12 dicembre 2007

Messaggio del Papa per la Giornata della Pace 2008: lo speciale di "Avvenire"


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Famiglia e pace.

All’inizio del terzo mil­lennio occorrerà abituarsi a pensarle, scriverle e metterle sempre più in con­nessione queste due fondamentali realtà. An­che perché senza l’una non ci può essere l’al­tra. Ed è in famiglia che si apprende fin da pic­coli la «grammatica» della pacifica conviven­za, che poi deve coinvolgere «tutta la grande famiglia dell’umanità». Allo stesso modo, poi, bisognerà riprendere a preoccuparsi che non proliferino le armi nucleari e non aumentino i Paesi che ne sono detentori; che l’ambiente sia preservato, che ci sia un’equa distribuzio­ne della ricchezza e che venga rispettata e ap­plicata la legge naturale comune a tutto il ge­nere umano.
Sono questi alcuni dei prin­cipali contenuti del Messag­gio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pa­ce, che come di consueto verrà celebrata il prossimo 1° gennaio. Il testo, che ha per tema Famiglia umana, comunità di pace è stato pre­sentato ieri nella Sala Stam­pa vaticana dal cardinale Renato Raffaele Martino e dal vescovo Giampaolo Cre­paldi, rispettivamente pre­sidente e segretario del Pon­tificio Consiglio della Giusti­zia e della Pace.

Pace e famiglia. «In tutto il messaggio – ha fat­to notare il porporato – il Santo Padre ci fa ve­dere come la famiglia e la pace si richiamano costantemente in una feconda circolarità che costituisce uno dei presupposti più stimolan­ti per dare corpo ad un adeguato approccio culturale, sociale e politico delle complesse te­matiche relative alla realizzazione della pace nel nostro tempo».
Il Papa, infatti, afferma che «chi – anche in­consapevolmente – osteggia l’istituto familia­re rende fragile la pace, perché indebolisce quella che di fatto è sua principale 'agenzia'». «Tutto ciò che contribuisce a rendere più de- bole la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna – prosegue il Messaggio che Avvenire pubblica integralmente – ciò che direttamente o indirettamente ne frena la di­sponibilità all’accoglienza responsabile di u­na nuova vita, ciò che ne ostacola il diritto ad essere la prima educatrice dell’educazione dei figli, costituisce un oggettivo impedimento sul­la via della pace».
La famiglia, scrive ancora Benedetto XVI, «ha bisogno della casa, del lavoro, della scuola per i figli, dell’assistenza sanitaria di base per tut­ti. Quandi la società e la politica che non si im­pegnano ad aiutare la famiglia in questi cam­pi, si privano di un’essenziale risorsa a servi­zio della pace».

Anche il lessico familiare, sot­tolinea Papa Ratzinger, è importante da que­sto punto di vista. «Lì è ne­cessario attingere sempre per non perdere l’uso del vo­cabolario della pace. Nell’in­flazione dei linguaggi, la so­cietà non può perdere il rife­rimento a quella 'grammati­ca' che ogni bimbo appren­de dai gesti e dagli sguardi della mamma e del papà, pri­ma ancora che dalle loro pa­role ».

Il Pontefice ricorda, i­noltre, che la famiglia «è ti­tolare di specifici diritti», i quali sono riconosciuti an­che dalla Dichiarazione uni­versale dei diritti dell’uomo.

La grande famiglia umana.

Del resto, prosegue il testo diffuso ieri, «non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stia­mo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle». Siamo tutti figli di Dio, «supremo Principio» su cui «possono essere poste le premesse per l’e­dificazione di un’umanità pacificata». Questa grande famiglia umana ha per casa la terra. Il Papa, dunque, esorta ad aver cura dell’am­biente, senza che perciò «la natura materiale o animale» venga considerata più importante dell’uomo». Ripartire i costi di questa tutela, as­sumere impegni e decisioni comuni, dialoga­re evitando l’unilateralismo, fare attenzione alle «gestione delle risorse energetiche del pia­neta, rivedendo gli elevati standard di consu­mo dei Paesi ricchi, evitare sprechi e non ap­piattire l’economia alle «crude leggi del gua­dagno che possono risultare disumane» sono le raccomandazioni contenute nel testo.

Il problema delle armi.

Il Papa lancia un for­te appello per lo «smantellamento progressi­vo e concordato delle armi nucleari esistenti» evidenziando «il pericolo che si moltiplichino i Paesi detentori dell’arma nucleare». A questo proposito il cardinale Martino, durante la con­ferenza stampa, ha notato: «La spesa militare del 2006 è stata pari a 1.204 miliardi di dollari. E nel nel decennio 1997-2006 c’è stato un au­mento medio del 37%». Quanto ai venti guer­ra Usa-Iran, il porporato, in risposta a una do­manda, ha aggiunto: «Le minacce di guerra so­no solo parole, ma fanno male all’atmosfera in­ternazionale perché possono generare preoc­cupazione e portare alla produzione di nuove armi. Il disarmo oggi, infatti è lungi dall’esse­re raggiunto». Disarmo che, ha concluso mon­signor Crepaldi, «farebbe un grande bene alla pace, dal momento che le armi sono le vita­mine con cui si alimentano le guerre».
Tra i punti salienti del testo del Papa, presentato ieri dal cardinale Martino e dal vescovo Crepaldi, il riarmo nucleare, la tutela dell’ambiente, il saccheggio delle fonti energetiche dei Paesi poveri

© Copyright Avvenire, 12 dicembre 2007


Riccardi: «Con le sue parole il Pontefice indica un modo per pensare la convivenza internazionale I credenti devono essere in grado di portare a tutti questi valori»

«Così il lessico familiare si fa grammatica universale»

DA ROMA
SALVATORE MAZZA

Il lessico familiare che si fa «lessico della pace». Vero e proprio «sfondo con cui pensare la società e la convivenza internaziona­le ». Per ribadire, come la Chiesa fa da 40 anni, che «la pace non è un’utopia ma va ricercata ogni giorno». È in questa chiave che lo storico Andrea Riccardi, presidente della Comunità di Sant’Egi­dio, legge con Avvenire il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace del 2008.

Un Messaggio che declina l’impegno per la pace attra­verso la famiglia, secondo una lettura assolutamente originale. Che cosa l’ha più colpita nelle parole di Be­nedetto XVI?

Sono rimasto senza dubbio impressionato da due gran­di «fatti». Il primo è il ripro­porre il valore della famiglia in sé come centro di educa­zione alla pace, quasi a di­fendere uno spazio del «gra­tuito » in un mondo dove tut­to si vende e tutto si compra. Il secondo fatto è il presen­tare il lessico familiare come il lessico della pace, che mi sembra un fatto straordina­rio. Già Papa Wojtyla parla­va della società internazio­nale come di «famiglia delle nazioni», non dimentichia­molo, ma qui mi sembra che si compia un passo in avan­ti. Nel Messaggio vediamo così evidenziate le origini co­muni, la terra come casa co­mune, e di qui la preoccu­pazione per l’ecologia, come anche viene ricuperata la di­mensione dell’economia, perché la società è anche fa­miglia, non può essere solo mercato. E come non è un mercato, non può essere neppure un Far West, come ci fa capire quando auspica la crescita di un cultura giu­ridica le cui norme siano sempre più sostanziate di contenuto profondamente umano.

Quale conseguenza deriva dalla lettura proposta dal Papa?

È l’affermazione che esiste un bene comune di dimen­sioni planetarie, regolato al­l’interno di una cultura giu­ridica universale. Tutto que­sto fa pensare immediata­mente a una legge morale comune. In altre parole, proposto in questa chiave, il lessico familiare aiuta a rivi­sitare idee e concetti vecchi e nuovi e a ricomporli in un’immagine inedita.

Spiazzando anche, in que­sto modo, chi sostiene che la famiglia, in fondo, sia un’«invenzione» della Chie­sa, non crede?

Certamente. Spiazza questa posizione e, allo stesso tem­po, allarga la prospettiva. Tutto è famiglia, che è una profezia al mondo, il luogo dove si impara la pace. Quando il messaggio parla delle «ombre cupe» che pe­sano sul futuro dell’umanità, delle «tensioni crescenti», e ricorda l’Africa, il Medio O­riente, l’aumentare della corsa agli armamenti e di quella al nucleare, mi sem­bra che il Papa chieda una mobilitazione di tutte le «buone volontà» che posso­no mettersi in gioco per una smilitarizzazione.

Perché questo richiamo è importante?

Perché mentre noi viviamo un realismo che scivola sem­pre più verso il pessimismo, la Chiesa è ancora capace di esprimere una grande spe­ranza. Ancora una volta ve­diamo come il lessico fami­liare non è solo del privato, ma è uno sfondo con cui pensare la società e la con­vivenza internazionale. Nel­l’era della globalizzazione, pur fra tante difficoltà, il mondo ha bisogno di pen­sarsi famiglia, e il farlo della cellula fondamentale della società internazionale colo­ra di umano la globalizza­zione.

Qual è in tutto questo il ruo­lo dei credenti?

La Chiesa deve dare il suo contributo nella difesa della famiglia e nell’estroversione dei valori familiari a tutta la società. Perché l’annichili­mento della famiglia signifi­ca la perdita di un soggetto umano decisivo per com­prendere la vita e il mondo.

© Copyright Avvenire, 12 dicembre 2007


Da 40 anni richiamo alla dottrina sociale

Mimmo Muolo

Il prossimo primo gennaio la Giornata mondiale della Pace compirà 40 anni. Fu infatti Paolo VI nel 1968 a istituire que­sto appuntamento annuale, che coincide con il Capodanno. E da allora la consuetu­dine non si è mai interrotta. Il significativo anniversario viene ricordato anche da Be­nedetto XVI in chiusura del suo messaggio diffuso ieri. «Frutto di una provvidenziale in­tuizione » di Papa Montini, scrive il Pontefi­ce, «ripresa con grande convinzione dal mio amato e venerato predecessore, Giovanni Paolo II, la celebrazione di questa Giornata ha offerto nel corso degli anni la possibilità di sviluppare, attraverso i messaggi pubbli­cati per la circostanza, un’illuminante dot­trina da parte della Chiesa a favore di que­sto fondamentale bene umano». In effetti si può dire che proprio i messaggi scritti da Paolo VI, da Giovanni Paolo II e ora da Be­nedetto XVI hanno alimentato costantemente il magistero sociale della Chiesa, come si può evince­re anche consultan­do il Compendio della dottrina socia­le, che nelle sue va­rie parti contiene numerose citazioni dei messaggi stessi.
Quello presentato ieri è il terzo mes­saggio di Papa Rat­zinger. Il primo, quello del 2006, era intitolato «Nella ve­rità la pace». L’anno scorso, invece, il tema era «La persona umana, cuore della pace». Il collegamento di quest’anno, tra pace e fa­miglia umana, appare dunque in continuità con i precedenti due messaggi, e special­mente con quello di dodici mesi fa. Il con­cetto di persona, infatti, presentando l’uomo e la donna in chiave relazionale, rimanda al­la famiglia, cioè a quell’insieme di relazioni fondamentali nelle quali ogni essere umano impara le regole primarie – la «grammatica», come scrive il Pontefice – dell’amore e della convivenza. È nota poi la costante attenzio­ne che Benedetto XVI, fin dall’inizio del suo Pontificato, ha dedicato alla famiglia.
Non sorprende, inoltre, la sua scelta di par­lare di famiglia anche in senso «allargato». Già nel 2006, infatti, il Papa ricordava che «tutti gli uomini appartengono alla stessa fa­miglia » e che perciò occorre recuperare la consapevolezza di essere accomunati da u­no stesso destino, in ultima istanza trascen­dente, per poter valorizzare al meglio le pro­prie differenze storiche e culturali, senza contrapposizioni. Un concetto ribadito an­che nel messaggio di ieri.

© Copyright Avvenire, 12 dicembre 2007

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