15 ottobre 2008
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Amato: Beatitudini, vero volto di Cristo
Pubblichiamo la sintesi dell’intervento dell’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, alla XIV Congregazione generale.
Gesù dice: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime» ( Mt 11,29). Lungo due millenni, uomini e donne, grandi e piccoli, sapienti e ignoranti, in oriente come in occidente, si sono messi alla scuola del Signore Gesù, il quale ha fatto risuonare nella loro mente e nel loro cuore un comandamento sublime: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» ( Mt 5,48). Non una perfezione a misura d’uomo, ma l’altezza della perfezione divina è la meta da raggiungere. Con semplicità e umiltà, anche giovani – come il quattordicenne san Domenico Savio o come la tredicenne Laura Vicuña – hanno preso sul serio l’invito del Signore e si sono fatti santi.
La loro biblioteca era formata sostanzialmente dalla vita e dalla parola di Gesù: beati i poveri, beati gli afflitti, beati i miti, beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, beati i misericordiosi, beati i puri di cuore, beati gli operatori di pace, beati i perseguitati. I santi, comprendendo che le beatitudini sono l’essenza del Vangelo e il ritratto stesso di Gesù, si sono fatti suoi imitatori. Ieri (domenica per chi legge, ndr) sono stati canonizzati quattro nuovi santi, appartenenti a tre diversi continenti. Tra di essi c’è una giovane religiosa, suor Alfonsa Muttathupadathu, , la prima santa indiana, una nobile figura di donna gioiosa e forte. Anche la perfezione della sua santità è stata misurata dalla parola di Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» ( Mc 8,34).
Suor Alfonsa ha accolto i suoi malanni fisici e le sue afflizioni morali – come l’incomprensione e il disprezzo – vivendo sine glossa la sua personale via crucis alla sequela del Signore Gesù. Al termine della sua breve esistenza, suor Alfonsa poteva ripetere con san Paolo: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo quello che nella mia carne manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» ( Col 1,24). Come ieri, ancora oggi sono innumerevoli i fedeli che quotidianamente fanno diventare carne e sangue le parole di Gesù. E si santificano.
© Copyright Avvenire, 15 ottobre 2008
Bertone: nella Bibbia la bussola della fede giovanile
«Cari giovani, vi esorto ad acquistare dimestichezza con la Bibbia, a tenerla a portata di mano, perché sia per voi come una bussola che indica la strada da seguire». È la conclusione pratica del Messaggio di Benedetto XVI ai giovani di tutto il mondo in occasione della Giornata mondiale della gioventù del 2006. È una consegna che conferma quella data alla Gmg di Colonia 2005 e che riceve un ulteriore sviluppo nell’altro suo intervento in Piazza San Pietro il 6 aprile 2006, rispondendo ad una domanda diretta di un giovane sul senso della Bibbia nella vita di un credente giovane. È un trittico che manifesta una precisa convinzione del Papa: nel Libro Sacro debitamente incontrato, la fede giovanile trova un orientamento indispensabile (bussola), avendo per altro attenta cura che l’incontro con la Bibbia diventi un incontro con Cristo.
Un fossato da superare
Presa a se stante, la Bibbia non riesce a suscitare agli occhi di un giovane, tanto più se nella prima adolescenza, una particolare attrazione ed affezione. Si registra cioè una sostanziale indifferenza per una fede comunicata tramite la Sacra Scrittura, rispetto invece alla testimonianza di una persona credente, indifferenza che si accompagna ad un notevole tasso di ignoranza e soprattutto alla difficoltà di avvertirne il valore vitale.
Tra quanti non tengono praticamente mai un contatto personale con la Bibbia (e sono l’ottanta per cento degli italiani) il numero più elevato è dato dalla fascia degli adolescenti, tra i 14 e i 19 anni. Solo il tredici per cento ritiene che se «uno crede in Dio deve leggere e meditare la Bibbia o altri testi sacri», mettendo tale lettura all’undicesimo posto su sedici item; il sette per cento poi realizza «il pregare leggendo, meditando la Bibbia o altri testi religiosi» (Cfr. Autori vari, La religiosità in Italia, Mondadori, Milano 1995). Tuttavia, si nota in tanti di questi ragazzi una sorprendente disponibilità verso la Bibbia quando la sintonia si raggiunge non tanto, almeno all’inizio, per l’autorevolezza di una pagina biblica detta Parola di Dio, ma per degli adulti che li accostano come educatori pazienti e testimoni credibili del personaggio più grande che è la figura di Gesù, di persone insomma che quando dicono Parola di Dio, la mostrano nella loro vita. Se l’adulto, da educatore-amico, riesce a farsi aprire la porta del cuore del giovane, allora la Scrittura si propone come un dono che porta con sé tutte le qualità della Parola di Dio secondo la codificazione biblica, con una peculiare caratterizzazione a riguardo dell’anima giovanile. Così il giovane crescerà ed apprezzerà il protagonismo dei giovani nella Bibbia e in specie nei Vangeli; metterà Gesù nel suo «diario dell’anima» (abbiamo tanti esempi nei diari dei giovani); apprezzerà anche tutte le immagini sportive presenti nella Bibbia con originali applicazioni alla vita virtuosa (ad esempio Michel Quoist).
Conclusione
Dal lungo intervento di Benedetto XVI in Piazza San Pietro, citato sopra, che stupì un po’ tutti per la chiarezza ed insieme per la carica di convinzione sicura del Papa, ricaviamo una pedagogia dell’approccio che lo stesso Santo Padre ha sintetizzato così: «Penso che dobbiamo imparare questi tre elementi: leggere in colloquio personale con il Signore; leggere accompagnati da maestri che hanno l’esperienza della fede, che sono entrati nella Sacra Scrittura; leggere nella grande compagnia della Chiesa, nella cui Liturgia questi avvenimenti diventano sempre di nuovo presenti, nella quale il Signore parla adesso con noi, così che man mano entriamo sempre più nella Sacra Scrittura, nella quale Dio parla realmente con noi, oggi».
© Copyright Avvenire, 15 ottobre 2008
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