3 aprile 2008
Messa di suffragio e pressioni per la beatificazione di Papa Wojtyla: il commento di Marco Tosatti
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CONVERSIONE DI MAGDI CRISTIANO ALLAM: ARTICOLI, INTERVISTE E COMMENTI
Wojtyla sempre più santo
MARCO TOSATTI
CITTÀ DEL VATICANO
Non sarà una «beatificazione express», ma per la gente Giovanni Paolo II è già santo, e lo è ancora di più dopo che ieri Benedetto XVI in piazza San Pietro, davanti a cinquantamila fedeli giunti da tutto il mondo, ha parlato delle «qualità soprannaturali» del suo predecessore. Papa Wojtyla, ha detto Joseph Ratzinger, «tra le tante qualità umane e soprannaturali, aveva anche quella di un’eccezionale sensibilità spirituale e umanistica».
E ha proseguito: «Bastava osservarlo quando pregava - ha aggiunto - si immergeva letteralmente in Dio e sembrava che tutto il resto in quei momenti gli fosse estraneo». La giornata di ieri comunque ha dimostrato - se mai ce ne fosse stato bisogno - che la memoria di Karol Wojtyla è radicata nel cuore di molti cattolici. «La data del 2 aprile è rimasta impressa nella memoria della Chiesa», ha aggiunto Ratzinger, ricordando che «il motto “Non abbiate paura” lo ha accompagnato dall’inizio del Pontificato, fino agli ultimi istanti della sua vita».
Una fine difficile, vissuta con grande coraggio, e con altrettanta sofferenza. Nel periodo più duro della malattia che poi lo avrebbe portato alla morte Giovanni Paolo II pensò seriamente alle sue dimissioni, ma poi scelse di «affidarsi alla Provvidenza». Lo ha rivelato ieri pomeriggio il cardinale Giovanni Battista Re prefetto della Congregazione per i Vescovi e uno dei più stretti collaboratori del pontefice scomparso. Il porporato ha detto che «dopo aver riflettuto sul problema», il ragionamento del Papa fu questo: «Io, Giovanni Paolo II, non avevo mai pensato di diventare Papa, e se c’era una cosa lontana da me era l’idea di salire al soglio di Pietro. La Provvidenza mi ha portato qui, perciò lascio alla Provvidenza la decisione. Vado avanti finché posso - ha continuato il cardinale ricostruendo il ragionamento del Pontefice - e lascio alla Provvidenza di decidere il giorno e il modo per portarmi via». «Su questo problema delle dimissioni - ha proseguito il capo dicastero vaticano - Giovanni Paolo II aveva quindi ragionato e riflettuto, ma aveva poi scelto di portare la croce fino in fondo». C’era anche il problema dell’eventuale coesistenza tra un Papa in carica e uno «emerito». «Ma ciò che ha pesato veramente - ha aggiunto - è stato questo suo ragionamento sulla Provvidenza».
La causa di beatificazione - a livello diocesano - si sta avviando alla chiusura; e poi verrà il momento in cui le carte passeranno alla Congregazione per le Cause dei Santi. Il postulatore raccomanda «pazienza» anche se non manca «l’ottimismo»; e raccomandazioni analoghe vengono da parte del prefetto dei santi, Josè Saraiva Martins, anche se, dice «per me Giovanni Paolo II è già santo».
Ma padre Peter Gumpel, il padre gesuita che cura la causa di Pio XII e che da quasi mezzo secolo è membro della Congregazione per le Cause dei santi sostiene che ci sono troppa fretta e troppe pressioni: «Sono decisamente contrario ad accelerare questo procedimento poiché da studente mi è stato insegnato che una biografia scientifica si può scrivere solo dopo 40-50 anni, mentre qui si vuole un giudizio rapido su un Papa che ha regnato per 27 anni. È una cosa che personalmente mi rende scettico».
Il gesuita tedesco fa anche un’aperta allusione alle enormi pressioni verso la santificazione e spiega in proposito: «Ma chi dirà no su queste cose? Ciò richiede molto coraggio oggi per chi è chiamato a giudicare, poiché c’è un entusiasmo troppo zelante e bisogna essere molto prudenti».
Padre Gumpel ricorda che «ci fu subito un movimento di massa (dopo la morte di Wojtyla, ndr) con cori organizzati. Si trattò davvero di cose alquanto strane e la cosa mi seccò moltissimo. Fu fortemente biasimata anche in conclave, poiché un procedimento del genere deve sorgere spontaneamente e non deve essere organizzato».
© Copyright La Stampa, 3 aprile 2008
Anche alla luce dell'ultima frase di Padre Gumpel diventa ancora piu' indispensabile non "bruciare le tappe".
R.
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