorso pronunciato nel giorno delle esequie di Giovanni Paolo II, il Papa teologo continua a spianare il terreno affinché il «nostro Santo Padre», come lo chiama da sempre a nome di tutti i cattolici, giunga sugli altari senza incidenti di percorso. «Via via che egli veniva spogliato di tutto», ha tenuto ancora a ricordarci Benedetto XVI, il grande Papa polacco ha testimoniato quello che è stato: un apostolo del Risorto che vive nella storia e non l'ex presidente del sindacato mondiale dei ministri di culto, un vicario di Cristo e non un nonno dell'universo.

Una voce che ancora grida per spiegarci che quei sentieri tracciati nel mondo dalle società politiche e culturali spesso sono vie traverse e male orientate, scorciatoie verso il baratro piuttosto che collegamenti tra città e civiltà.
Da liceale e universitario, il giovane Lolek aveva maturato la propria vocazione sacerdotale nella Chiesa e nel chiostro del convento dei carmelitani scalzi di Wadowice, dove si rifugiava a pregare seguendo la direzione spirituale del priore padre Joseph Prus. Il suo primo desiderio sembrava quindi orientarlo verso il noviziato dell'Ordine fondato da Santa Teresa d'Avila. Infatti, nell'autunno del 1942, bussò alle porte dell'eremo di Czerna, noviziato della Provincia polacca del Carmelo teresiano per chiedere di esservi ammesso. Ma il luogo era stato occupato dai nazisti e il priore padre Alfons poté solo raccomandargli di perseverare nella sua vocazione.
Terminata la guerra, da giovane sacerdote Wojtyla bussò nuovamente alle porte dei carmelitani scalzi. Padre Alfons era stato ucciso dai tedeschi e il suo successore, padre Leonard Kowalowka, a malincuore dovette spiegargli che, per ammettere un sacerdote diocesano in un noviziato di frati, era indispensabile il permesso del proprio vescovo. L'arcivescovo Sapieha, benché avesse concesso centinaia di permessi di quel genere, aveva già fatto sapere che «per don Karol dirò assolutamente di no». Tanto bastò perché nella Curia romana ci si immaginasse il giovane Karol che, recatosi dall'arcivescovo per manifestare il proprio desiderio di entrare in convento, si fosse sentito rispondere con fare categorico: «No, tu sei troppo bravo per essere frate: fai il prete diocesano». La barzelletta era fiacca, ma agli inizi degli anni 80 faceva sorridere più di qualche monsignore perché Giovanni Paolo II, dopo averlo creato cardinale, aveva nominato proprio padre Anastasio Ballestrero, ex superiore generale dei Carmelitani scalzi e grande scrutatore dei misteri di Cristo, presidente della Cei.
Nella ricerca della via mistica, Karol Wojtyla ha speso tutta la vita. Anche il suo dottorato in teologia ha avuto come oggetto il pensiero di Giovanni della Croce, un altro gigante della vita spirituale. E la sua vicinanza con Pio da Pietrelcina ha, probabilmente, le stesse motivazioni e la stessa radice. L'invito di Benedetto XVI a rileggere anche con le categorie della teologia mistica la vita e gli scritti di Giovanni Paolo II non è giunto quindi per caso. Agli esordi del suo pontificato, quando il dibattito verteva sui suoi orientamenti dottrinali e si tentava di comprendere se fosse progressista oppure conservatore, Giovanni Paolo II rispose con molta franchezza: «La linea del nuovo Papa? È quella della fede». Un insegnamento questo che Benedetto XVI ha valutato ieri con grande precisione perché, da teologo, sa discernere, in questi nostri confusi anni di inizio millennio, come Dio stia parlando nel buio della notte del mondo.

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