10 settembre 2007
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di Andrea Tornielli
La decisione è formalmente ineccepibile ma ha comunque destato qualche sorpresa e non soltanto negli ambienti tradizionalisti. Molti lettori hanno scritto, altri sono intervenuti nei blog. Come anticipato dal Giornale nei giorni scorsi, la diocesi di Milano ha stabilito che il Motu proprio «Summorum Pontificum», con il quale Benedetto XVI ha inteso liberalizzare l’antico messale venendo incontro alle attese dei fedeli legati alla liturgia preconciliare, non sarà applicato al rito ambrosiano. Rito mai citato nelle nuove norme papali. Lo scorso 24 agosto il pro-presidente della Congregazione del rito ambrosiano, l’arciprete del Duomo monsignor Luigi Manganini, ha firmato un comunicato che è stato consegnato ai decani della diocesi (ma non è ancora stato reso noto ufficialmente). In questo testo Manganini ricorda che il Motu proprio, come spiegato lo stesso Benedetto XVI nella lettera inviata a tutti i vescovi, è stato emanato per «favorire la riconciliazione interna alla Chiesa e recuperare chi si è allontanato da essa per diversi motivi a seguito della riforma liturgica».
Poi l’arciprete del Duomo precisa che le nuove norme, in vigore dal 14 settembre riguardano «com’è ovvio, le parrocchie e le comunità di rito romano presenti in diocesi», e non quelle, cioè la stragrande maggioranza, di rito ambrosiano. Ma è curioso che anche nel paragrafo dedicato alle prime si attesti che in queste «non ci sono state richieste per l’utilizzo della precedente concessione» di celebrare alla vecchia maniera, «né risultano esistere gruppi stabili di fedeli per i quali potrebbero essere opportuni passi di riconciliazione».
Come dire: il Motu proprio entrerà in vigore, ma già si mette preventivamente nero su bianco che – mancando gruppi stabili di fedeli – non sarà necessario provvedere a messe in rito antico.
«Per quanto attiene il rito ambrosiano – continua monsignor Manganini – l’apposita Congregazione, presieduta dall’arcivescovo capo rito, in assenza di situazioni di rottura ecclesiale a seguito della riforma liturgica attuata secondo i decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II», conferma le indicazioni date nel luglio 1985, ricordando che sono tenuti ad osservarle «i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, i singoli fedeli e le comunità che celebrano secondo il rito ambrosiano». Vale a dire che il Motu proprio non si applica per gli ambrosiani, ma rimane in vigore un’unica messa domenicale in rito antico per tutta la diocesi celebrata nella chiesa del Gentilino (ora sospesa per la pausa estiva). «La nostra diocesi, che ha nel rito ambrosiano la sua peculiare modalità celebrativa – conclude Manganini – si senta impegnata a far si che la liturgia costituisca davvero il culmine e la fonte della vita e dell’azione della Chiesa (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 10), con una celebrazione sapientemente curata, che esprime la fede professata, vissuta e testimoniata nel mondo di oggi».
Quella ambrosiana è un’interpretazione più che letterale del documento papale, ma che può anche suonare come una rispettosa presa di distanze – e così è stata letta da molti – dalle indicazioni di Benedetto XVI, il quale ha voluto invece concedere con maggiore liberalità l’uso dei testi liturgici antichi permettendo che i fedeli si rivolgano direttamente ai loro parroci per chiedere la celebrazione di messe antiche in orario domenicale.
E stabilendo inoltre l’assoluta libertà dei singoli sacerdoti di celebrare coi libri preconciliare nelle messe cosiddette private alle quali possono partecipare i fedeli.
Nella lettera di Ratzinger ai vescovi si legge che i beneficiari della decisione papale sono i fedeli «fortemente legati» al rito antico, che «fin dall’infanzia era per loro diventato familiare».
Il Papa rileva però anche che «giovani persone scoprono questa forma liturgica, si sentono attirate da essa e vi trovano una forma particolarmente appropriata per loro, di incontro con il mistero della santissima eucaristia». Inoltre il documento stabilisce che i fedeli possano presentare la loro richiesta ai parroci con l’entrata in vigore del documento, e non che debba essere documentata l’esistenza precedente di gruppi stabili di fedeli.
Il Motu proprio riconosce dunque apertamente la piena cittadinanza del messale preconciliare, che non è da considerare un testo «fuori legge», ma una forma straordinaria di celebrare lo stesso rito. Colpisce infine che monsignor Manganini non consideri un «gruppo stabile» i fedeli che da vent’anni seguono la messa al Gentilino, concessa dall’allora arcivescovo Carlo Maria Martini: sono circa una sessantina ogni domenica, provenienti da varie zone della diocesi.
© Copyright Il Giornale (Milano), 8 settembre 2007
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3 commenti:
Il Motu Proprio no parla di Rito Romano, o Ambrosiano, o Bracarense, o Mozarabe, parla si del grande RITO LATINO quando dá libertà a tutti i sacerdoti di questo Rito di celebrare con il Messale Romano di Pio V.
La archidiocesi di Milano non è una chiesa "sui iure", il suo Patriarca è il Papa, prima di appartenere a questo rito "gallicano", gli ambrosiani sono sotto il Papo di Roma, sono latini, e questo Motu Proprio è per tutti i latini.
Quindi, quiedete a qualsiasi sacerdote una Messa privata con la partecipazione di popolo come prevede il documento.
Summorum Pontificum, è una nuova versione della Quo primum di Pio V, inquanto afferma che un sacerdote latino, come lo è un ambrosiano, per uttilizare la forma straordinaria del rito romano “non ha bisogno di alcun permesso, ne’ della Sede Apostolica, ne’ del suo Ordinario”(Summorum Pontificum, 4), come non ne avevano ai tempi di Pio V.
Quindi, sacerdoti milanesi siete liberi di celebrare la Messa di Pio V!!!!!!!!!
Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, puo’ usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e cio’ in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l’uno o l’altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, ne’ della Sede Apostolica, ne’ del suo Ordinario.
Art. 4. Alle celebrazioni della Santa Messa di cui sopra all’art. 2, possono essere ammessi - osservate le norme del diritto - anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volonta’.
“In virtú dell’Autorità Apostolica, Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente: cosí che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né, d’altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale” (PIO V,COSTITUZIONE APOSTOLICA QUO PRIMUM TEMPORE, 7)
Ma è mai possibile che certi preti, Monsignori e Vescovi si atteggino a Padreterni, che salgano in cattedra per contestare a suon di cavilli il provvedimento del Papa cui hanno promesso obbedienza? Saccenteria o fine superbia? Siate umili per favore e magari anche un pò più semplici!!!
Alby
Cara Alby purtroppo è possibile ciò che dici e la cosa ancar più grave che di questo atteggiamento di sfida aperta al Papa, se ne fanno un vanto!!!!!!!!!!! Io mi domando ma dove è finita la promessa di fedeltà al Papa ed ai suoi successori che viene proferita durante l'ordinazione sacerdotale per qualcuno proprio nelle mani del Papa????????????????? Purtroppo, cara Alby l'umiltà non è di questo mondo anche se davanti a noi ed anche davanti agli occhi di preti, vescovi e cardianli così apertamente contrari al Papa, c'è l'esempio più illuminante proprio di umiltà Benedetto XVI!!!!!!!!!!!!!!! - Eugenia -
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